Conte conti Lombardia deliberazione 299/2016.Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla compatibilità dell'indennità di disagio e di vigilanza e alla conseguente ripetibilità del credito agli appartenenti alla Polizia locale.


I magistrati contabili hanno ribadito che l'interpretazione delle norme contrattuali rientra nelle funzioni che il legislatore ha attribuito all'ARAN. Sulla questione, la giurisprudenza di merito (Corte d'Appello di Milano, sentenza 365/2015; Tribunale di Rimini, sentenza del 1° marzo 2012, Tribunale di Verona, sentenza del 23 febbraio 2012, Tribunale di Varese sentenza del 10 dicembre 2013) è favorevole alla compatibilità delle due indennità. In senso contrario si è espressa la Ragioneria Generale dello Stato secondo cui il personale dell'area della vigilanza è adeguatamente tutelato per la specificità delle prestazioni richieste e per l'impegno, la gravosità dei compiti e le responsabilità connesse, attraverso l'indennità di vigilanza

Alla luce dei principi generali di attendibilità e prudenza che devono presidiare, fra gli altri, la formazione delle previsioni di bilancio, è non solo opportuno, bensì anche doveroso, allocare nei fondi per passività potenziali una somma, adeguatamente stimata dai competenti uffici, a garanzia dell'eventuale esborso che l'ente potrebbe sostenere all'esito della definizione dei rapporti creditori con gli appartenenti alla Polizia locale, inerenti il trattamento economico connesso con la ripetizione delle indennità di disagio e di vigilanza.

 

nell’adunanza in camera di consiglio del 2 novembre 2016 ha assunto la seguente

DELIBERAZIONE

Vista la nota, prot. n. 83382 del 24 ottobre 2016, con la quale il sindaco del comune di Lecco ha rivolto alla Sezione una richiesta di parere ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del sindaco del comune sopra citato;

Udito il relatore dott. Gianluca Braghò;

PREMESSO IN FATTO

Il Sindaco del Comune di Lecco, mediante nota n. 83382 del 24 ottobre 2016, ha posto il seguente quesito.

Premesso che:

  1. il CCNL 1.4.1999 (art. 4) prevede che in contrattazione decentrata vengano stabiliti “i criteri, i

    valori e le procedure per la individuazione e la corresponsione dei compensi relativi alle finalità previste nell’art. 17, comma 2, lettera e) (compensare l’esercizio di attività svolte in condizioni particolarmente disagiate da parte del personale delle categorie A, B e C);

  2. il CCNL prevede per gli agenti di polizia locale che svolgono determinate attività la corresponsione dell’indennità di vigilanza sulla base del disposto dell’art. 37, comma 1 del CCNL 6.7.1995;

  3. la giurisprudenza di merito, Corte d’Appello di Milano, Sentenza 365/2015, Tribunale di Rimini 1.3.12, Tribunale di Verona 23.2.12, Tribunale di Varese 10.12.13 è favorevole alla

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Lombardia/299/2016/PAR

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

compatibilità delle due indennità mentre in senso contrario si è espressa la Ragioneria Generale

dello Stato;
Tutto ciò premesso si chiede parere:

sulla compatibilità delle due indennità (disagio e vigilanza);
sulla conseguente ripetibilità (nel termine di prescrizione decennale) di quanto sia stato

eventualmente restituito dagli agenti di polizia locale, a titolo di riversamento dell’indennità di disagio, restituzione avvenuto sul presupposto in realtà controverso della ritenuta incompatibilità delle due indennità.

Si chiede altresì, tenuto conto che la natura del debito non è inquadrabile nell’elenco tassativo di cui all’art. 194 del TUEL, se lo stesso sia da considerarsi come passività pregressa da impegnarsi secondo l’ordinaria procedura ai sensi dell’art. 191 del TUEL.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA ED OGGETTIVA

La Sezione, preliminarmente, è chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità della richiesta, con riferimento ai parametri derivanti dalla natura della funzione consultiva prevista dalla normazione sopra indicata.

Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei comuni, si osserva che il sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.

Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel co. 8, dell’art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente co. 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria della nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

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Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali.

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Venendo all’esame del primo quesito proposto nel caso di specie, si osserva che esso attiene ad aspetti interpretativi del contratto collettivo nazionale che riguardano la disciplina contrattuale di indennità di disagio (art. 17 CCNL 1.4.1999) e di vigilanza (art. 37 CCNL 6.7.1995); come ribadito anche dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti (cfr. deliberazione 56/CONTR/11 del 2 novembre 2011), “in sede consultiva e di nomofilachia, le Sezioni della Corte dei conti non possono rendere parere sull’interpretazione e sul contenuto della norma del contratto collettivo nazionale di lavoro (...) poiché, come più volte specificato, l'interpretazione delle norme contrattuali rientra nelle funzioni che il legislatore ha attribuito all’ARAN. Al riguardo, le Sezioni riunite si sono pronunciate in sede di nomofilachia con Delibera n. 50/CONTR/2010, con la quale hanno evidenziato che l’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi trova una sua compiuta disciplina nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”. Inoltre, in base ad un costante orientamento (cfr. ex multis anche Sezione delle autonomie n. 5/AUT/2006 del 17 febbraio 2006) “non possono ritenersi ammissibili, al fine di scongiurare possibili interferenze e condizionamenti, i quesiti che formano oggetto di esame da parte di altri Organi”.

Tali interpretazioni sono state costantemente fatte proprie dalla scrivente Sezione regionale di controllo (cfr., per tutte SRC Lombardia, deliberazioni n. 15/2012/PAR e n. 31/2015/PAR).

Sulla base di questa premessa il quesito proposto si ritiene oggettivamente inammissibile.

Ciò posto, ed in riferimento al quesito espresso in via subordinata, circa l’eventuale applicazione dell’art. 194 del T.U.E.L., la Sezione non può che precisare che, non essendo intervenuta una sentenza o altro provvedimento giurisdizionale, il sopravvenuto riconoscimento della sussistenza di un credito preesistente giuridicamente ed economicamente imputabile ad altre annualità, non può intervenire con la procedura del debito fuori bilancio.

Nel caso in esame soccorrono le ordinarie procedure di impegno di spesa in attuazione dei principi di veridicità, attendibilità e di prudenza nella redazione dei bilanci dell’ente locale.

Si richiamano in tal senso i condivisibili approdi consultivi cui è pervenuta altra Sezione regionale di controllo (Cfr. SRC Liguria, deliberazioni nn. 53/2015/PAR e 85/2016/PAR).

Le previsioni di bilancio presentano fisiologici margini di incertezza e, per tale motivo, il legislatore disciplina gli strumenti che permettono di coniugare programmazione e flessibilità. Oltre alle frequenti eventualità delle variazioni di fondi e della costituzione del fondo di riserva (oggetto di normazione negli artt. 175 e 166 del decreto legislativo n. 267 del 2000), rileva, nella fattispecie prospettata dal comune istante, il fondo “per spese potenziali” disciplinato dall’art. 167 del d.lgs. n. 267/2000.

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Sulla scorta delle suindicate disposizioni, riprendendo criteri di iscrizione propri della contabilità economico-patrimoniale, permette agli enti locali di stanziare nella missione “Fondi e accantonamenti”, all'interno del programma “Altri fondi”, accantonamenti riguardanti passività potenziali. Su questi ultimi non è possibile impegnare e pagare. I relativi prelevamenti, come prescritto dall’art. 176 del decreto legislativo n. 267 del 2000, sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno.

Se, a fine esercizio, questo non accade, le relative economie confluiscono nella quota accantonata del risultato di amministrazione, utilizzabile ai sensi di quanto previsto dall'art. 187, comma 3 (quando si accerta che la spesa potenziale non può più verificarsi, la corrispondente quota del risultato di amministrazione è liberata dal vincolo). L’esigenza di prudenza che deve permeare le previsioni di bilancio, imponendo di inserire al loro interno anche poste riferite ad obbligazioni passive solo potenziali, è ripresa dal principio contabile applicato della contabilità finanziaria, allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011, che, al paragrafo 5.1, lett. h), precisa come, nel caso di un contenzioso (cui può essere di fatto assimilata la situazione di contrasto interpretativo fra enti in ordine alla spettanza di determinate somme, prospettata dal comune istante), si sia in presenza di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento (l'esito del giudizio o del ricorso), con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa. In tale situazione, tuttavia, l'ente è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli oneri previsti dall’eventuale contenzioso sfavorevole, stanziando nell'esercizio le relative spese che, a fine esercizio, incrementeranno il risultato di amministrazione che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva.

A tal fine, il principio contabile sopra richiamato prescrive la necessaria costituzione di un apposito fondo rischi e impone all'organo di revisione dell'ente di verificarne la congruità dell’accantonamento. Quanto esposto rende evidente la differenza esistente, a livello normativo, fra la previsione di spesa, che costituisce, nell’osservanza dei principi contabili, criterio di quantificazione degli stanziamenti del bilancio ed il successivo impegno di spesa, ai cui fini, come prevede, l’art. 183 del decreto legislativo n. 267 del 2000 è necessaria l’insorgenza di una obbligazione giuridicamente perfezionata, in virtù della quale viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio (Cfr. funditus SRC Liguria deliberazione 53/2015/PAR, cit.).

In conclusione, nella fattispecie prospettata dall’amministrazione istante, alla luce dei principi generali di attendibilità e prudenza che devono presidiare, fra gli altri, la formazione delle previsioni di bilancio, è non solo opportuno, bensì anche doveroso, allocare nei fondi per passività potenziali una somma, adeguatamente stimata dai competenti uffici, a garanzia dell’eventuale esborso che l’ente potrebbe sostenere all’esito della definizione dei rapporti creditori con gli appartenenti alla Polizia locale, inerenti il trattamento economico connesso con la ripetizione delle indennità di disagio e di vigilanza.

P.Q.M.

La Sezione dichiara oggettivamente inammissibile il primo quesito, per come formulato. Nelle considerazioni che precedono la Sezione esprime il parere sul secondo quesito.

 

 

 

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