ARBITRATO

 

definizione di arbitrato

 

definizione di arbitrato, dal latino arbitratus, cioè giudizio, che è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie (cioè senza ricorso ad un procedimento giudiziario) in ambito civile e commerciale, svolta mediante l'affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla controversia, detti arbitri.

modi di accesso all'arbitrato: COMPROMESSO E CLAUSOLA COMPROMISSORIA


La più recente riforma della disciplina contenuta negli articoli 806 e ss. del codice di procedura civile è datata anno 2006 e, ad oggi, due sono i tradizionali modi di accesso all'arbitrato: compromesso e clausola compromissoria.

Con il compromesso le parti, a lite già tra loro insorta, decidono di devolverla ad arbitri derogando alle ordinarie regole di competenza. In questo caso essi stipulano un patto, un accordo ad hoc per la devoluzione di quella specifica lite.

Se invece le parti, in sede di redazione di un contratto, vi inseriscono una "postilla" (clausola) nella quale esprimono la loro comune volontà che, qualunque lite futura dovesse sorgere intorno a quel contratto, essa sarà devoluta ad arbitri, attuano il secondo modo di accesso all'arbitrato ossia una clausola compromissoria (art. 808 cpc.). E' questa seconda modalità quella che è prevalentemente utilizzata nella prassi e riguardo ad essa si è, storicamente, posto un problema: cosa succede se il contratto, in cui tale clausola viene inserita, viene impugnato perchè si pensa che sia invalido? Nel caso sia invalido, lo sarebbe anche la clausola compromissoria, poichè contenuta in quel contratto? E quindi, se gli arbitri pronunciano un lodo questo è inesistente per mancanza dell'accordo che attribuiva loro la potestà di giudicare? Oppure il lodo arbitrale regge indipendementemente dalla validità del contratto e la validità della clausola compromissoria va certamente valutata se posta in discussione, ma alla stregua di parametri autonomi e diversi dal giudizio sulla validità del contratto?
Prima l'evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale e, oggi, la stessa legge sanciscono un principio importante, quello della cd autonomia della clausola compromissoria, che risolve gli interrogativi che ci siamo posti appena sopra.
Secondo l'articolo 808 comma 3 del CPC:
"La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; (...)"
La ratio del principio di autonomia giustifica il trattamento differenziato, tra clausola e contratto in cui è inserita: "causa e oggetto della clausola compromissoria e i motivi del consenso (a questa) delle parti stanno del tutto indipendenti dalla funzione economica e giuridica del contratto che si vuol designare come principale".
Come chiaramente si esprime Francesco Carnelutti (uno dei più eminenti avvocati e giuristi della storia italiana e consigliere essenziale nella stesura del nostro Codice di procedura nel 1942): "è una precisa differenza di funzione e di struttura ... la distinzione tra il contratto e la clausola compromissoria; ... sotto la clausola compromissoria non vi sono affatto due interessi antitetici delle parti ... ma un interesse identico dell’una e dell’altra, rivolto a cercare il miglior giudice ...".

Questo principio, tuttavia, non può essere applicato indifferentemente in presenza di un arbitrato rituale o irrituale. Per stabilire la natura rituale o irrituale dell'arbitrato occorre interpretare la volontà delle parti, espressa nella clausola compromissoria, secondo le regole dettate dagli artt. 1362 cod. civ.

ARBITRATO RITUALE ED IRRITUALE


In particolare, se le parti hanno adottato le regole sostanziali e procedimentali del codice di procedura civile, l’arbitrato sarà rituale;
viceversa, se le parti hanno predisposto una forma di risoluzione delle controversie, in deroga alle regole del codice di procedura civile, l’arbitrato sarà irrituale.

La principale differenza tra arbitrato rituale ed irrituale si evince dalla natura giuridica del lodo reso all’esito degli stessi.
Mentre il lodo rituale appronta una soluzione della controversia in tutto sostitutiva di quella resa all’esito di un giudizio ordinario, il lodo irrituale fornisce una soluzione soltanto alternativa rispetto ad un giudizio ordinario. La pronuncia racchiusa nel lodo irrituale ha gli stessi effetti di una determinazione contrattuale che le parti medesime, già con la stipula del patto compromissorio, si impegnano ad accettare come espressione della propria volontà. Emilio Betti riconduce il lodo irrituale ad un negozio di secondo grado. Sulla scorta di tale considerazione si afferma in dottrina l’inapplicabilità del principio di autonomia della clausola compromissoria all’arbitrato irrituale.
Sul medesimo punto si è espressa la giurisprudenza, ed in particolare la prima sez. civile della Corte Suprema di Cassazione con sent.n. 8222 del 2000.

 

Sezioni Unite Cassazione: testo della sentenza 26243/2014

 


Possiamo così brevemente riassumere lo svolgimento del processo: Con convenzione stipulata il 13 aprile 1976, Milani Rino e Milani Piero cedevano alla S.A. Credito Svizzero la proprietà delle azioni e delle quote delle società italiane e svizzere facenti capo alla holding S.A. Gottardo Ruffoni e costituenti nell'insieme il cosiddetto "gruppo consolidato Gottardo Ruffoni"; la S.A. Credito Svizzero si impegnava alla ricapitalizzazione di tali società; Milani Rino e Milani Piero si impegnavano a pagare al Credito Svizzero l'importo corrispondente alla eventuale differenza tra il deficit effettivo della s.p.a. SIT Gottardo Ruffoni e quello di lire 5.000.000.000 versato dalla S.A. Credito Svizzero per la ricapitalizzazione. Essendo insorto dissenso tra le parti in ordine all'interpretazione e alla esecuzione della convenzione, la controversia veniva, in base alla clausola compromissoria contenuta nella convenzione stessa, rimessa ad arbitrato irrituale di equità affidato ad un arbitro unico. Il successivo lodo irrituale viene impugnato da Milani Rino e Milani Piero che, dinanzi al Tribunale di Milano, ne richiedevano la dichiarazione di nullità per essere la convenzione che ne costituiva l’oggetto a sua volta affetta da nullità assoluta, in quanto stipulata in violazione del divieto del patto commissorio di cui all’art 2744 cc. La domanda viene rigettata sia in primo grado che in appello per giungere in Cassazione, dove viene affrontata la questione relativa alla nullità della clausola compromissoria in quanto inserita in una convenzione nulla. In virtù del principio dell’autonomia del negozio arbitrale rispetto al negozio sostanziale al quale esso inerisce, ogni supposto vizio della convenzione risulterebbe carente di idoneità ad incidere sulla validità del lodo arbitrale; tuttavia, al contrario, la Corte di Cassazione stabilisce che il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio di riferimento vale in relazione all'arbitrato rituale, che si attua, per volontà delle parti compromittenti, mediante l'esercizio di una potestà decisoria alternativa rispetto a quella del giudice istituzionale e si risolve in un lodo avente tra le parti la stessa efficacia di sentenza. Esso al contrario non può essere invocato in relazione all'arbitrato irrituale, avente natura negoziale e consistente nell'adempimento del mandato, conferito dalle parti all'arbitro, di integrare la volontà delle parti stesse dando vita ad un negozio di secondo grado, il quale trae la sua ragione d'essere dal negozio nel quale la clausola è inserita e non può sopravvivere alle cause di nullità che facciano venir meno la fonte stessa del potere degli arbitri.
(Ludovica Adamo)

 

 

 

 


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