1.1. COMPOSIZIONE
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, nelle unioni di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, nelle provincie, nelle città metropolitane l’organo di revisione è composto da tre membri.
Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, nelle unioni di comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, nelle unioni dei comuni, nelle comunità e unioni montane e nelle comunità isolane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore.
Ai sensi dell’art.234, comma 3 bis, del D.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 - Testo Unico delle Leggi sull’ordinamento degli Enti locali (di seguito Tuel), nelle unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali dei comuni che ne fanno parte, la revisione economico- finanziaria è svolta da un collegio di revisori composto da tre membri, che svolge le medesime funzioni anche per i comuni che fanno parte dell’unione.
L’art.1, comma 110, della Legge n. 56/2014 ha previsto la possibilità di svolgere in forma associata da parte delle unioni di comuni, anche per i comuni che le costituiscono, le funzioni dell’Organo di revisione, senza specificare se le nuove disposizioni riguardano le unioni a cui i comuni minori devono affidare le funzioni fondamentali, ai sensi dell’art. 14, comma 28, del D.L. n. 78/2010, oppure tutte le unioni ex art.32 Tuel. Considerato che è dovere deontologico di ciascun revisore non accettare incarichi che non siano sostenibili dalla propria organizzazione, a causa dell’eccessivo carico e della complessità attesa dal lavoro; tenuto conto che tale dovere è confermato dall’indice normativo dell’art. 238 Tuel, comma 1, il quale pone dei limiti al cumulo di incarichi e tenuto conto che il processo di trasferimento delle funzioni alle unioni è in molti casi ancora insufficiente e che potrebbe comportare di fatto un’eccessiva articolazione di bilanci “dipendenti” da controllare, si invitano i revisori a valutare attentamente l’accettazione di tali incarichi.
Con l’emanazione del Decreto del Ministro dell’Interno n. 23 del 15 febbraio 2012 (Regolamento) è stata data piena applicazione alla disposizione contenuta nell’art. 16, comma 25, del D.L. n. 138/2011, convertito con modificazioni nella Legge n. 148/2011, il quale prevede che i revisori dei conti degli enti locali, sono scelti mediante estrazione a sorte da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti nel registro dei revisori legali, nonché gli iscritti all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, con esclusione delle regioni a statuto speciale (per le regioni Valle D’Aosta L.R, n.40 del 14/12/97 e regolamento n.1 del 3/2/1999, Friuli Venezia Giulia L.R. 17 luglio 2015 n. 18, Sardegna L.R. 4 febbraio 2016 n. 2, Sicilia L.R. 17 marzo 2016 n. 3).
L’art. 6, comma 2, del D.M. n. 23 del 15 febbraio 2012 ha disposto che non trovano più applicazione le disposizioni riguardanti l’individuazione dei componenti del collegio dei revisori e quelle relative all’affidamento delle funzioni di presidente del collegio di cui all’articolo 234, comma 2, del Tuel.
La formazione e l’aggiornamento dell’elenco è disciplinata dal medesimo regolamento di cui al decreto del Ministro dell’Interno 15 febbraio 2012 n. 23.
L’elenco dei revisori dei conti degli enti locali è istituito presso il Ministero dell’interno ed è articolato in sezioni regionali, in base alla residenza anagrafica dei soggetti iscritti, nonché in n. 3 fasce di enti locali, individuate in relazione alla tipologia e alla dimensione demografica degli stessi.
L’iscrizione nell’elenco avviene, quindi, nella sezione regionale di residenza del richiedente e nella/e fascia/e di enti locali in relazione al possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione in ciascuna fascia.
Al momento dell’iscrizione/rinnovo, i richiedenti possono chiedere di essere inseriti in una o più fasce di enti locali, fermo restando il possesso dei requisiti e possono escludere uno o più ambiti territoriali provinciali per i quali non intendono manifestare disponibilità a ricoprire l’incarico.
L’elenco è ripartito in tre fasce: Fascia 1: Comuni fino a 4.999 abitanti; Fascia 2: Comuni da 5.000 a 14.999 abitanti, Unioni di Comuni e Comunità montane; Fascia 3: Comuni con popolazione pari o superiore a 15.000 abitanti, Province e Città metropolitane.
L’elenco è stilato in ordine alfabetico, suddiviso per regione e reso pubblico sul sito internet del Ministero dell’Interno con effetti di pubblicità legale.
Per l’inserimento nell’elenco è necessario essere iscritti da almeno due anni nel Registro dei revisori legali o all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nonché aver conseguito, nel periodo dal 1° gennaio al 30 novembre dell’anno precedente, almeno 10 crediti formativi nella materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria degli enti locali per la partecipazione ad eventi che siano stati preventivamente condivisi dal Ministero dell’interno e che prevedano il superamento di test finali di verifica. Per l’inserimento nelle fasce 2 e 3 di enti locali è, inoltre, necessaria una maggiore anzianità di iscrizione nei predetti registri o all’ordine professionale, nonché lo svolgimento di precedenti incarichi di revisore presso enti locali.
Per essere iscritti nell’elenco occorre: a) essereiscritti:
nel registro dei revisori legali di cui al d.lgs. n.39/2010 o all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, da almeno:
- 2 anni per accedere alla fascia 1;
- 5 anni per accedere alla fascia 2;
- 10 anni per accedere alla fascia 3.
b) averconseguitoalmeno10creditiformativispecificiineventiconvalidatidalMinisterodell’Interno nel periodo 1° gennaio - 30 novembre dell’anno precedente;
c) aver svolto in precedenza:
almeno un incarico di revisione presso un ente locale per la durata di 3 anni per accedere alla fascia 2;
almeno due incarichi di revisione presso un ente locale per la durata di 3 anni ciascuno per accedere alla fascia 3.
Non è richiesto lo svolgimento di alcun incarico per accedere alla fascia 1;
Per “incarico” si intende il “mandato pieno” oppure almeno tre anni di calendario complessivi.Per il mantenimento dell’iscrizione nell’elenco ogni anno deve essere comprovato il possesso dei requisiti richiesti.
La richiesta di iscrizione e di mantenimento dell’iscrizione nell’elenco deve essere effettuata esclusivamente con modalità telematica, nei modi e nei termini indicati negli appositi avvisi pubblici diramati dal Ministero dell’Interno.
Le estrazioni a sorte dei nominativi dall’elenco, per la successiva nomina dei revisori da parte del consiglio dell’ente locale, sono effettuate dalla Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo della provincia/città metropolitana di appartenenza dell’ente locale interessato, in seduta pubblica e tramite sistema informatico.
Gli enti locali dovranno richiedere l’estrazione comunicando la scadenza dell’Organo di revisione alla Prefettura della provincia/città metropolitana di appartenenza almeno:
2 mesi dalla scadenza;
immediatamente e non oltre il terzo giorno successivo in caso di cessazione anticipata.
In caso di organo monocratico, per ciascun componente sono estratti tre nominativi, il primo dei quali è designato per la nomina mentre gli altri subentrano, nell’ordine di estrazione, nel caso di rinuncia o impedimento; mentre, in caso di organo collegiale, sono estratti nove soggetti, di cui i primi tre designati per la nomina, mentre gli altri subentrano, nell’ordine di estrazione, nel caso di rinuncia o impedimento.
Dell’esito dell’estrazione viene redatto verbale e data comunicazione a ciascun ente locale.
1.2. ACCETTAZIONE
A seguito della comunicazione prefettizia l’ente comunica ai soggetti estratti la loro designazione. L’ente locale è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza e d’imparzialità (artt. 1 e 12 della Legge n. 241/90) a comunicare ai soggetti designati il compenso base e le modalità di determinazione dei rimborsi spettanti al componente ed al presidente dell’Organo di revisione o al revisore unico, in caso di organo monocratico. Tale comunicazione è necessaria in quanto costituisce per il revisore designato un elemento di valutazione per l’accettazione dell’incarico.
Con tale comunicazione l’ente richiede al soggetto designato di fornire tempestiva risposta in ordine all’accettazione o meno della carica, assegnando un termine.
In caso di accettazione il soggetto designato deve rendere apposita attestazione nelle forme di legge con la quale esso, consapevole delle sanzioni penali previste dall’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000, e sotto la propria responsabilità, dichiara ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000:
di essere iscritto all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili di ........ – sez. A. (in alternativa al punto n.2);
di essere revisore legale ai sensi del D.lgs. n. 39/2010 (in alternativa al punto n.1);
di non trovarsi in alcuna delle condizioni di ineleggibilità e incompatibilità previste dall’art.236 del Tuel;
di non trovarsi in situazioni di incompatibilità rispetto al limite del numero di incarichi previsto dall’art.238 del Tuel;
di non trovarsi nelle condizioni di cui all’art.2399 comma 1 cod.civ.;
di non aver riportato condanne penali che impediscono l’esercizio delle funzioni pubbliche;
di accettare il compenso che sarà deliberato dal consiglio dell’ente locale, tenendo conto del compenso base comunicato dall’ente locale e le modalità di determinazione dei rimborsi, riservandosi di richiedere, appena normativamente possibile, l’aumento e/o l’adeguamento dello stesso;
di autorizzare il trattamento dei dati personali ai sensi del Regolamento UE n.679/2016 e del D.lgs. n. 196/2003
provvedendo ad allegarvi la fotocopia della propria carta d’identità.
Prima dell’accettazione è necessario che il revisore prenda visione di quanto disciplinato nello statuto e nel regolamento di contabilità in riferimento all’Organo di revisione. In particolar modo deve accertarsi di eventuali funzioni aggiuntive rispetto a quelle indicate nell’articolo 239 del Tuel.
Si richiama l’attenzione alla circostanza che, in caso di accettazione e di successiva nomina consiliare, il Revisore, qualora rassegni immediate dimissioni, rimane comunque in carica ai sensi dell’art. 3 del D.L. 16 maggio 1994, n. 293 per un periodo massimo di 45 giorni.
1.3. COMPENSO
Il decreto del Ministero dell’Interno di concerto con il Ministero dell’Economia del 21 dicembre 2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 4 gennaio 2019, ha aggiornato, con decorrenza dal 1° gennaio 2019, i limiti massimi del compenso dei revisori degli enti locali. Il decreto indica il compenso base annuo lordo per ogni componente degli organi di revisione economico-finanziaria dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane a seconda della fascia demografica degli enti, nella tabella A allegata al DM 21 dicembre 2018, con alcune maggiorazioni:
sino a un massimo del 10% per gli enti locali la cui spesa corrente annuale pro-capite desumibile dall’ultimo bilancio preventivo approvato, sia superiore alla media nazionale per fascia demografica di cui alla Tabella B dello stesso decreto;
sino a un massimo del 10% per gli enti locali la cui spesa per investimenti annuale pro-capite, desumibile dall’ultimo bilancio preventivo approvato, sia superiore alla media nazionale per fascia demografica di cui alla Tabella C allegata al decreto.
Tali maggiorazioni sono cumulabili e l’eventuale adeguamento del compenso deliberato dal consiglio dell’ente in relazione ai nuovi limiti massimi fissati dal Decreto Ministeriale non ha effetto retroattivo.
Il decreto, all’art. 3, disciplina il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nel caso in cui il revisore sia residente al di fuori del Comune dove ha sede l’ente: tale rimborso spetta per la presenza necessaria o richiesta nella sede dell’ente per lo svolgimento delle proprie funzioni e viene corrisposto nel limite massimo del 50% del compenso annuo attribuito al netto degli oneri fiscali e contributivi. Le modalità di calcolo dei rimborsi, se non determinate dal regolamento di contabilità, sono fissate nella deliberazione di nomina o in apposita convenzione regolante lo svolgimento delle attività dell’organo di revisione.
Ai componenti dell’organo di revisione spetta il rimborso delle spese effettivamente sostenute per il vitto e l’alloggio nella misura determinata per i componenti dell’organo esecutivo dell’ente se ciò si rende necessario per l’incarico svolto.
Il legislatore si è limitato a fissare il compenso massimo percepibile dall’Organo di revisione per fasce di popolazione; si invita pertanto l’Organo di revisione a valutare il compenso in ragione dell’incarico affidato e dell’attività da svolgere e a non accettare compensi inadeguati al lavoro richiesto.
L’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali ex art. 154 del Tuel, ha approvato nell’adunanza del 13 luglio 2017, un atto di orientamento sul compenso minimo spettante ai revisori degli enti locali. Il documento costituisce un riferimento per il Consiglio dell’Ente Locale nella determinazione del compenso dell’Organo di revisione.
Il sistema di nomina dei revisori degli enti locali mediante estrazione da un elenco su base regionale non solo garantisce interessi pubblici generali ma tende ad assicurare, soprattutto, l’indipendenza degli organi tecnici dagli organi politici. L’imparzialità e indipendenza dell’Organo di revisione sono a tutela dell’interesse ad una sana e corretta gestione degli enti pubblici.
All’indipendenza dal livello di governo e autonomia di giudizio nell’esercizio del lavoro di professionisti scelti con metodo «non negoziale», giova un sistema in cui la determinabilità discrezionale del compenso diverso da quello base sia eccezionale e circoscritta solo entro le misure previste dal D.M. del 20 maggio 2005, in modo da assicurare sempre una adeguata retribuzione.
L’Osservatorio ravvisa, pertanto, l’esigenza di garantire un’adeguatezza del compenso, in assenza di una previsione normativa sui limiti minimi dei compensi dei componenti dell’Organo di revisione ritenendo anche che la definizione di un compenso in misura diversa dal compenso base nel livello massimo costituisce alternativa, teoricamente ammissibile, ma di natura eccezionale, tenuto conto della prevalenza, nella materia, della disciplina legale tipica, sia per quello che riguarda la costituzione del rapporto contrattuale, sia per quello che riguarda gli elementi di parametrazione del compenso, assorbendo, così, ampia parte degli aspetti consensuali.
Secondo l’Osservatorio l’art. 241 del Tuel, il D.M. del 20 maggio 2005, l’art. 2233 del codice civile e i principi individuati dalla giurisprudenza portano a ritenere, che ogni determinazione di compenso inferiore al limite massimo della fascia demografica appena inferiore alla griglia definita dal citato dm, non rispetti i principi di sufficienza e congruità. Il sistema delle fasce demografiche vuole individuare non solo il limite massimo del compenso, ma anche il limite minimo che può ritenersi coincidente con il limite massimo della fascia demografica immediatamente inferiore.
Per il compenso stabilito per i revisori dei comuni con meno di 500 abitanti e delle province e città metropolitane sino a 400 mila abitanti il limite minimo è da individuarsi nella misura non inferiore all’80% del compenso base annuo lordo stabilito per le predette fasce di appartenenza.
È la delibera di nomina dell’Organo di revisione da parte del consiglio che fissa il compenso ed i criteri di determinazione dei rimborsi spettanti al presidente e al/ai revisori o al revisore unico.
1.4. NOMINA
Il consiglio dell’ente locale provvede con delibera a nominare l’Organo di revisione previa verifica:
delle cause d’incompatibilità e d’ineleggibilità di cui all’art. 236 del Tuel;
degli impedimenti di rieleggibilità di cui all’art. 235 del Tuel;
del limite all’affidamento degli incarichi di cui all’ art.238 del Tuel;
di eventuali rinunce da parte di soggetti estratti.
Nel caso di collegio la funzione di presidente è attribuita al componente che risulti aver ricoperto il maggior numero di incarichi di revisione presso enti locali; in caso di egual numero prevale la maggiore dimensione demografica dell’ente più popoloso in cui è stato svolto l’incarico. Anche in questo caso per “incarico” si intende il “mandato pieno” oppure periodi di almeno tre anni di calendario complessivi.
Resta in capo al consiglio la possibilità di attribuire ulteriori funzioni e le conseguenti maggiorazioni del compenso previste dall’art.241 Tuel.
È previsto l’obbligo di comunicazione ed in particolare:
i nominativi dei soggetti cui è affidata la revisione devono essere comunicati entro 20 giorni dall’esecutività della delibera al tesoriere dell’ente da parte del soggetto indicato nel regolamento di contabilità;
il revisore o il presidente del collegio devono procedere ad accreditarsi presso il Portale dei Servizi on line della Corte dei conti mediante la piattaforma di accesso FITNET- Finanza Territoriale Network e registrarsi al GET quale profilo associato all’ente previa disabilitazione del precedente revisore/presidente del collegio dei revisori.
1.5. DURATA
L’Organo di revisione entra in carica alla data di esecutività della delibera o di immediata eseguibilità della stessa previa accettazione della carica e dura in carica tre anni.
I suoi componenti non possono svolgere l’incarico per più di due volte nello stesso ente locale. La cessazione dell’incarico può essere determinata da:
a) scadenza del mandato;
b) dimissionivolontarie;
c) impossibilità a svolgere l’incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell’Ente locale;
d) revoca per inadempienza (regolamentata dall’ente). È necessario regolamentare la revoca per inadempienza, indicando la casistica e le modalità previa contestazione all’interessato;
e) revoca permancata presentazione della relazione al rendiconto entro 20 giorni dalla trasmissione della proposta, completa di tutti gli allegati previsti dalla legge;
f) decadenza, a seguito della cancellazione dall’albo o registro professionale, essendo l’incarico collegato a tale iscrizione;
Alla scadenza del mandato l’Organo di revisione è prorogato per non più di 45 giorni (art. 3, D.L. 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, nella Legge 15 luglio 1994, n.444). Decorso tale termine l’Organo di revisione decade e gli eventuali atti adottati sono nulli.
La responsabilità per i danni conseguenti agli atti nulli o alla mancanza dell’Organo di revisione è imputata ai titolari della competenza alla ricostituzione (art. 6, D.L. 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, nella Legge 15 luglio 1994, n. 444).
Nel caso in cui non si provveda alla nuova nomina, l’Organo di revisione scaduto non deve più operare.
La risoluzione di diritto dell’incarico è disposta dal comma 715 della Legge. n. 296/2006 se, nel caso di scioglimento dell’organo consiliare dell’ente ai sensi dell’articolo 143 del Tuel, l’incarico di revisore non è rinnovato entro quarantacinque giorni dall’insediamento della commissione straordinaria per la gestione dell’ente.
La cessazione per dimissioni volontarie è indicata nell’art.235, comma 3 lett. b) del Tuel nei seguenti termini “dimissioni volontarie da comunicare con preavviso di almeno quarantacinque giorni e che non sono soggette ad accettazione da parte dell’ente”.
La norma richiede, pertanto, che sia inviato all’ente un preavviso di dimissioni con indicazione della data di effetto delle stesse e che tra ricevimento dell’avviso da parte dell’ente e data di effetto devono decorrere almeno 45 giorni. Si ritiene che nel caso non si provveda alla nuova nomina il revisore scaduto non possa più operare sulla base di quanto contenuto in altre disposizione che prevedono un uguale termine di 45 giorni.
Limitatamente agli adempimenti di certificazione per l’esercizio 2018 da effettuarsi nel 2019 opera la decadenza automatica del revisore nel caso di mancato assolvimento dell’obbligo di trasmissione della certificazione sulla verifica del rispetto degli obiettivi di saldo di finanza pubblica (art. 1, comma 471, Legge n. 232/2016) quale commissario ad acta.
Ove nei collegi si proceda alla sostituzione di un singolo componente la durata dell’incarico del nuovo Revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell’intero collegio.
1.6. INCOMPATIBILITÀ E INELEGGIBILITÀ
L’articolo 236 del Tuel disciplina le cause d’ineleggibilità ed incompatibilità dei revisori. E’ indispensabile distinguerne le differenze: le prime (ineleggibilità) rappresentano cause impeditive alla nomina e all’esercizio della carica di revisore negli enti locali e se quest’ultima è avvenuta è nulla e insanabile fin dall’origine, mentre le seconde (incompatibilità) determinano una situazione di conflitto di interessi e, se sopravvengono in corso di carica, non comportano la decadenza nel caso in cui sia rimossa la funzione o la situazione che genera il conflitto.
Le ipotesi d’incompatibilità e d’ineleggibilità alla carica di revisore degli enti locali, elencate all’art. 236 del Tuel, sono tipiche e nominate e quindi non possono essere derogate, né estese per analogia ad altri casi non espressamente individuati nella legge.
Il primo comma dell’art. 236 del Tuel stabilisce che: “valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell’articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i componenti dell’organo esecutivo dell’ente locale” e pertanto sono cause impeditive alla nomina (e se nominati, causa di decadenza) le seguenti situazioni: interdetto; inabilitato; fallito; chi è stato condannato ad una pena che comporta l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi; coniuge, parenti ed affini entro il quarto grado dei componenti dell’organo esecutivo; coloro che sono legati all’ente o alle società da questo controllate da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nei 24 mesi precedenti alla nomina.
Per il secondo comma dell’articolo 236 del Tuel, l’incarico di revisore non può essere esercitato nel caso in cui si viene a creare una situazione di conflitto di interessi per cumulo di funzioni ricoperte, anche in precedenza, dal revisore. La carica di revisore risulta inibita a: componenti in carica degli organi dell’Ente locale e a coloro che hanno ricoperto tale incarico nei 24 mesi precedenti alla nomina; segretario e dipendenti dell’ente locale presso cui deve essere nominato; dipendenti della regione, della provincia, della città metropolitana, delle comunità montane e delle unioni di comuni compresi nella circoscrizione territoriale di competenza e coloro che sono legati a società o enti da questa controllate da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita.
Il terzo comma dell’articolo 236 del Tuel prevede che “i componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l’ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso”. Secondo la Corte di Cassazione il concetto di vigilanza comprende “ogni forma di ingerenza o di controllo del Comune nell’attività dell’ente controllato, senza la necessità che la vigilanza medesima si esplichi nelle forme più penetranti dell’annullamento o dell’approvazione degli atti del medesimo”.
Il principio orientativo che regge la disciplina è il divieto di far coesistere la posizione di controllato e controllore.
Ciò premesso, in base agli orientamenti ermeneutici prevalenti e consolidati, si rammenta, a titolo esemplificativo, che
il revisore non può assumere incarichi o consulenze presso le aziende speciali dell’Ente locale, in quanto sottoposte a vigilanza dello stesso come disposto dall’articolo 114, comma 6, del Tuel, né presso i consorzi a cui partecipa l’ente per l’assimilazione alle aziende speciali stabilita dall’art. 31.
Sempre in base alla richiamata giurisprudenza, l’Organo di revisione non può assumere incarichi o consulenze presso:
società “in house”, soggette a controllo analogo, cui partecipa l’Ente locale;
le società di capitale controllate dall’ente locale nei modi indicati dal d.lgs. 175/2016;
le società nelle quali lo Statuto o i patti parasociali prevedono la vigilanza e/o il controllo dell’Ente locale anche con partecipazioni minoritarie.
L’accettazione di incarichi negli organismi di cui sopra costituisce causa di incompatibilità.
In generale, tenuto conto del concetto di “ingerenza” sopra delineato, si sollecita cautela nell’accettare incarichi in qualsiasi organismo in cui l’ente eserciti, a vario titolo, diritti corporativi, anche in forma minoritaria, o la cui attività sia influenzabile dall’ente in forza di rapporti assimilabili alla dipendenza economica ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 192/1998; ove l’utilizzo del termine “assimilabili” avviene in quanto la norma presuppone un rapporto fra due imprese: gli enti pubblici non sono imprese anche se possono svolgere attività economica.
Per quanto concerne gli organismi di diritto pubblico, si richiama la definizione ai sensi del vigente codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 50/2016) ai sensi del quale è tale “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV“ (art. 3, comma 1, lettera d):
1. istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2. dotato di personalità giuridica;
3. la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Per quanto riguarda il “controllo analogo” si richiama l’art. 5, comma 2 del citato codice ai sensi del quale “Un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi del comma 1, lettera a), qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”.
La natura e le funzioni affidate all’Organo di revisione escludono la possibilità di far parte del nucleo di valutazione e dell’organismo indipendente di valutazione.
Si ricorda che ai sensi dell’art 152 del Tuel, comma 4 lett. f) nonché del primo comma dell’art.238 Tuel, il regolamento di contabilità può derogare al limite massimo degli incarichi stabilito dallo stesso art. 238 del Tuel.
1.7. INSEDIAMENTO E AVVIO DELL’ATTIVITÀ DI REVISIONE
La prima convocazione dell’Organo di revisione è disposta dal sindaco o dal presidente (per gli enti diversi dal comune). Di solito il regolamento dell’ente locale stabilisce la tempistica dell’insediamento a seguito dell’esecutività della delibera di nomina o, in mancanza, la convocazione avviene a cura del presidente del collegio stesso che può darne comunicazione al presidente del consiglio.
Con l’insediamento inizia l’attività vera e propria dell’Organo di revisione che prende possesso dell’ufficio, determina le regole interne per il suo funzionamento e inizia a svolgere l’attività, ivi compreso l’esame di eventuali documenti, l’espressione di pareri e la formulazione di relazioni relative ad attività e/o adempimenti per i quali il precedente Organo di revisione non vi abbia provveduto, per scadenza del mandato.
In sede d’insediamento è opportuno che l’Organo di revisione acquisisca la seguente documentazione da conservare nelle carte di lavoro:
statuto e regolamento di contabilità dell’ente locale (che può derogare ai commi 2 e 3 dell’art. 235 del Tuel, all’art. 237 e 238 del Tuel
regolamento sul sistema dei controlli interni;
ultimo questionario inviato alla Corte dei conti sul bilancio e sul rendiconto;
bilancio di previsione e sue variazioni;
ultimi due rendiconti;
eventuali istruttorie della Corte dei conti;
ultimi tre bilanci degli organismi partecipati con i relativi allegati obbligatori;
stato del contenzioso in essere;
verbali del precedente Organo di revisione.
Nel corso della riunione di insediamento l’Organo di revisione determina la cadenza delle proprie adunanze e quanto altro occorra per il suo funzionamento che non sia stato previsto e disciplinato nel regolamento dell’ente individuando altresì le eventuali:
forme di collaborazione operativa da chiedere all’ente locale in aggiunta a quelle espressamente previste dagli articoli 234 e seguenti del Tuel;
necessità di richiedere l’assegnazione di uno staff o, comunque, di strutture adeguate, quali ad esempio la segreteria e locali attrezzati.
L’Organo di revisione, preso atto del regolamento di contabilità, suggerisce le prime modifiche da apportare allo stesso al fine di renderlo aderente all’evoluzione del quadro normativo nonché di conformarlo ai presenti principi, tenendo in considerazione l’organizzazione dell’Ente locale.
Va sempre redatto il verbale di insediamento, così come per ogni riunione, ispezione, verifica ed accesso.
Il revisore deve registrarsi nel sistema BDAP – bilanci armonizzati per poter accedere e visualizzare tutti i documenti contabili relativi all’ente o agli enti di propria competenza.
1.8. COMPORTAMENTO ETICO-PROFESSIONALE
In generale l’Organo di revisione deve osservare nell’esercizio della professione a tutela dell’affidamento della collettività, della correttezza dei comportamenti, nonché della qualità ed efficacia della prestazione i seguenti principi e doveri del codice deontologico della professione approvato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in data 17/12/2015 e in vigore dal 1/1/2016:
articolo 5 - Interesse pubblico
articolo 6 - Integrità
articolo 7 - Obiettività
articolo 8 - Competenza, diligenza e qualità delle professioni articolo 9 - Indipendenzaarticolo 10 - Riservatezza
articolo 14 - Responsabilità professionale articolo
15 - Collaborazione tra colleghi articolo
16 - Subentro ad un collega.
In particolare, l’Organo di revisione degli enti locali deve:
non intrattenere rapporti anche singolarmente con gli organi d’informazione tesi a divulgare il contenuto di pareri e relazioni prima della loro presentazione agli organi dell’Ente locale;
evitare strumentalizzazioni e/o condizionamenti anche politici;
evitare di accettare compensi talmente esigui da ledere la dignità professionale;
evitare di accettare un numero elevato d’incarichi e comunque tale da rendere di fatto impossibile esercitare la delicata funzione di controllo collaborativo preventivo e di regolarità amministrativa e contabile successivo;
tendere a privilegiare il controllo sostanziale e limitare allo stretto necessario un approccio puramente formalistico;
evitare di affidare le funzioni in modo continuativo a collaboratori o tutor. Nel caso si avvalga di collaboratori deve assegnare a questi ultimi incarichi proporzionati alla loro competenza professionale, impartire adeguate direttive ed esercitare un approfondito controllo sul loro operato;
evitare di chiedere documenti non necessari ai fini del controllo o non previsti dalla normativa vigente;
con gli organi di controllo degli organismi partecipati instaurare rapporti di correttezza, collaborazione e scambio di flussi informativi, per perseguire il principio della sana e corretta gestione economica e finanziaria dell’ente e degli organismi partecipati;
al termine del mandato fornire all’Organo di revisione entrante le informazioni necessarie per facilitare la conoscenza dei principali aspetti finanziari, economici e patrimoniali dell’ente ed eventuali irregolarità non sanate.
Segreto professionale - Il revisore è vincolato all’osservanza del segreto professionale. Deve perciò astenersi dal manifestare a terzi, se non nei termini e nei modi previsti dall’incarico, dalle norme di legge e dalla deontologia professionale, i fatti di cui è venuto a conoscenza in occasione dello svolgimento dell’incarico.
L’osservanza del segreto professionale si estende ai collaboratori.
Tutoraggio – La responsabilità dell’incarico è personale; l’avvalimento o ricorso a figure esterne di supporto non può determinare sostituzioni di fatto che si ritengono inopportune e in sostanziale contrasto con la legge.
Competenza e aggiornamento professionale – Le norme in materia di competenza ed aggiornamento professionale, assumono per l’Organo di revisione degli enti locali un particolare valore, anche perché sono propedeutiche all’effettiva realizzazione del principio di indipendenza nei suoi aspetti sostanziali.
1.9. FUNZIONAMENTO
1.9.1. Collegialità e monocraticità
L’Organo di revisione composto da un solo revisore si qualifica come “Revisore unico”. L’Organo di revisione, se collegiale, è definito collegio ed i singoli componenti revisori.
1.9.2. Funzionamento
Le modalità di funzionamento dell’Organo di revisione devono essere disciplinate nello statuto o nel regolamento di contabilità dell’ente.
Il collegio dei revisori non è da intendersi quale collegio perfetto, come indicato dal comma 1 dell’art. 237 del Tuel e come precisato dal Ministero dell’Interno con D.M. 19 settembre 1991, FL. n. 33/91, per cui in caso di assenza per malattia o per altro motivo esso è validamente costituito e può operare purché siano presenti almeno due componenti.
Quanto di seguito elencato in materia di periodicità delle sedute, verbalizzazione e trasmissione di atti istruttori o di acquisizione di chiarimenti, interessano anche il Revisore unico.
Il collegio deve riunirsi presso la sede dell’ente o eventualmente in luogo diverso, se deciso dai suoi componenti.
I singoli componenti possono eseguire anche verifiche e controlli individuali. La possibilità di operare separatamente può essere prevista dallo statuto o dal regolamento dell’ente, con particolare riguardo allo svolgimento dell’attività istruttoria connessa all’esercizio della funzione di vigilanza sulla regolarità contabile e finanziaria della gestione.
Le verifiche individuali devono essere preventivamente segnalate e motivate al presidente, successivamente riferite e documentate al collegio nella prima riunione e verbalizzate.
Il presidente può assegnare specifici incarichi di esame ai componenti o ripartire compiti fra i medesimi, salva poi la collegialità della decisione.
Tutte le decisioni del collegio sono adottate in forma collegiale.
La partecipazione alle riunioni del consiglio o della giunta deve essere collegiale, salvo delega al presidente o ad altro membro. Tale partecipazione, pur prevista come facoltativa, può essere utile nelle sedute che hanno per oggetto atti fondamentali della gestione al fine di meglio adempiere alle funzioni di collaborazione e di vigilanza sulla regolarità amministrativa, contabile, finanziaria ed economica della gestione.
L’Organo di revisione può ricorrere alla collaborazione, sotto la propria responsabilità e con compensi a proprio carico, di uno o più soggetti aventi i requisiti di cui art. 234 del Tuel. Tali soggetti devono attenersi, inoltre, alle norme etico professionali descritte nel precedente paragrafo.
Per ciò che concerne le sedute e, dunque, la convocazione, la votazione e la verbalizzazione si precisa che ove non vi siano norme di legge o regole stabilite nel regolamento di contabilità dell’Ente locale (ad es. le regole sulle modalità di convocazione, anche su iniziativa di due componenti, il sistema di votazione, la previsione di un numero di sedute periodiche, gli obblighi minimi di partecipazione ai fini della dichiarazione di inadempienza, la possibilità di tenere eccezionalmente sedute fuori la sede dell’ente, ecc.) l’Organo di revisione ha il potere di auto-organizzarsi.
Fatto salvo quanto stabilito dalla legge e dal regolamento, organizzare il funzionamento del collegio è prerogativa del presidente.
Come stabilito dall’art.237 del Tuel, l’Organo di revisione redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate. Il verbale, quale atto compiuto nell’esercizio di pubbliche funzioni, è dotato di certezza legale e fa fede fino a querela di falso dei fatti in esso contenuti ed avvenuti alla presenza dell’organo che li certifica.
Il verbale deve assumere forma scritta (cfr. per analogia artt. 2403, co. 5, e 2404, co. 3, Cod.Civ.) e deve avere, nel caso del collegio, le seguenti indicazioni:
numerazione progressiva per anno;
indicazione data, luogo della riunione, ora di inizio e fine della seduta;
individuazione dei componenti presenti;
motivazione di assenza e conseguente giustificazione;
individuazione di eventuali altri partecipanti alla seduta;
indicazione degli argomenti trattati, delle decisioni assunte oppure delle ispezioni e verifiche effettuate e dell’esito delle stesse;
individuazione di eventuali procedimenti o provvedimenti ritenuti irregolari, dei responsabili e delle modalità di segnalazione;
l’approvazione da parte dei componenti del collegio oppure i motivi di mancata approvazione;
la sottoscrizione dei componenti presenti e, dove presente, del segretario verbalizzante.
I verbali, previa approvazione collegiale, vengono sottoscritti da tutti i componenti, vanno raccolti ecustoditi presso la sede dell’ente.
Per comodità operativa, si suggerisce di tenere distinto il verbale – ricognitivo delle operazioni – e i contenuti valutativi. Pertanto, il prodotto professionale del revisore, oggetto della sua prestazione, potrà essere allegato, come documento autonomo, al verbale medesimo.
Qualora nel corso delle sedute si proceda alla redazione di verbali e/o di comunicazioni che riflettono atti istruttori o di acquisizione di chiarimenti vanno trasmessi al sindaco o al presidente (per gli enti diversi dal comune), all’assessore delegato alla materia, all’eventuale direttore generale, al segretario ed al nucleo di valutazione o all’organismo indipendente di valutazione. L’obbligo di ottemperanza spetta all’organo o all’ufficio alla cui gestione il rilievo o il chiarimento si riferisce.
I verbali che riflettono forme di collaborazione con l’organo consiliare oppure il referto sulle gravi irregolarità riscontrate, vanno indirizzati e trasmessi al presidente di tale organo.
In particolare, nel caso di referto per gravi irregolarità di gestione, ove si configuri un’ipotesi di responsabilità, l’Organo di revisione deve effettuare contestualmente denuncia agli organi giurisdizionali.
In caso di irregolarità contabili e finanziarie in ordine alle quali l’amministrazione non abbia adottato le misure correttive, l’Organo di revisione ne deve dare segnalazione alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti.
Non esiste alcun obbligo di riportare i verbali su un libro obbligatorio previamente vidimato e bollato; l’Organo di revisione è un organo di controllo retto da principi di diritto pubblico regolatori della sua attività e nessuna norma di diritto pubblico richiede che le adunanze e deliberazioni debbano risultare da libri vidimati e bollati. I verbali sono destinati a documentare unicamente l’attività dell’organo e non sono definibili come libri o scritture contabili.
1.9.3. Carte di lavoro
I documenti e le carte di lavoro, che rappresentano altresì i mezzi della prova del lavoro svolto e che documentano le valutazioni effettuate, sono di proprietà dell’Organo di revisione. In caso di organo collegiale, esso decide a quale/i componente/i vengono affidati in detenzione i documenti e le carte di lavoro.
Gli atti di bilancio e di rendiconto ed i relativi documenti allegati non obbligano l’Organo di revisione alla loro conservazione quali “carte di lavoro” trattandosi di documenti di pubblica acquisizione unitamente ai documenti pubblicati sul sito istituzionale in forma durevole.
Al termine del mandato il fascicolo delle “carte di lavoro” potrà essere alternativamente:
detenuto da un solo componente;
detenuto da tutti i componenti
in forma cartacea o informatica e, ove ritenuto opportuno, depositato al protocollo dell’ente con comunicazione ad ogni componente dell’Organo di revisione del numero di protocollo.
1.9.4. Accesso e informativa del responsabile del servizio finanziario
L’Organo di revisione ha diritto ad accedere agli atti ed ai documenti dell’ente locale necessari per lo svolgimento della funzione in modo pieno e senza limiti di tempo. Deve comunque conservare la riservatezza in merito ai documenti esaminati. L’Organo di revisione individua gli atti e i documenti di cui chiedere copia e, se non previsto dal regolamento, stabilisce un termine massimo per la loro predisposizione da parte degli uffici dell’Ente locale.
Il responsabile del servizio finanziario deve trasmettere all’Organo di revisione, ai sensi della lett. b), del comma 2, dell’art. 239 del Tuel, le attestazioni di assenza di copertura finanziaria sulle delibere di impegno di spesa.
1.9.5. Votazione
Le modalità di votazione possono essere determinate nel regolamento di contabilità dell’ente.
Il collegio decide con voto palese e a maggioranza semplice e, in caso di parità, prevale il voto del presidente.
Il voto contrario va motivato e il revisore dissenziente ha il diritto di annotare nel verbale le ragioni del proprio dissenso e di allegare relazioni di minoranza.
L’assenza di indicazione dei voti nei verbali significa unanimità.
I componenti non possono astenersi dal voto, fatte salve le ipotesi di conflitto di interessi che determinano, invece, l’obbligo di astensione. Nel verbale va indicata la causa del conflitto.
1.9.6. Assenza
L’assenza alle riunioni deve essere comunicata e giustificata. Il regolamento di contabilità può stabilire la revoca per inadempienza in caso di reiterate assenze non giustificate da parte dei singoli componenti dell’Organo di revisione.
L’assenza di due componenti non consente di tenere la seduta. In caso di assenza del presidente di norma presiede il componente più anziano di età.
1.9.7. Conclusione dell’incarico
L’incarico si conclude per scadenza del mandato, per dimissioni volontarie, per impossibilità a svolgere l’incarico, per il subentrare di cause di decadenza, per la revoca o per il decesso.
Nel caso di collegio le dimissioni volontarie di un componente del collegio, che prevedono un preavviso di almeno 45 gg. e che non sono soggette ad accettazione da parte dell’ente (art.239 del Tuel), non ne compromettono la funzionalità, che è assicurata, fino a sostituzione del dimissionario, dai due membri ancora in carica. Lo stesso vale nel caso in cui venga a mancare un componente per cause di decadenza o decesso.
L’ente deve comunque provvedere alla sostituzione nel più breve tempo possibile per assicurare la piena funzionalità dell’organo.
Il componente nominato tramite estrazione in sostituzione del precedente dura in carica fino al termine originario di durata del triennio.
L’Organo di revisione, collegiale o monocratico, può essere revocato solo per inadempienza, in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro i termini di legge o per i mancati pareri sul bilancio di previsione e sulle variazioni di bilancio entro i termini stabiliti dal regolamento, per le reiterate assenze ingiustificate. In caso di mancata trasmissione alla Corte dei conti della relazione (il questionario) sul bilancio di previsione e sul rendiconto, il consiglio può valutare la revoca per inadempimento.
1.9.8. Partecipazione
All’Organo di revisione è data facoltà di partecipare alle assemblee dell’organo consiliare.
Per consentire la partecipazione alle assemblee all’Organo di revisione vanno comunicati, anche via e- mail, i relativi ordini del giorno.
Come indicato al comma 2 dell’art. 239 del Tuel è opportuno essere presenti alle assemblee di approvazione del bilancio preventivo e del rendiconto di gestione. Inoltre, lo statuto dell’Ente locale può prevedere la partecipazione anche alle riunioni della giunta.
Qualora lo statuto preveda all’interno della funzione di collaborazione l’obbligo di partecipare alle sedute di consiglio e di giunta relative al bilancio di previsione ed al rendiconto di gestione, questo costituisce funzione aggiuntiva con la possibilità di richiedere l’adeguamento del compenso.
Lo statuto o il regolamento dovrebbero indicare se è consentito all’Organo di revisione intervenire nella discussione e verbalizzazione degli atti oppure se esso può soltanto assistere alla seduta. Data la natura politico-amministrativa di questi organi deliberanti appare più funzionale che il regolamento preveda soltanto forme di collaborazione rese in forma scritta e previo esame dei documenti e delle proposte di deliberazioni secondo la procedura prevista dalla legge, oppure che sia disposta la temporanea sospensione dei lavori per permettere all’organo di revisione di esprimersi.
Essendo facoltativa la partecipazione il collegio o il suo rappresentante in dette assemblee e riunioni può solo chiarire ed approfondire il contenuto delle determinazioni, valutazioni e decisioni adottate dall’Organo di revisione.
Gli eventuali interventi dell’Organo di revisione devono essere fedelmente riportati nei verbali dell’adunanza.
L’Organo di revisione può chiedere al sindaco ed al presidente (per gli altri enti diversi dal comune) la trasmissione dell’elenco delle deliberazioni adottate.
La presenza alle sedute, se ammessa, dovrà estendersi anche a quelle cosiddette riservate.
1.10. FUNZIONI
Le funzioni obbligatorie dell’Organo di revisione statuite dal comma 1 dell’art. 239 del Tuel comprendono i pareri richiesti dal principio contabile applicato 4/2 allegato al D.lgs. 118/2011 e da attestazioni, certificazioni e asseverazioni richieste da leggi e sono così riassumibili:
1.Collaborazione (art.239, comma 1 lettere a) e b) e comma 1-bis del Tuel)
pareri, con le modalità stabilite dal regolamento, in materia di:
1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;
2) proposta di bilancio di previsione, verifica degli equilibri e variazioni di bilancio escluse quelle attribuite alla competenza della giunta, del responsabile finanziario e dei dirigenti, a meno che il parere dei revisori sia espressamente previsto dalle norme o dai principi contabili, fermo restando la necessità dell’Organo di revisione di verificare, in sede di esame del rendiconto della gestione, dandone conto nella propria relazione, l’esistenza dei presupposti che hanno dato luogo alle variazioni di bilancio approvate nel corso dell’esercizio, comprese quelle approvate nel corso dell’esercizio provvisorio;
3) modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;
4) proposte di ricorso all’indebitamento;
5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia;
6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;
7) proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali;
pareri richiesti dal Tuel e dal Principio contabile applicato della contabilità finanziaria – allegato 4/2 e 4/3 al D.Lgs. n. 118/2011 – e più precisamente:
1) parere su riaccertamento ordinario residui;
2) parere sul DUP e suo aggiornamento;
3) parere sul piano di rientro disavanzo d’amministrazione;
4) parere sul piano di riequilibrio finanziario;
5) parere su variazione bilancio in esercizio provvisorio per utilizzo avanzo vincolato;
6) verifica congruità accantonamenti per contenzioso;
7) parere sulla convenienza ad effettuare manutenzione straordinaria su beni di terzi.
altri pareri e relazioni (per approfondimento si rinvia al principio di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli enti locali n. 2).
2.Vigilanza (art. 239, co. 1, lett. c), Tuel)
L’attività di vigilanza è una tipica funzione degli organi di controllo. Le aree di attività da sottoporre alla vigilanza e al controllo sono le seguenti:
acquisizione delle entrate;
effettuazione delle spese;
attività contrattuale;
amministrazione dei beni;
adempimenti fiscali;
tenuta della contabilità.
L’evoluzione normativa nonché la giurisprudenza contabile ha rinforzato la funzione di vigilanzarispetto a quella di collaborazione.
La Corte dei Conti Sezione Autonomie con delibera n.2/1992 della Corte dei conti ha precisato che la vigilanza sulla regolarità amministrativa e contabile deve essere svolta dai revisori sull’intera gestione diretta ed indiretta dell’ente, ivi comprese le partecipazioni finanziarie sotto qualsiasi forma espresse. È una attività gestionale, sistematica, duratura e tipicamente ausiliaria che non sfocia in un atto tipico (relazione, parere, etc.), ma in una denuncia ad altro organo cui compete provvedere.
Inoltre la Corte Costituzionale con sentenza n. 29/1995 ha ritenuto, in merito al modello di controllo che “i parametri, i criteri di valutazione ed i modelli operativi del controllo, il cui carattere è essenzialmente empirico, non possono essere tutti individuati e definiti a livello normativo, ma devono essere elaborati dallo stesso organo di controllo sulla base non più della sola contabilità pubblica, e quindi in chiave giuridica, ma anche delle conoscenze tecnico scientifiche delle discipline economiche aziendalistiche e statistiche.”
In tema di vigilanza si è espressa anche la Corte suprema di Cassazione che con sentenza 33843/2018 evidenzia come penalmente rilevante (reato di falso ideologico) la condotta del revisore che in qualità di pubblico ufficiale non ha adeguatamente vigilato sui bilanci consuntivi e preventivi fornendo pareri positivi nelle proprie relazioni e nonostante gravi e reiterati artifici ed errori contabili che alteravano e dissimulavano la reale consistenza della crisi finanziaria dell’ente. La Corte attribuisce all’organo di controllo che non esegue in maniera adeguata e professionale l’attività di vigilanza una condotta complessa sia attiva ovvero consistente nella dichiarazione di congruità delle previsioni di bilancio e nell’attestazione della corrispondenza dei rendiconti alle risultanze della gestione sia omissiva ovvero omettendo consapevolmente di segnalare le gravi alterazioni contabili e le irregolarità delle procedure.
L’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 90/E del 2010 ha affermato che l’Organo di revisione degli enti locali svolge la stessa funzione di garanzia – in merito alla regolarità contabile e finanziaria – che il D. Lgs. n. 39 del 27 gennaio 2010 attribuisce al revisore legale relativamente alla situazione contabile e finanziaria delle società di capitali, presso le quali esercita la funzione e che tra le competenze dell’Organo di revisione rientra quella di asseverare i conti pubblici, nel senso proprio di garantire che gli elementi contabili comunicati all’amministrazione finanziaria corrispondano a quelli indicati dalle scritture contabili. Conclude la risoluzione affermando che la sottoscrizione dell’Organo di revisione ha la stessa valenza giuridica del visto di conformità di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 241/97.
Il D.L. n. 174/2012 con l’introduzione dell’art.147-quinquies del Tuel ha disposto che l’Organo di revisione vigila sul sistema di controllo degli equilibri finanziari dell’ente locale.
In questo quadro normativo di riferimento il legislatore negli ultimi anni è intervenuto, con l’intento di potenziare il controllo, affidando all’organo di controllo adempimenti aggiuntivi che ampliano, di fatto, le funzioni di vigilanza assegnate dal Tuel.
Per lo specifico approfondimento sull’attività di collaborazione e vigilanza si rinvia ai principi di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli enti locali n. 2 e n.4.
Di seguito si sintetizzano le attività dell’Organo di revisione con specifico riferimento all’art. 239 del Tuel.
Relazione al rendiconto (art. 239, co. 1, lett. d), Tuel)
La relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto sulla gestione presenta quale contenuto essenziale l’attestazione della corrispondenza del rendiconto (conto del bilancio, conto economico e conto del patrimonio) alle risultanze della gestione.
Il termine per formulare la relazione deve essere previsto nel regolamento di contabilità e comunque non può essere inferiore a 20 giorni decorrenti dalla trasmissione della proposta approvata dall’organo esecutivo
Per l’approfondimento si rinvia ai documenti principi di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli enti locali n.5 e n.9.
Relazione al bilancio consolidato (art.239 co. 1, lett. d bis), Tuel)
È richiesta una relazione dell’Organo di revisione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del bilancio consolidato di cui all’art. 233-bis e sullo schema di bilancio consolidato che l’Ente locale deve deliberare entro il 30 settembre.
Il termine per formulare la relazione deve essere previsto nel regolamento di contabilità e comunque non può essere inferiore a 20 giorni decorrenti dalla trasmissione della proposta approvata dall’organo esecutivo
Si rammenta che ai sensi dell’art. 233-bis del Tuel gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti possono non predisporre il bilancio consolidato.
Per l’approfondimento specifico si rinvia al principio di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli enti locali n.12.
Verifiche di cassa (art. 239, co. 1, lett. f), Tuel)
L’Organo di revisione deve provvedere (art. 223, TUEL) con cadenza trimestrale alle verifiche ordinarie di cassa, alle verifiche della gestione del servizio di tesoreria e delle gestioni degli altri agenti contabili (economo, riscuotitori speciali, consegnatari, sub-consegnatari, ecc.).
Per l’approfondimento specifico si rinvia al principio di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli enti locali n.8.
Referto-segnalazione di gravi irregolarità (art. 239, co. 1, lett. e), Tuel)
Il legislatore dispone l’obbligo di referto all’organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità.
Gli aspetti procedurali di tale referto devono essere precisati nel regolamento (tempi della denuncia, contenuto della stessa, soggetto a cui indirizzarla, utilizzo, ecc.).
Per la trattazione delle irregolarità si rimanda alla specifica trattazione nel paragrafo n.4.7 del principio di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli enti locali n.4.
1.11. FASI DELLA REVISIONE
L’attività dell’Organo di revisione deve essere ispirata ai criteri dettati dai presenti principi di vigilanza e controllo che rappresentano una regola etico-professionale cui uniformarsi nella formulazione del giudizio e il cui adempimento costituisce un parametro di riferimento per valutare il corretto esercizio della funzione di revisione.
I modelli operativi dell’attività di revisione, che ha carattere sostanzialmente empirico, non possono essere completamente predefiniti da normative o disposizioni regolamentari ma sono rimesse alle conoscenze e competenze professionali dell’Organo di revisione, il quale potrà affidarsi non solo alle regole previste dalla contabilità pubblica ma anche alle conoscenze tecnico-scientifiche delle discipline aziendalistiche, economico-giuridiche, statistiche (cfr. Corte Costituzionale 12-27 gennaio 1995 n.29).
Utile al diligente svolgimento della revisione è una adeguata programmazione e pianificazione delle attività e delle fasi di revisione: ciò al fine di limitare e/o ridurre il “rischio” di revisione ovvero il rischio che, a seguito di controlli e verifiche che non hanno consentito di rilevare irregolarità, il bilancio rispetti comunque il principio di veridicità e il rendiconto venga giudicato corretto sebbene non rappresentativo della realtà.
Il rischio di revisione, considerati i limiti intrinseci del controllo, non può essere completamente eliminato neppure in presenza di una revisione pianificata e svolta in maniera eccepibile che comporterebbe una verifica capillare e totale che però è oggettivamente impossibile.
La programmazione dell’attività e la pianificazione consente all’Organo di revisione di ridurre il rischio di revisione ad un livello “accettabile” e di adottare un modus operandi adeguato che incide anche sul piano delle responsabilità imputabili all’Organo di revisione: se, infatti, l’errore si verifica nonostante
lo svolgimento di programmata e adeguata verifica, ma l’Organo ha provveduto a segnalare nelle sue relazioni le criticità procedurali riscontrate e che hanno inciso negativamente sulla gestione e sulla contabilità, ha evidenziato rilievi ed eccezioni e ha suggerito gli accorgimenti idonei a rimuovere l’errore, nessuna responsabilità potrà essere imputata all’Organo.
Le fasi della revisione possono essere programmate e pianificate in modo progressivo e così schematizzate:
PIANIFICAZIONE PROGRAMMAZIONE ESECUZIONE CONCLUSIONE PIANIFICAZIONE
Nella fase di pianificazione l’Organo di revisione provvede ad esaminare l’ente e la sua struttura organizzativa, compreso il controllo interno, e il contesto in cui l’ente opera, al fine di individuare eventuali criticità e valutare i rischi significativi.
PROGRAMMAZIONE
Nella successiva fase di programmazione l’Organo di revisione deve identificare le aree e i fattori di rischio, e sulla base della mappatura, impostare le attività programmando le verifiche da attuare, l’ampiezza delle attività da svolgere, le tempistiche per realizzarle e, nel caso di organo collegiale, la suddivisione dei compiti.
In tal senso si sottolinea che l’Organo di revisione non si dovrà limitare alle verifiche periodiche trimestrali ma dovrà adeguare e strutturare i controlli in ragione degli obiettivi di vigilanza e controllo prefissati nella fase di programmazione e utili a rendere efficiente la sua attività di vigilanza.
ESECUZIONE
Definito il perimetro di azione e gli obiettivi da perseguire, l’Organo di revisione, nella fase di esecuzione, deve definire le procedure di revisione appropriate in risposta ai rischi identificati e adeguate in base alla programmazione.
Le procedure di revisione, di cui si rimanda all’approfondimento del successivo paragrafo 1.12, sono finalizzate ad acquisire, nel corso dello svolgimento dell’attività di vigilanza e controllo, gli elementi necessari a fondare il giudizio di revisione. La fase di esecuzione è pertanto tesa a verificare non solo il rispetto della legge, dei regolamenti e dei principi contabili ma anche ad esaminare le procedure relative al sistema contabile- amministrativo e le tecniche previste dalle procedure interne dell’Ente.
A titolo esemplificativo e non esaustivo l’Organo di revisione deve testare l’efficacia del sistema di controllo interno mediante sondaggi a campione, che presuppongono l’acquisizione di informazioni attraverso interviste ai responsabili di settore o unità operative, o con conferme esterne e/o conte fisiche.
Ogni operazione eseguita dovrà essere documentata e risultare da verbali e/o da carte di lavoro e le tecniche utilizzate per eseguire tali verifiche dovranno essere adeguatamente motivate sia per quanto concerne la loro idoneità a garantire che il campione selezionato e verificato sia rappresentativo e significativo sotto il profilo qualitativo e quantitativo (del bilancio, del rendiconto, etc.), sia a verificare l’effettiva applicazione delle tecniche e il corretto funzionamento delle procedure amministrative. Si rimanda ai successivi paragrafi per l’approfondimento sulle metodologie e tecniche di campionamento.
CONCLUSIONE
In base agli elementi acquisiti e ai risultati raggiunti ed enucleati nella documentazione del lavoro svolto (carte di lavoro), nella fase finale della revisione l’Organo di revisione emette un giudizio in merito alla regolarità contabile, finanziaria ed economica, formulando rilievi, rilevando eccezioni, esprimendo considerazioni, avanzando proposte che confluiranno nella relazione o parere. L’organo esplicita l’esito della sua attività procedendo all’elaborazione dei verbali di verifica, dei pareri, delle relazioni, o in caso di gravi irregolarità riscontrate nella gestione, di referti.
La diligente esecuzione dell’incarico richiede la verbalizzazione dell’attività e la corretta e precisa tenuta di documentazione atta a provare l’attività svolta.
All’esito di tale fase l’Organo di revisione esprime una motivata valutazione di congruità e quindi emette un giudizio sull’esistenza/inesistenza e affidabilità/inaffidabilità del controllo interno.
In presenza di evidenze negative l’Organo di revisione deve relazionare all’organo consiliare le debolezze riscontrate nelle procedure amministrative, indicare le criticità rilevate fornendo anche le misure da adottare per sanare o ridurre tali aspetti negativi.
In particolare, nel caso in cui l’Organo di revisione abbia riscontrato che le procedure di controllo interno sono inesistenti o inaffidabili, esso dovrà predisporre ulteriori controlli di dettaglio sull’output della contabilità generate da tali procedure e ampliare le verifiche, applicando il metodo motivato del campionamento. In tal caso, l’Organo di revisione non risponderà di eventuali errori non rilevati o non riscontrati nella misura in cui abbia dato evidenza nell’apposita relazione le criticità procedurali che fisiologicamente possano generare errori nella contabilità e nella gestione.
Nell’ipotesi in cui la fase di conclusione fornisca risultati soddisfacenti in merito alla “tenuta” delle tecniche di controllo, l’Organo di revisione deve verificare, attraverso sondaggi e interviste, l’effettiva applicazione delle tecniche di controllo e il corretto funzionamento delle procedure amministrative. In tal modo l’Organo di revisione sarà in grado di valutare se le procedure amministrative funzionano, se sono effettivamente seguite, sarà in grado di controllare la validità tecnica e l’efficacia delle procedure amministrative dell’ente.
1.12. PROCEDURE DI REVISIONE
Nello svolgimento dell’attività di vigilanza e controllo, ed in particolare nella fase di esecuzione, l’Organo di revisione deve definire e svolgere procedure di revisione che gli consentano di acquisire elementi probativi sufficienti e appropriati per poter trarre conclusioni ragionevoli su cui basare il proprio giudizio. Ogni informazione che viene utilizzata dall’Organo di revisione per giungere alle conclusioni su cui basa il proprio giudizio costituisce un elemento probativo ovvero l’insieme delle informazioni contenute nelle rilevazioni contabili e qualsiasi altra informazione acquisita.
Gli elementi probativi sono di natura cumulativa e si acquisiscono principalmente mediante le procedure di revisione svolte nel corso dell’attività di verifica nel corso dell’esercizio, ma possono, tuttavia, includere anche le informazioni acquisite da altre fonti quali le revisioni eseguite nei precedenti esercizi o le procedure relative all’accettazione ed al mantenimento dell’incarico. Gli elementi probativi includono sia le informazioni che supportano e confermano quanto riportato dall’Amministrazione dell’Ente, sia eventuali elementi contraddittori di tali informazioni. Inoltre, in alcuni casi l’assenza di informazioni (per esempio, il rifiuto a fornire documentazione richiesta) può essere utilizzata dall’Organo di revisione come elemento probativo.
Affinché l’Organo di revisione acquisisca elementi probativi attendibili, è necessario che le informazioni che vengono prodotte dall’Ente locale e utilizzate per lo svolgimento delle procedure di revisione siano sufficientemente complete, accurate, precise e dettagliate per le finalità della revisione.
1.12.1. Il campionamento di revisione
La lettera c) del comma 1 dell’art. 239 del Tuel relativamente alle funzioni di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione, relativamente all’acquisizione delle entrate, all’effettuazione delle spese, all’attività contrattuale, all’amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità afferma che l’Organo di revisione svolge queste funzioni anche con tecniche motivate di campionamento.
Nello svolgimento di appropriate procedure e di adeguate metodologie di revisione contabile l’Organo di revisione può decidere di utilizzare il campionamento al fine di sviluppare opportune risposte ai rischi di errori significativi: il revisore si pone pertanto come obiettivo quello di acquisire elementi probativi in base ai quali, con ragionevole certezza, trarre conclusioni sulla popolazione dalla quale il campione è selezionato.
Metodi appropriati per selezionare le voci da sottoporre a verifica e raccogliere gli elementi probativi sono i seguenti:
campionamento statistico
selezione di tutte le voci analizzando così il 100 % del campione (selezione integrale)
selezione di voci specifiche (campionamento soggettivo o ragionato)
Tali metodi possono essere alternativi tra di loro o utilizzati congiuntamente.
1.12.2. Le regole di campionamento
Con il campionamento l’Organo di revisione determina le modalità di selezione delle voci o unità di
campionamento all’interno di una popolazione, ovvero l’insieme completo dei dati, sottoposta a verifica al fine di ottenere e valutare elementi probativi su determinate caratteristiche delle voci selezionate e trarre valide conclusioni sulla intera popolazione dalla quale il campione è estratto.
Si definisce campionamento di revisione l’applicazione delle procedure di revisione su una percentuale inferiore al 100% degli elementi che costituiscono la popolazione rilevante ai fini della revisione contabile in modo che tutte le unità di campionamento abbiano una possibilità di essere selezionate e fornire al revisore elementi ragionevoli in base ai quali trarre le proprie conclusioni sull’intera popolazione.
Nella definizione e nella selezione del campione di revisione, nello svolgimento di procedure di conformità e di dettaglio l’Organo di revisione può utilizzare il campionamento statistico o non statistico.
Le procedure di conformità sono tese a verificare se i controlli interni dell’ente siano o meno efficaci e poiché tali procedure devono fornire la prova del funzionamento di controlli chiave, per testare se gli stessi siano efficaci, ed abbassino di conseguenza il rischio di controllo, le verifiche riguarderanno soltanto attributi qualitativi delle singole voci (siano esse operazioni o documenti), senza che sia attribuita alcuna importanza ai valori monetari; per tale motivo si parla in generale di campionamento per attributi.
Le procedure di dettaglio sono invece tese ad individuare eventuali errori significativi: lo scopo del revisore è verificare, con un livello accettabilmente basso di rischio di campionamento, che l’errore eventuale nella popolazione non ecceda il livello di significatività operativa. Nei test di dettaglio l’Organo di revisione può utilizzare tecniche di campionamento più o meno sofisticate, ma sempre legate alle unità monetarie, fra le quali quella di uso più comune è quella nel MUS (Monetary Unit Sampling, campionamento per unità monetarie) anche definita come PPS (Probability Proportional to Size).
I processi di campionamento possono essere classificati come segue:
campionamenti statistici, le cui principali modalità sono rappresentate da:
campionamento statistico casuale stratificato o non stratificato;
campionamento sistematico;
campionamento a blocchi;
campionamento per unità monetarie.
campionamenti non statistici, che possono essere:
a scelta ragionata (cosiddetto targeted testing);
campionamento casuale.
Si definisce campionamento statistico (a) qualsiasi metodologia che possieda le caratteristiche di selezione casuale degli elementi del campione e di utilizzo del calcolo delle probabilità inclusa la
determinazione del rischio di campionamento. Con il campionamento statistico gli elementi del campione sono selezionati in modo che ciascuna unità di campionamento abbia una probabilità di essere selezionata, mentre con il campionamento non statistico la selezione del campione è basata sul giudizio professionale.
Non sempre nella revisione è però utile/efficiente procedere con un campionamento (statistico ovvero non statistico) di una popolazione. Il giudizio professionale diventa quindi rilevante e va documentato nelle carte di lavoro.
La valutazione del revisore se utilizzare un approccio di campionamento statistico ovvero non statistico è fondamentale:
quando la popolazione non è omogenea (fonti contabili diverse per stesso mastro)
quando la popolazione è composta da pochi elementi
quando pochi elementi coprono la maggior parte del saldo
laddove sia obbligatorio selezionare il 100% degli elementi
quando il revisore non sia disponibile ad accettare l’incertezza insita negli elementi non campionati della popolazione
quando il revisore ritenga opportuno selezionare voci specifiche della popolazione non comuni a tutti
La scelta di selezionare tutte le voci ovvero l’applicazione del metodo integrale (b) può essere appropriata, per esempio, quando la popolazione è costituita da un numero limitato di voci di valore elevato e, quindi, sia per la significatività intrinseca delle voci da verificare, sia per il limitato lavoro da svolgere, risulta appropriato ed efficiente l’azzeramento del rischio di campionamento (e di conseguenza del rischio di individuazione e di revisione). La selezione integrale può essere appropriata anche nel caso in cui esista un rischio significativo e vi è la necessità di azzerare il rischio di campionamento e, pertanto, in assenza di metodi alternativi, è maggiormente efficiente selezionare e analizzare tutte le voci.
Il campionamento soggettivo o ragionato (c) presuppone invece la decisione dell’Organo di revisione di selezionare alcune voci specifiche (di una popolazione più ampia) e implica pertanto l’esercizio del giudizio professionale del revisore nello stabilire:
la dimensione del campione (ad esempio si verificano tutte le voci che presentano un saldo contabile superiore a d un determinato importo);
gli elementi da selezionare (ad esempio, voci specifiche soggette a rischio o inusuali o per le quali in passato si sono riscontrati errori);
l’affidabilità della popolazione in base ai risultati del campione esaminato.
Mutuando quanto indicato nel principio di revisione internazionale ISA (Italia) n. 530, paragrafo A3, neldefinire un campione, il revisore determina l’errore accettabile per fronteggiare il rischio che l’insieme di errori singolarmente non significativi possa rendere il bilancio significativamente errato e per fornire un margine per eventuali errori non individuati. L’errore accettabile costituisce l’applicazione ad una determinata procedura di campionamento della significatività operativa per la revisione. L’errore accettabile può essere lo stesso importo o un importo inferiore alla significatività operativa per la revisione.
Un campionamento soggettivo o ragionato ben disegnato e che prenda a base fattori che sarebbero considerati anche in una procedura di campionamento statistico, può condurre a risultati efficaci quanto quelli derivanti da una procedura statistica.
Occorre tenere presente che una differenza rilevante tra le procedure di campionamento statistiche e quelle di tipo soggettivo o ragionato è che solo nel primo caso la misura del rischio di campionamento è determinata in modo esplicito per cui è possibile proiettare, con il calcolo delle probabilità, i risultati delle procedure di revisione applicate alle sole voci selezionate sull’intera popolazione.
In generale, stante lo scopo del campionamento di fornire elementi ragionevoli al revisore in base ai quali trarre conclusioni sulla popolazione dalla quale il campione è estrapolato è importante che il revisore selezioni un campione rappresentativo in modo da evitare distorsioni scegliendo elementi che abbiano le caratteristiche tipiche del campione.
1.12.3. Il rischio di campionamento
Il rischio di campionamento è il rischio che le conclusioni dell’Organo di revisione, sulla base di un campione, possano essere diverse da quelle che si sarebbero raggiunte se l’intera popolazione fosse stata sottoposta alla procedura di revisione.
Il modello di riferimento per l’approccio al campionamento è quello riconosciuto a livello internazionale dell’Audit Risk Model. Tale modello si basa sulla determinazione del rischio di revisione (rischio che il revisore esprima un giudizio non corretto in presenza di errori o irregolarità significative).
Il rischio di revisione viene scomposto in tre componenti definite rispettivamente come rischio intrinseco (Inherent risk, IR), rischio di controllo (Control risk, CR) e rischio di non individuazione del revisore (Detection risk, DR).
Il rischio di revisione AR viene, quindi, determinato nel seguente modo:
AR = IR x CR X DR
Da cui si ricava che il rischio di non individuazione del revisore (Detection risk, DR) è pari a:
𝑫𝑹= 𝐀𝐑 𝐈𝐑𝐱𝐂𝐑
AR = Rischio di revisione (Audit Risk)
IR = Rischio Intrinseco (Inherent Risk)
CR = Rischio di controllo interno (Control Risk)
DR = Rischio di non individuazione (Detection Risk)
Rischio intrinseco
Il Rischio Intrinseco rappresenta il rischio che la gestione contabile, finanziaria ed economica presenti errori o irregolarità significativi indipendentemente dall’esistenza di procedure di controllo interno. Il rischio intrinseco dipende dalla natura delle attività svolte dall’ente nonché da fattori esterni (politici, culturali, economici, attività di tipo commerciale, creditori e debitori, ecc.) e da fattori interni (tipo di organizzazione, procedure, competenze dell’organico, modifiche recenti nella struttura, ecc.).
I rischi intrinseci devono essere individuati e valutati prima di avviare procedure di revisione dettagliate.
L’identificazione e la valutazione dei rischi intrinseci avvengono sulla base della conoscenza dell’ente e del contesto in cui opera. Utili procedure, a tal fine, sono i colloqui con i dirigenti o i responsabili di funzione chiave, l’esame di informazioni emergenti dall’organigramma, dai regolamenti, dai bilanci e dai rendiconti, dagli errori e dalle non conformità riscontrate nel passato, dagli esiti di eventuali ispezioni di autorità di vigilanza o di altri soggetti a ciò deputati, ecc.).
L’Organo di revisione valuta il rischio intrinseco con riferimento alla popolazione oggetto di controllo secondo la scala quantitativa ALTO o BASSO.
Nella valutazione l’Organo di revisione terrà conto della probabilità di accadimento e dell’eventuale impatto dell’errore o dell’irregolarità significativa.
Rischio di controllo
Il Rischio di controllo è il rischio che un errore o una irregolarità significativa che potrebbe verificarsi nella gestione contabile, finanziaria ed economica non sia prevenuta o tempestivamente individuata dalle procedure di controllo interno dell’ente.
I rischi di controllo, pertanto, sono correlati all’efficacia della gestione dei rischi intrinseci da parte dell’ente e dipendono dal sistema dei controlli interni di cui l’ente si è dotato e dalla efficacia dello stesso.
I rischi di controllo possono essere valutati tramite indagini, osservazioni, flussi informativi ricevuti dal responsabile dei controlli interni, verifiche di conformità dei controlli chiave posti in essere dall’ente.
Il rischio di controllo viene valutato secondo una scala qualitativa: ALTO (affidabilità del sistema dei controlli interni);
BASSO (non affidabilità del sistema dei controlli interni),sulla base della conoscenza ed eventuale verifica (test di conformità) delle procedure di controllo interno. Laddove l’Organo di revisione volesse fare affidamento sulle procedure di controllo interno per mitigare un rischio intrinseco valutato ALTO dovrà svolgere appositi test di conformità sulle procedure di controllo interno.
Il prodotto del rischio intrinseco (IR) per il rischio di controllo (CR) è definito come “Rischio di errori significativi”.
Rischio di non individuazione
Il rischio di non individuazione è il rischio che l’Organo di revisione non individui errori o irregolarità significative ed è in funzione della valutazione delle altre due componenti di rischio (IR e CR).
I rischi di non individuazione dipendono dall’appropriatezza e dalla sufficienza dei controlli svolti, tra cui la metodologia di campionamento.
Il rischio di errori o irregolarità significative (AR) non potrà mai essere azzerato ma deve essere portato ad un livello accettabilmente basso che nella prassi internazionale di revisione è pari al 5%.
Il modello di affidabilità è l’opposto del modello di rischio per cui per determinare un rischio di revisione pari al 5% occorre assicurare un livello di confidenza pari al 95%.
L’utilizzo del Modello del rischio di revisione/di affidabilità consente di cogliere due obiettivi:
assicurare un elevato livello di affidabilità. L’affidabilità è garantita ad un determinato livello (ad esempio del 95% laddove il rischio di revisione è pari al 5%);
svolgere procedure di revisione in modo efficiente. Se il livello di affidabilità è pari, ad esempio, al 95% il revisore deve elaborare procedure di revisione che tengano conto del rischio intrinseco (IR) e del rischio di controllo (CR). In questo modo il revisore concentrerà l’attività di audit sulle aree più a rischio riducendola, invece, su quelle a basso rischio.
La determinazione del rischio di non individuazione (DR) influenza l’estensione del campionamento di revisione ed è un risultato diretto della formula:
𝑫𝑹= 𝐀𝐑 𝐈𝐑𝐱𝐂𝐑
Dove se AR è fissato al 5% (rischio ritenuto accettabilmente basso) sarà la valutazione fatta dal revisore del rischio intrinseco e del rischio di controllo a determinare il rischio di non individuazione.
Il rischio di revisione risultante dall’applicazione dell’Audit Risk Model proposto potrà assumere le seguenti connotazioni:
RISCHIO INTRINSECO
RISCHIO DI CONTROLLO
IR
CR
IR x CR
AR
DR
LIVELLO DI CONFIDENZA
FATTORE DI CONFIDENZA
A LTO
A LTO
100%
100%
100%
5%
5%
95%
3,0
A LTO
BASSO
100%
36%
36%
5%
14%
86%
2,0
BASSO
A LTO
36%
100%
36%
5%
14%
86%
2,0
BASSO
BASSO
36%
36%
13%
5%
39%
61%
1,0
1.12.4. La determinazione dei livelli di significatività
La significatività dell’errore è un concetto fondamentale nella revisione. Un errore è considerato significativo quando ci si può ragionevolmente attendere che, considerato singolarmente o aggregato con altri errori, sia in grado di influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio.
Ai soli fini della determinazione degli elementi da selezionare nell’ambito di una popolazione monetaria da assoggettare a controllo, l’Organo di revisione stabilisce i seguenti livelli di significatività:
a) significatività complessiva, intesa come livello massimo di errore tollerabile sul rendiconto dell’ente nel suo complesso;
b) significatività operativa, intesa come importo o importi stabiliti dall’Organo di revisione in misura inferiore alla significatività complessiva, al fine di ridurre ad un livello appropriatamente basso la probabilità che l’insieme degli errori non corretti e non individuati superi la significatività complessiva. Ove applicabile, la significatività operativa per la revisione si riferisce anche all’importo o agli importi stabiliti dal revisore in misura inferiore al livello o ai livelli di significatività per particolari classi di operazioni, saldi contabili o informativa;
c) errore chiaramente trascurabile, inteso come importo al di sotto del quale gli errori sono considerati chiaramente trascurabili e, di conseguenza, non necessitino di essere cumulati in quanto il revisore si attende che l’insieme di tali importi chiaramente non avrà un effetto significativo sul rendiconto.
Nell’ambito degli enti locali un parametro di determinazione della significatività complessiva potrebbe essere individuato in un range che va da un minimo dell’1% delle entrate correnti ad un massimo del 3% delle stesse. Le entrate correnti possono, infatti, essere assimilate ai ricavi delle società commerciali e rappresentano una voce significativa per gli equilibri dell’ente e per le aspettative che i principali utilizzatori nutrono sull’informativa finanziaria.
La significatività operativa viene determinata assumendo un valore compreso tra il 60% e l’85% della significatività complessiva.
L’errore chiaramente trascurabile viene determinato in un intervallo che va dal 5% al 15% della significatività operativa.
In alcuni casi, può essere necessario utilizzare un livello di significatività specifica, inferiore alla significatività complessiva, in relazione a verifiche su particolari classi di operazioni, periodi temporali di indagine, saldi contabili.
L’errore tollerabile nelle procedure di campionamento è definito come l’importo monetario stabilito dal revisore rispetto al quale egli cerca di acquisire un appropriato livello di sicurezza sul fatto che l’importo determinato non sia superato dagli effettivi errori presenti nella popolazione indagata.
L’errore tollerabile può essere lo stesso importo o un importo inferiore alla significatività operativa e determina la natura e l’estensione delle procedure di campionamento.
35
1.12.4.1. Metodo di campionamento
Il metodo di campionamento consta di due elementi:
i criteri del campionamento (ad esempio con uguali probabilità; con probabilità proporzionali alla dimensione);
le procedure di proiezione degli errori (stima).
1.12.4.2. Il campionamento per attributi nei test di conformitàL’Organo di revisione, tramite i test di conformità, acquisisce l’evidenza che un controllo interno opera in modo efficace durante il periodo nel quale intende farvi affidamento (trimestre; anno; ecc.).
I controlli interni possono operare in modo efficace o non efficace ed essere, quindi, affidabili o non affidabili. Controlli interni non affidabili sono quelli in cui è probabile che sia riscontrata una deviazione.
La natura della popolazione oggetto di campionamento (composta da elementi oggetto di indagine per i quali non assume alcun rilievo l’importo monetario) fa sì che le dimensioni del campione sono spesso contenute in quanto ci si aspetta che non vi siano deviazioni.
L’Organo di revisione considera - nelle operazioni di campionamento per attributi propedeutiche allo svolgimento di test di conformità dei controlli interni - efficaci (e quindi attendibili) i controlli esaminati laddove non riscontri alcuna deviazione.
La dimensione del campione viene, di norma, determinata nel seguente modo:
Nella prassi, per verificare l’efficacia di procedure ricorrenti di controllo interno di tipo manuale, con un basso rischio di non conformità, si utilizza un livello di confidenza leggermente superiore al 90% a cui corrisponde un livello di confidenza pari a 2,5.
La dimensione del campione, su base annua, utilizzando la formula sopra esposta, ammonta a n. 25.
2,5 Dimensione del campione = ----------------- = n. 25
0,10
Nel caso di rischio di non conformità valutato alto, l’estensione del test, su base annua, sarà pari a n.60 (livello di confidenza del 95% a cui corrisponde il fattore di confidenza 3)
La selezione del campione, non essendo influenzata da valori monetari, potrà avvenire in modo casuale, ossia fornendo la stessa probabilità di selezione ad ogni documento o altro oggetto di controllo.
1.12.4.3. Il campionamento monetario nei test di dettaglio
Laddove l’Organo di revisione valuti di ricorrere al campionamento statistico per unità monetarie la tecnica MUS (Monetary Unit Sampling, campionamento per unità monetarie) è sviluppata nella revisione per analizzare popolazioni che dovrebbero possedere una percentuale di deviazioni molto bassa, come è lecito prevedere in condizioni normali di rischio.
I limiti intrinseci all’utilizzo della tecnica MUS sono:
la frequenza degli errori non deve essere elevata (di solito non superiore al 10%);
la popolazione deve essere sufficientemente ampia;
l’errore associato a ciascun saldo non può essere superiore al suo valore monetario;
l’esclusione dei saldi nulli o negativi; se da un lato esistono strumenti statistici correttivi di questa
fattispecie, d’altra parte è più efficiente depurare le liste da tali valori, che a ben vedere, rappresentando potenziali anomalie, ben giustificherebbero in termini revisionali una separata considerazione.
I vantaggi dal punto di vista della gestione del rischio di un approccio statistico sono evidenti. Il campione statistico richiede la considerazione di altri fattori, oltre al campionamento casuale, che incidono sulla determinazione del campione:
a) il livello di confidenza;
b) illivellodierroretollerabile(nelcampionamentodidettaglioomonetario)oillivellodideviazione accettabile (nel campionamento per attributi).
Il livello di confidenza rappresenta il livello di rischio di campionamento che l’Organo di revisione reputa accettabile, ovvero, in altri termini, il livello di rischio che il revisore accetta che il campione non fornisca risultati corretti con riferimento all’intera popolazione; ad esempio, un livello di confidenza del 95% significa che nel 95% dei casi il campione fornisce risultati corretti ovvero proiettabili sulla popolazione nell’ambito dell’errore tollerabile.
Da un punto di vista pratico, a un livello di confidenza percentuale, viene associato un fattore di confidenza che verrà utilizzato per il calcolo della dimensione del campione statistico.
Secondo l’approccio metodologico indicato avremo che:
in caso di rischio basso l’intervallo di selezione sarà pari alla significatività operativa diviso 1;
in caso di rischio medio l’intervallo di selezione sarà pari alla significatività operativa diviso 2;
in caso di rischio alto l’intervallo di selezione sarà pari alla significatività operativa diviso 3;
Come è evidente tale tipo di approccio determina l’estensione del campione in funzione del rischio valutato.
La graduazione dei rischi è operata secondo la seguente scala:
ALTO
MEDIO
BASSO
Ad ogni rischio viene associato uno specifico fattore a cui corrisponde un livello di confidenza statistica.
Il fattore di rischio costituisce il divisore della significatività operativa. In questo modo la significatività operativa varia rispetto all’importo base, aumentando nel caso di rischi valutati bassi e, al contrario, diminuendo nel caso di rischi più elevati.
I fattori di rischio e i corrispondenti livelli di confidenza statistica adottati a fronte di ogni livello di valutazione sono riportati nella tabella che segue.
ALTO 3,0 95% MEDIO 2,0 86% BASSO 1,0 65%
Dovendo, ad esempio, decidere quanti capitoli relativi agli impegni di spesa di competenza sottoporre a controllo rispetto ad un totale di Euro 1.000.000, con una significatività operativa determinata dall’Organo di revisione in Euro 100.000, la metodologia proposta porta il revisore a campionare un numero di capitoli di spesa, a seconda del rischio valutato, nel seguente modo:
Rischio valutato
Divisore della significatività operativa
Livello di confidenza assicurato
Rischio valutato
(a)
Divisore della significatività operativa
(b)
Livello di confidenza statistica assicurato
(c)
Saldo complessivo impegni
(d)
Significatività operativa
(e)
Intervallo di selezione
(f) = e/b
Numero di capitoli di spesa da selezionare
(g) = d/f
ALTO 3,0 95% MEDIO 2,0 86% BASSO 1,0 61%
1.000.000 1.000.000 1.000.000
100.000 33.333 30 100.000 50.000 20 100.000 100.000 10
Individuati i capitoli da assoggettare a controllo l’Organo di revisione procederà, all’interno di ogni capitolo, a verificare gli importi più rilevanti (ad esempio quelle che superano l’importo dell’errore chiaramente trascurabile).
1.12.5. La proiezione degli errori
Per le verifiche di dettaglio, il revisore deve effettuare una proiezione degli errori riscontrati nel
campione sulla popolazione al fine di acquisire una percezione di massima della misura dell’errore e stabilire le conseguenti risposte di revisione.
Se l’errore rilevato può essere considerato come “anomalo” è possibile escluderlo dalla proiezione degli errori sulla popolazione.
Nel caso il campionamento abbia riguardato procedure di conformità, non è necessario operare alcuna proiezione delle deviazioni in quanto il grado di deviazione del campione rappresenta anche il grado di deviazione proiettato per la popolazione nel suo complesso.