Le variazioni apportate al processo esecutivo sono state addotte dal D.L. n. 83/2015, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria; inoltre, con la Legge di Stabilità 2013 si è messo mano alla disciplina dell’espropriazione presso terzi; infine, ulteriori modifiche sono state introdotte con il D.L. n. 132/2014, convertito dalla Legge n. 162/2014.
Al centro del documento, però, vi sono le modifiche introdotte dal più recente D.L. n. 83/2015; in punti essenziali, esse riguardano:
“LINEE GUIDA SUL NUOVO PROCESSO ESECUTIVO”
Premessa
Il decreto Legge n. 83 del 2015 (di seguito DL n. 83/2015) recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, convertito dalla legge n. 132 del 2015 (di seguito L. n. 132/2015), reca significative modifiche al processo esecutivo, innovando sensibilmente le modalità di vendita dei beni immobili. Il provvedimento che verrà commentato in queste pagine si innesta sulla scia degli interventi normativi di modifica al processo civile che a partire dal 2005 il legislatore ha avviato, prima con il decreto legge n. 35 del 2005 convertito con modificazione dalla legge n. 80 del 2005 e poi con l’intervento correttivo della legge n. 263 del 2005. A questi interventi ha fatto seguito la legge n. 52 del 2006 recante “Riforma delle esecuzioni mobiliari” e successivamente la legge n. 69 del 2009.
Ulteriormente, con la legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) si è messa mano alla disciplina dell’espropriazione presso terzi e nuove rilevanti modifiche sono state introdotte con il decreto legge n. 132 del 2014, convertito dalla legge n. 162 del 2014.
Principale oggetto del presente studio sono le previsioni del DL n. 83/2015 dettate in punto di espropriazione immobiliare, le innovazioni sono molteplici e riguardano:
a) l’obbligo da parte del giudice di delegare le operazioni di vendita dei beni immobili pignorati ai professionisti individuati dalla legge, salvo che il giudice non ritenga rispondente al miglior interesse delle parti la vendita diretta; di conseguenza risultando modificati e ampliati gli adempimenti demandati al delegato;
b) i criteri di determinazione del valore dell’immobile;
c) l’introduzione delle modalità telematiche per lo svolgimento della vendita;
d) la disciplina delle offerte d’acquisto e dell’assegnazione.
V’è da dire, inoltre, che il DL n. 83/2015, per come convertito in legge, contiene ulteriori novità e altri istituti di nuovo conio dalle importanti ricadute pratiche per il futuro. Si tratta:
a) dell’art. 2929‐bis inserito nel codice civile e che consente una forma semplificata di tutela esecutiva al creditore che sia stato pregiudicato da atti di disposizione, a titolo non oneroso, da parte del debitore;
b) della necessità che il precetto contenga l’avvertimento a favore del debitore di avvalersi degli accordi di composizione della crisi o di proporre ai propri creditori un piano del consumatore;
c) dell’introduzione del “portale delle vendite pubbliche”, che coincide con un’area pubblica del sito del Ministero della Giustizia presso la quale dovrà essere effettuata la pubblicità degli avvisi relativi alla procedura di espropriazione forzata.
L’obiettivo perseguito dal presente documento è quello di costituire uno strumento pratico a favore dei professionisti coinvolti nell’ambito di tali procedure. Il lavoro, pertanto, si struttura in due parti: la prima contiene un commento ragionato di alcune modifiche intervenute nell’ambito della disciplina; la seconda, strettamene operativa, contiene invece una raccolta di provvedimenti e istruzioni emanati e diffusi da alcuni Tribunali all’indomani dell’entrata in vigore della Riforma.
SEZIONE I Pignoramento immobiliare
1. Deposito della documentazione ipocatastale ‐ art. 567, comma 2 e 3, c.p.c.
Le modifiche apportate dal DL n. 83/15 hanno determinato il dimezzamento dei termini per il deposito degli allegati all’istanza di vendita per le esecuzioni iniziate a partire del 27 giugno 2015. Il comma 2, che disciplina la serie di documenti (visure catastali e ipocatastali che possono essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari) che il soggetto istante (creditore pignorante o altro creditore intervenuto munito di titolo esecutivo) deve depositare, stabilisce che il termine per il deposito di tali allegati è di 60 giorni (e non più 120) dal deposito del ricorso con il quale è richiesta la vendita.
Il comma 3 afferma che il termine stabilito nel comma precedente (60 giorni dal deposito del ricorso) può essere prorogato ma per una sola volta (quando a richiedere la proroga – per giustificati motivi – siano il creditore pignorante o i creditori intervenuti e muniti di titolo o anche l’esecutato) e per al massimo 60 giorni (non più 120); inoltre il giudice, se ritiene incompleta la documentazione depositata, può assegnare un ulteriore termine di 60 giorni al massimo (non più 120) al creditore istante, affinché provveda ad integrare la documentazione. Qualora la proroga non sia richiesta, oppure non sia concessa dal giudice, oppure il creditore non completi la documentazione entro il termine di 60 giorni fissato dal giudice, quest’ultimo dichiara (con ordinanza) l’inefficacia del pignoramento (limitatamente ai beni immobili per i quali ritiene non completa la documentazione depositata).
In tal caso:
il giudice dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento;
trova applicazione la disciplina relativa all’inefficacia del pignoramento ed alla cancellazione della trascrizione di cui all’art. 562, secondo comma, c.p.c.;
il giudice dichiara l'estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati
2. Nomina dell'esperto e fissazione dell’udienza ‐ art. 569 comma 1 c.p.c.
Anche in questo caso le modifiche apportate dal DL n. 83/15 hanno determinato la riduzione dei termini per la nomina del perito estimatore e per la fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori privilegiati non intervenuti (ex art. 498 c.p.c.) con riguardo alle esecuzioni iniziate a partire del 27 giugno 2015.
Il giudice nomina l‘esperto per la valutazione dell'immobile entro 15 giorni (e non più 30) dall’avvenuto deposito dei documenti di cui al comma 2 dell’art. 567 c.p.c. e fissa l'udienza per la comparizione delle parti e dei creditori privilegiati non intervenuti (ai sensi dell’art. 498 c.p.c.) entro novanta giorni ( e non più 120) dalla data del provvedimento. Inoltre l'esperto presta il giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione e non più innanzi al giudice. Sembrerebbe, pertanto, che il giuramento venga effettuato contemporaneamente all’accettazione e che coincida con la sottoscrizione del relativo verbale.
3. Determinazione del valore dell’immobile ‐ art. 568 c.p.c.
Il novellato art. 568 c.p.c. prevede al primo comma che “ Agli effetti dell’espropriazione il valore dell’immobile è determinato dal giudice avuto riguardo al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall’esperto nominato ai sensi dell’articolo 569, primo comma”. Dunque, con la riforma, il valore dell’immobile non sarà più calcolato in base alle indicazioni dell'art. 15 c.p.c., ma avuto riguardo al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto estimatore.
Il secondo comma dell’art. 568 c.p.c. contiene indicazioni circa la determinazione del valore di mercato dell’immobile. Tale norma precisa, infatti, che l’esperto a tal fine tenga conto della superficie dell'immobile, specificando quella commerciale, alla determinazione del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi inclusa la riduzione del valore di mercato praticata per l'assenza della garanzia per vizi del bene venduto. L'esperto dovrà altresì precisare tali criteri in maniera distinta con riferimento agli oneri di regolarizzazione urbanistica, allo stato d'uso e di manutenzione, allo stato di possesso, ai vincoli e agli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo e, infine, alle eventuali spese condominiali insolute.
4.Contenuto della relazione di stima e compiti dell'esperto – 173‐bis Disp. Att. C.p.c.
Strettamente connesso a quanto appena detto è l’aspetto relativo al contenuto della relazione di stima cui è dedicato l’articolo 173‐bis Disp. Att. C.p.c..
L’esperto ha il compito di riportare i dati e gli elementi di cui sopra nella relazione di stima redatta ai sensi dell’art. 173‐bis Disp Att. c.p.c. ((come modificato dall'art. 14, comma 1, lett. e), n.1, del DL n. 83/2015, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132/2015)).
Nella relazione di stima di cui all'art. 173‐bis Disp. Att. c.p.c., a seguito della riforma in esame, l'esperto dovrà effettuare inoltre, in caso di opere abusive, il controllo sulla possibilità di sanatoria ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. 6 giungo 2001 n. 380 (Testo unico dell’edilizia) e determinare gli eventuali costi della stessa; altresì l'esperto dovrà verificare l'eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa di riferimento del condono in forza della quale l'istanza è stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere. In ogni caso, l'esperto dovrà verificare la regolarità urbanistica degli immobili( ai sensi dell’art. 40, comma 6, della L 28 febbraio 1985, n. 47 o ai sensi dell’art. 47 del Testo unico sull’edilizia), specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria ((ex art. 173‐bis, comma 1, n. 7), Disp. Att. c.p.c.)).
Nella relazione di stima, l'esperto dovrà verificare se i beni pignorati siano gravati da censo, livello o uso civico e se vi sia stata affrancazione da tali pesi, ovvero che il diritto sul bene del debitore pignorato sia di proprietà ovvero derivante da alcuno dei suddetti titoli ((ex art. 173‐bis, comma 1, n. 8), Disp. Att. c.p.c.)).
L'esperto dovrà informare in merito all'importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziali relativi al bene pignorato. (ex art. 173‐bis, comma 1, n. 9), Disp. Att. c.p.c.).
L'esperto è tenuto ad inviare copia della relazione di stima ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore, anche se non costituito, almeno 30 giorni (ex art. 173‐bis, comma 3, Disp. Att. c.p.c.) prima dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 569 c.p.c., a mezzo posta elettronica certificata ovvero, quando ciò non è possibile, a mezzo telefax o mezzo posta ordinaria.
5. Fissazione della vendita ‐ art. 569 c. 1 e 3 c.p.c.
Con la riforma anche i termini di cui all’art. 569 c.p.c., comma 3, sono stati ridotti, infatti la disposizione prevede che nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza la vendita forzata, fissa un termine non inferiore a 90 giorni e non superiore a 120 giorni entro il quale possono essere proposte offerte di acquisto (ex art. 571 c.p.c., novellato). Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce:
‐ le modalità con cui deve essere prestata la cauzione;
‐ se la vendita è fatta in uno o più lotti;
‐ il prezzo base determinato a norma dell'art. 568 c.p.c.;
‐ l'offerta minima (pari al 75% del prezzo base ai sensi dell’art 571 c.p.c. come novellato);
‐ il termine, non superiore a 120 giorni dall'aggiudicazione entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito e fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'art. 573 c.p.c.. Inoltre come si esprime il nuovo testo, al comma terzo, penultimo periodo: “Quando ricorrono giustificati motivi, il giudice può disporre che il versamento del prezzo avvenga ratealmente ed entro un termine non superiore a 12 mesi”. A tal proposito vi è da dire, sin d’ora, che si registra un atteggiamento di sfavore rispetto all’utilizzo di tale modalità di pagamento da parte dei Tribunali che, all’indomani della riforma, hanno emanato le prime istruzioni relative alle innovazioni introdotte.
Il giudice provvede alla vendita con incanto (ai sensi dell'art. 576 c.p.c.) solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato ai sensi dell'art. 568 c.p.c..
Pertanto, si abolisce, di fatto, la vendita con incanto, a favore di quella senza incanto, consentendone l’impiego solo in certe situazioni particolari. La modalità di vendita “con incanto” viene praticamente accantonata essendo ritenuta meno efficace della vendita “senza incanto”.
I vantaggi della vendita senza incanto sono vari:
le buste chiuse contengono offerte irrevocabili e non semplici “domande di partecipazione” come nella vendita con incanto;
anche nella vendita senza incanto è sempre possibile contare su eventuali rilanci migliorativi, perché in caso di più offerte valide pervenute si apre sempre la gara sull’offerta più alta;
Inoltre le turbative d’asta ed altri atteggiamenti di disturbo sono certamente scoraggiate nella fase senza incanto.
Va del pari precisato che nei casi in cui il giudice, previo ascolto dei creditori, ravvisi l’esigenza di procedere direttamente alla vendita, egli può saltare la fase della delega e iniziare direttamente quella relativa alle operazioni di vendita. La deroga al percorso ordinario, stando alla formulazione letterale dell’art. 591‐bis, comma 2, c.p.c., è consentita in base ad una valutazione discrezionale del giudice dell’esecuzione compiuta al fine di meglio tutelare le parti.
6.Vendita telematica dei beni pignorati‐ art. 161‐ter, comma 2, Disp. Att. c.p.c.
In relazione alle vendite con modalità telematiche il Ministro della Giustizia con proprio decreto stabilisce le regole tecnico‐operative per lo svolgimento della vendita di beni immobili. E' previsto che all’occorrenza queste regole siano integrate al fine di assicurare un agevole collegamento tra il portale delle vendite pubbliche (istituito dall'art. 13, comma 1, lett. e) e art. 14, comma 1, lett. c, DL n. 83/2015) e il portale dei gestori delle vendite telematiche. La norma entrerà in vigore decorsi 30 giorni dalla pubblicazione sulla GU delle specifiche tecniche previste dall'art. 161‐quater Disp. Att. c.p.c.
7. Ulteriori modalità di presentazione delle offerte d’acquisto, di prestazione della cauzione e di versamento del prezzo – art. 173‐quinquies Disp. Att. c.p.c.
Le più rilevanti modifiche introdotte dal DL n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla L n. 132/2015, riguardano la disciplina dell’offerta d’acquisto.
Il novellato art. 173‐quinquies delle disposizioni di attuazione del codice di rito prevede che “il giudice con l’ordinanza di vendita di cui all’art. 569, comma 3, c.p.c. può disporre che la presentazione dell'offerta d'acquisto e la prestazione della cauzione” (ai sensi degli artt. 571, 15
579, 580 e 584 c.p.c.) “possano avvenire con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale”.
La prestazione della cauzione è consentita anche mediante fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione. Il giudice dell’esecuzione, con l'ordinanza di vendita, individua la categoria professionale alla quale deve appartenere il soggetto che può rilasciare la fideiussione a norma del periodo precedente. La fideiussione è rilasciata in favore della procedura esecutiva ed è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice. In ogni caso, è stabilito che l'offerente comunichi, a mezzo posta elettronica certificata, la dichiarazione contenente le indicazioni prescritte dall’art. 571 c.p.c.. Come si esprime il testo dell’articolo in commento, deve trattarsi di fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta. Pertanto, il garante (appartenente alla categoria professionale individuata dal giudice) dovrà procedere al versamento della somma garantita, a semplice richiesta del beneficiario, vale a dire del custode o del professionista delegato a ciò debitamente autorizzati dal giudice, senza possibilità di avanzare alcuna eccezione attinente al rapporto sottostante. Si tratta, in altri termini, di una fideiussione convenuta in deroga all’art. 1945 c.c..
8. Inefficacia delle offerte d’acquisto ‐art. 571, comma 2, c.p.c.
Il novellato art. 571 c.p.c., che disciplina le offerte d’acquisto, al secondo comma prevede che
l'offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito ai sensi dell’art. 569, terzo comma, se è inferiore di oltre un quarto al prezzo stabilito nell’ordinanza o se l'offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell'ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
Dunque l’offerta è inefficace:
‐ se presentata oltre il termine stabilito dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di vendita;
‐ se è inferiore di oltre un quarto rispetto al prezzo stabilito nell’ordinanza; se l'offerente non presta cauzione, ovvero provvede al versamento in misura inferiore a un decimo rispetto al prezzo offerto.
La più interessante modifica introdotta dalla riforma riguarda l’efficacia dell’offerta d’acquisto:
l’offerta è valida anche se inferiore al valore d’asta di non oltre un quarto.
A seguito della novità introdotta con la L n. 132/2015, nell’ordinanza di vendita deve essere indicato oltre al prezzo base, determinato in base al nuovo 568 c.p.c., anche l’offerta minima per la legittima partecipazione all’asta e per l’eventuale aggiudicazione del bene. L’offerente dunque, per essere legittimato alla partecipazione all’asta, può indicare nell’offerta o il prezzo base (prezzo pieno del bene, che permette l’aggiudicazione senza che possa operare alcuno dei meccanismi di salvaguardia previsti dal legislatore) o un valore ad esso superiore, o un importo non inferiore all’offerta minima (pari al 75% del prezzo base, ‐ nel qual caso l’aggiudicazione non è automatica, essendo previsti dei meccanismi di salvaguardia, quali: il potere del giudice o del professionista delegato di non disporre la vendita –art. 572 c.p.c., comma 31, ‐ o di non aggiudicare il bene qualora sia stata presentata un’istanza di assegnazione ‐ art. 572,comma 3 e art. 573 c.p.c. commi 22 e43 ).
9. Vendita senza incanto in presenza di offerta unica ‐ art. 572, comma 2 e 3, c.p.c.
L’art. 572, comma 1, c.p.c. prevede che sull’offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti ed i creditori iscritti non intervenuti. Il novellato comma 2, precisa che se l'offerta è pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, la stessa è senz’altro accolta. E il comma
1 “ Se il prezzo offerto è inferiore rispetto al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell’art. 588”.
2 “Se sono state presentate istanze di assegnazione a norma dell’articolo 588 e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell’offerta presentata per prima è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita e procede all’assegnazione.”.
3 “ Se il prezzo offerto all’esito della gara di cui al primo comma è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita quando sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell’art. 588”.
3 prevede che : “se il prezzo offerto è inferiore rispetto al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia una seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell’art. 588 c.p.c.” . Pertanto, un’unica offerta valida pari o superiore al prezzo base (100%, e non più, come nel sistema previgente, pari al valore dell’immobile aumentato di un quinto, 120%) assicura sempre l’aggiudicazione del bene posto in vendita.
Nel caso in cui invece vi sia un’offerta inferiore al valore d’asta di non oltre un quarto la stessa è valida ed efficace, ma in tal caso il giudice può non far luogo alla vendita, quando ritiene probabile il conseguimento di un prezzo superiore con una nuova vendita o quando sono state presentate istanze di assegnazione. La ratio è facilmente comprensibile, considerato che l’assegnazione ha luogo ad un prezzo almeno pari al prezzo base del bene (100%), quindi superiore a quello offerto, ed è quindi maggiormente satisfattiva per i creditori.
La novità introdotta con la riforma travolge la regola cardine del sistema previgente, che prevedeva che il prezzo offerto doveva necessariamente essere pari al prezzo fissato nell’ordinanza di vendita (100%).
10. Vendita senza incanto: gara tra gli offerenti in caso di più offerte ‐ art. 573, comma 1 e 2, c.p.c.
L’art. 573 c.p.c. modificato in sede di conversione dalla L n. 132/2015, ha apportato al procedimento esecutivo rilevanti novità in caso di gara tra offerenti per l’individuazione della migliore offerta.
E’ utile riportare quanto prevede il testo modificato:
“Se vi sono più offerte il giudice dell'esecuzione invita in ogni caso gli offerenti a una gara sull'offerta più alta.
Se sono state presentate istanze di assegnazione a norma dell’art. 588 c.p.c. e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell’offerta presentata per prima è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita e procede all’assegnazione. Ai fini dell’individuazione della migliore offerta, il giudice tiene conto della entità del prezzo; delle cauzioni prestate; delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonché di ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa.
Se il prezzo offerto all’esito della gara di cui al primo comma è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita quando sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell’art. 588 c.p.c.”.
Dunque nel caso in cui siano state presentate più offerte valide, si procederà in ogni caso alla gara sulla base dell’offerta più alta ed il bene verrà aggiudicato a chi avrà rilanciato per ultimo. Qualora il prezzo offerto all’esito della gara risulti inferiore al valore dell’immobile determinato nell’ordinanza di vendita e indicato nell’avviso di vendita, non si farà luogo all’aggiudicazione definitiva, se sono state presentate istanze di assegnazione.
Quando la gara non può aver luogo invece per mancanza di adesione degli offerenti e non sono state presentate istanze di assegnazione, si procederà alla vendita a favore del migliore offerente o, nel caso di più offerte di pari valore, a favore di colui che ha presentato l’offerta per primo.
Tra le novità introdotte dal novellato art. 573 c.p.c. si evidenzia l’indicazione degli elementi di cui tener conto per l’individuazione della migliore offerta:
‐ entità del prezzo;
‐ cauzioni prestate;
‐ forme, modi e tempi del pagamento;
‐ ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa.
11. Vendita senza incanto: provvedimenti relativi alla vendita ‐ art. 574, comma 1, c.p.c.
Anche l’art. 574, comma 1, c.p.c., finora mai rivisitato, è stato modificato dal DL n. 83/2015. Da una prima lettura, le novità in punto di vendita senza incanto non sembrano in linea con la filosofia della novella, visto che non contribuiscono alla semplificazione del processo esecutivo e alla conseguente riduzione della sua durata. Probabilmente la norma è stata riformulata per incentivare gli acquisti all’asta in un periodo di crisi, in cui anche l’accesso al mutuo può essere difficilmente ottenibile per la cautela adottata in taluni casi dalle banche.
Il testo prevede quanto segue:
“Il giudice dell'esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione del decreto, entro il quale il versamento deve farsi, e, quando questo è avvenuto, pronuncia il decreto previsto nell'articolo 586. Quando l'ordinanza che ha disposto la vendita ha previsto che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente, col decreto di cui al primo periodo il giudice dell'esecuzione può autorizzare l'aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell'immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita. Il giudice dell'esecuzione individua la categoria professionale alla quale deve appartenere il soggetto che può rilasciare la fideiussione a norma del periodo precedente. La fideiussione è rilasciata a favore della procedura esecutiva a garanzia del rilascio dell'immobile entro trenta giorni dall'adozione del provvedimento di cui all'articolo 587, primo comma, secondo periodo, nonché del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all'immobile; la fideiussione è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice.
Si applica anche a questa forma di vendita la disposizione dell'articolo 583 c.p.c..
Se il prezzo non è depositato a norma del decreto di cui al primo comma, il giudice provvede a norma dell'articolo 587 c.p.c.”.
Replicando quanto disposto nell’art. 173‐quinquies Disp. Att. c.p.c., in ordine alla prestazione della cauzione, trattandosi di vendita a rate, in cui l’effetto traslativo si realizza soltanto in seguito al pagamento dell’ultima rata del prezzo, il giudice può autorizzare l’aggiudicatario che ne ha fatto richiesta ad immettersi nel possesso dell’immobile venduto, a condizione, anche qui, che sia prestata una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta. E’ previsto dalla norma che sarà il giudice dell’esecuzione ad individuare le specifiche categorie professionali alle quali dovrà appartenere il soggetto che potrà rilasciare la specifica garanzia. La fideiussione sarà rilasciata a favore della procedura esecutiva a garanzia del rilascio dell’immobile entro 30 giorni dall’adozione del provvedimento che dispone il nuovo incanto, a seguito dell’inadempimento dell’aggiudicatario, nonché a garanzia del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all’immobile.
La fideiussione è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice. A causa del nuovo sistema introdotto, appare tuttavia chiaro che, nel caso – tutt’altro che improbabile ‐ d’inadempimento dell’aggiudicatario, la conseguenza evidente sarà il prolungamento della durata della procedura esecutiva, in termini antitetici alla ratio della riforma. Del resto, il sistema sembra mirare ad agevolare (anche) soggetti che, all’evidenza, non hanno tendenzialmente merito creditizio.
12. Inadempienza dell’aggiudicatario: mancato deposito del prezzo ‐ art. 587 c. 1 c.p.c.
A seguito dell’introduzione della possibilità, descritta nel paragrafo precedente, che il giudice dell’esecuzione autorizzi il pagamento rateale del prezzo di vendita, è stato di conseguenza modificato il primo comma dell’art. 587 c.p.c., che disciplina il caso in cui l’aggiudicatario si renda inadempiente e non versi le singole rate nei termini indicati. In tal caso è previsto infatti che egli perderà la cauzione data e le rate già versate, a titolo di multa. Il giudice dovrà disporre inoltre un nuovo incanto ed ordinare la liberazione dell’immobile di cui l’aggiudicatario era eventualmente entrato in possesso.
Il riformulato art. 587 c.p.c. così prevede testualmente:
“Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell'esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto. La disposizione di cui al periodo precedente si applica altresì nei confronti dell’aggiudicatario che non ha versato anche una sola rata entro dieci giorni dalla scadenza del termine; il giudice dell’esecuzione dispone la perdita a titolo di multa anche delle rate già versate. Con il decreto adottato a norma del periodo precedente, il giudice ordina altresì all’aggiudicatario che sia stato immesso nel possesso di rilasciare l’immobile al custode; il decreto costituisce titolo esecutivo per il rilascio.
Per il nuovo incanto si procede a norma degli artt. 576 e seguenti. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza”.
13. Delega delle operazioni di vendita ‐ art. 591‐bis c.p.c.
La novità introdotta con le modifiche apportate dalla riforma all’art. 591‐bis incide sulla discrezionalità del giudice dell’esecuzione: costui delega le operazioni di vendita relative ai beni immobili pignorati a professionisti specificamente individuati dalla legge, ad eccezione del caso in cui, sentiti i creditori, ravvisi l’esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti. Si introduce, in sostanza, la delega obbligatoria delle operazioni di vendita, salvo eccezioni.
Per quanto attiene ai professionisti cui possono essere delegate le operazioni di vendita è noto che grazie alla riforma intervenuta con DL n. 35/2005, convertito dalla L n. 80/2005, sia l’art. 534‐ bis c.p.c., relativo alle vendite di beni mobili, sia l’art. 591‐bis c.p.c., in materia di vendite di beni immobili, autorizza (e oggi obbliga) il giudice dell’esecuzione a delegare le operazioni di vendita, oltre che a notai, anche ad avvocati e commercialisti iscritti in appositi elenchi formati secondo le modalità di cui all’art. 179‐ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
Per quanto riguarda la nostra professione è solo il caso di precisare che, in forza del d.lgs. 28 giugno 2005, n. 139, recante “Costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell'articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34”, l’espletamento di tali attività richiede una specifica competenza tecnica, riconosciuta dalla legge professionale agli iscritti nella sezione A Commercialisti, dell’Albo5. Pertanto è a tali soggetti che bisogna riferirsi in merito alla compilazione degli elenchi formati ai sensi dell’art. 179‐ter Disp. Att. c.p.c..
Con l’ordinanza di vendita6, il giudice dell’esecuzione stabilisce anche:
‐ il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate;
‐ le modalità della pubblicità;
‐ Il luogo in cui dovranno essere presentate le offerte ai sensi dell’art. 571 c.p.c.;
4 FONDAZIONE ARISTEIA, oggi FONDAZIONE NAZIONALE DEI COMMERCIALISTI, Documento n. 51/2005, Le esecuzioni mobiliari e immobiliari: delega ai dottori commercialisti, reperibile in fondazionenazionalecommercialisti.it.
5L’art. 1, comma 3, lett i) del predetto decreto annovera tra le attività riservata agli iscritti nella sezione A dell’Albo :“il compimento delle operazioni di vendita di beni mobili e immobili, nonché la formazione del progetto di distribuzione, su delega del giudice dell’esecuzione, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 3, lett. e), del d.l. n. 35/2005, e con decorrenza dalla data indicata dall’articolo 2, comma 3‐quater, del medesimo decreto”. ‐ il luogo in cui si dovrà procedere all’esame delle offerte e all’espletamento della gara tra gli offerenti;
‐ il luogo dove eventualmente si dovrà svolgere l’incanto.
Per quanto attiene gli adempimenti del professionista delegato, da esplicitarsi nel medesimo provvedimento, il novellato art. 591‐bis c.p.c. prevede che costui debba:
‐ provvedere alla determinazione del valore dell'immobile a norma dell’art. 568, comma 1, c.p.c., tenendo anche conto della relazione giurata redatta dall’esperto nominato dal giudice ai sensi dell’art . 569 c.p.c. e delle eventuali note depositate dalle parti;...
‐ provvedere sull’istanza di assegnazione di cui agli art. 590 e 591, comma 3, c.p.c. ;
L’ultimo comma dell’art. 591‐bis, infine, prevede che: “Il giudice dell’esecuzione, sentito l’interessato, dispone la revoca della delega delle operazioni di vendita, se non sono rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni, salvo che il professionista delegato dimostri che il mancato rispetto dei termini o delle direttive sia dipeso da causa a lui non imputabile 7 ”. Quanto sopra al fine di responsabilizzare maggiormente il delegato sulla tempestività degli adempimenti, onde garantire la celerità delle operazioni.
14. Termine per l’istanza di assegnazione ‐ artt. 588 e 589, comma 1, c.p.c.
Il legislatore della riforma ha riscritto in maniera significativa l’istituto dell’assegnazione, col chiaro intento di renderlo meno desueto e di semplificare le condizioni per accedervi.
Tale previsione appare simmetrica a quella declinata in punto di revoca del curatore dallo stesso d.l. n. 83/2015 nell’ottica della generale sensibilizzazione degli ausiliari del giudice anche al fine della razionalizzazione e speditezza dei procedimenti. L’assegnazione del bene pignorato presuppone l’infruttuoso esperimento della vendita, pertanto, i creditori possono accedervi solo a seguito di esito negativo della vendita. Il D.L. n. 83/2015 ha tuttavia eliminato ogni riferimento all’incanto, alla mancanza di offerte ed ha anticipato i tempi della proposizione dell’istanza, che viene infatti stabilito in dieci giorni prima della data dell’udienza fissata per la vendita, in luogo dei previgenti dieci giorni successivi all’incanto.
Il legislatore della novella stabilisce che l’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista dall’art. 506 c.p.c. (spese di esecuzione e crediti aventi diritto di prelazione anteriori a quello dell’istante) ed al prezzo base stabilito per l’esperimento di vendita per cui è presentata. Viene eliminato, quindi, ogni riferimento al prezzo di mercato ed al valore di perizia. Con ciò dovrebbe esser stato rimosso il principale ostacolo alla presentazione di istanze di assegnazione.
15. Provvedimento di assegnazione ‐ art. 590 comma 1 c.p.c.8
Il D.L. n. 83/2015, anche in questo articolo, ha eliminato ogni riferimento all’incanto, in quanto tale fattispecie è prevista solo se non vi siano domande di assegnazione o, se pur essendo state proposte, tali domande non siano state accolte dal giudice dell’esecuzione. Dal 27 giugno 2015, quindi, l’assegnazione può essere richiesta anche in caso di mancata vendita senza incanto.
Ove il giudice ritenga di accogliere l’istanza di assegnazione deve fissare il temine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio.
8 “Se la vendita non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione, il giudice provvede su di esse fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio.
Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell'articolo 586.”. E’ da chiedersi cosa accada in presenza di offerte da parte di potenziali acquirenti e di contestuali domande di assegnazione:
in caso di unica offerta: qualora il prezzo offerto sia inferiore al prezzo base e siano state presentate istanze di assegnazione a norma dell’art. 588 c.p.c., il bene verrà assegnato al prezzo base d’asta al creditore istante a norma degli artt. 588 e ss. c.p.c.;
in caso di pluralità di offerte valide: ove siano state presentate istanze di assegnazione e, anche a seguito della gara tra gli offerenti, non sia stata raggiunta un’offerta pari al prezzo base d’asta, il bene staggito verrà assegnato al creditore istante a norma dell’art. 588 c.p.c..
Si pone, allora, un problema di disclosure che ogni delegato dovrà affrontare con il giudice dell’esecuzione del Tribunale competente per territorio, in quanto si tratta di comprendere se esista l’onere di dover informare gli offerenti della presenza o dell’assenza di una domanda di assegnazione depositata entro il termine di dieci giorni.
16. Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di incanto in caso di non accoglimento o di mancanza di domande di assegnazione ‐ art. 591, comma 1, 2 e 3, c.p.c.
Nei casi in cui né la vendita, né l’assegnazione (anche a seguito di non accoglimento da parte del G.E.) abbiano luogo, il giudice dispone l’amministrazione giudiziaria dell’immobile ovvero l’incanto, a condizione che ritenga che attraverso tale modalità di vendita si possa realizzare un prezzo superiore della metà del valore del bene. Al giudice è offerta, inoltre, una terza strada: quella di poter modificare le condizioni di vendita e le forme di pubblicità, fissando un prezzo base ribassato fino al limite di un quarto. La nuova norma ha modificato il limite entro cui ribassare il prezzo. Più precisamente, ora il prezzo base può essere ribassato fino al limite massimo di un quarto, consentendo quindi al giudice maggiore discrezionalità nella determinazione del ribasso da zero fino al 25%.
Pertanto, in base all’interpretazione sistematica delle norme, il procedimento verrà ripetuto, con la replica delle fasi processuali già descritte e con l’assunzione di tutti i provvedimenti necessari secondo le nuove modalità. Ciò posto, come prevede il nuovo terzo comma dell’art. 591 c.p.c., se anche al secondo tentativo, la vendita non potesse aver luogo per mancanza di offerte e vi siano domande di assegnazione, il giudice potrà disporre l’assegnazione e fissare il termine per il versamento dell’eventuale conguaglio.
17. Ricorso al Giudice dell’esecuzione in caso di difficoltà nelle operazioni di vendita ‐ art. 591‐ter c.p.c.
L’art. 591‐ter c.p.c. disciplina il rapporto tra il giudice dell’esecuzione ed il professionista delegato poiché stabilisce che: “Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies”. Questa norma disegna il raccordo tra il giudice dell’esecuzione ed il professionista delegato e il sistema di controllo del giudice sull’attività delegata.
Il delegato ha la possibilità di proporre un’istanza al giudice per la risoluzione delle “difficoltà” sia di fatto (attinenti allo svolgimento delle operazioni) sia di diritto (attinenti all’interpretazione della norma processuale da applicare nel caso concreto) sorte nel corso della procedura.
Tuttavia egli non è obbligato a rivolgersi al giudice ogniqualvolta sorga una difficoltà, potendo decidere di risolverla autonomamente e rimettendo alle parti l’onere di investire eventualmente il giudice della questione con un reclamo avverso il suo atto.
La decisione sull’istanza del delegato è adottata dal giudice con decreto, senza necessità di disporre la convocazione delle parti, essendo il contradditorio rinviato alla eventuale fase del reclamo. Esso è vincolante per il delegato che non può discostarsene.
L’art. 591‐ ter c.p.c. delinea, tuttavia, anche un sistema di controllo a favore delle parti. La norma prevede che contro il decreto che decide sull’istanza del delegato ma anche contro ogni suo atto è proponibile reclamo allo stesso giudice dell’esecuzione.
Legittimate a proporre il reclamo sono tutte le parti della procedura che abbiano interesse a contestare l’atto o il provvedimento reclamato. Di regola il reclamo non sospende le operazioni di vendita “salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione” e può essere introdotto senza limiti temporali.
La giurisprudenza di merito (Trib. Roma, ord. 18 dicembre 2000) infatti, ritiene già da tempo che il reclamo ex art. 591‐ter presenti analogie con quello di cui all’art. 168 Disp. Att. c.p.c.: il reclamo , dunque, non sospende le operazioni di vendita salvo diversa disposizione del medesimo giudice dell’esecuzione.
L’art. 591‐ter c.p.c. non prevede alcun termine per la proposizione del reclamo che può, quindi, essere proposto fino alla emissione del provvedimento conclusivo della fase procedimentale del quale l’atto impugnato fa parte. Il giudice dell’esecuzione sul reclamo dispone la comparizione delle parti e provvede con ordinanza reclamabile ai sensi dell’art. 669‐terdecies c.p.c..
18. Disposizioni transitorie e finali ex art. 23, comma 9, D.L. 83 del 2015
Per quanto attiene l’applicazione della nuova disciplina, la norma di riferimento è l’art. 23, comma 9, del DL n. 83/2015, come modificata dalla legge di conversione, che testualmente stabilisce: Quando è già stata disposta la vendita, la stessa ha comunque luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore e le disposizioni di cui al presente decreto si applicano quando il giudice o il professionista delegato dispone una nuova vendita.
L’interpretazione più coerente sembrerebbe quella che limita l’applicazione della nuova disciplina alle sole nuove vendite disposte dal giudice con ordinanza ex art. 569 c.p.c.. Ciò in quanto il professionista delegato provvede alle operazioni di vendita sulla base di quanto già disposto dal giudice nell’ordinanza e non dispone la vendita.
E’ pur vero che la legge di conversione ha aggiunto (accanto al provvedimento con cui) “il giudice dispone ” quello del “professionista delegato”.
La formulazione poco chiara della disposizione transitoria, ha consentito un’ulteriore interpretazione, per cui il professionista delegato potrebbe applicare le nuove norme nel caso in cui l’ordinanza del giudice sia antecedente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni ed egli si trovi nella situazione di dover esperire il primo tentativo di vendita.
Appare difficilmente confutabile, stando sempre alla lettera della disposizione in esame, che nel caso in cui sia stato effettuato un primo tentativo di vendita in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina, la disciplina applicabile non sia quella previgente.
SEZIONE II Altre disposizioni
1. Esecuzione su beni del debitore oggetto di vincoli di indisponibilità o donati (art. 2929‐bis c.c.)
Il D.L. 83/2015 ha introdotto nel nostro ordinamento l’art. 2929‐bis c.c. rubricato “Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazione a titolo gratuito”
La norma in questione è diretta a rafforzare, quando ricorrano determinati presupposti, la tutela del creditore in caso di atti di disposizione patrimoniale del debitore che possano apparire lesivi e in frode alle sue ragioni.
Infatti, l’art. 2929‐bis c.c. stabilisce che il creditore può sottoporre ad esecuzione forzata i beni immobili o mobili registrati che il proprio debitore abbia vincolato o trasferito a titolo gratuito, qualora la trascrizione del pignoramento avvenga entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole ed il credito sia anteriore al trasferimento del bene medesimo. Tra gli atti presi in considerazione ai fini dell’esecuzione ex art. 2929‐bis c.c. ‐ considerato il tenore letterale della
Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa.
Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario.
Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all'esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore.
10 Si tratta di un aspetto particolarmente sentito tra la giurisprudenza, anche penale, con riferimento all’abuso degli istituti di segregazione patrimoniale; in termini anche Cass., Sez. II pen.,25 marzo‐ 16 aprile 2015, n. 15804, in Rivista del Notariato, vol. LXIX, 2015, Giuffrè editore, pag.664; sugli aspetti fiscali si veda anche Cass. Civ., Sez. VI, ord.12 marzo 2015, n. 5028 e Cass. Civ., Sez VI, 23 giugno 2015, n. 13004 ., che testualmente si riferisce ad “atti di alienazione a titolo gratuito” – rientrano sia le disposizioni a titolo gratuito (donazioni, fondo patrimoniale, trust, atti di costituzione di vincoli di indisponibilità ex art. 2645‐ter c.c., atti di costituzione di un patrimonio separato , etc.), sia il c.d. negotium mixtum cum donatione, relativamente alla parte in cui l’atto può ritenersi a titolo gratuito, sia le liberalità indirette aventi ad oggetto beni immobili o mobili registrati sia le c.d. vendite simulate, vale a dire gli atti di trasferimento nei quali è indicato il versamento di un prezzo irrisorio o il versamento di un prezzo che, in realtà, non è avvenuto.
Per contro, non essendo atti riconducibili alle fattispecie connotate dalla gratuità, dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 2929‐bis c.c. gli atti di disposizione patrimoniale contenuti all’interno di provvedimenti e/o accordi di separazione personale dei coniugi o di divorzio, in quanto consistenti in atti a contenuto prettamente economico ed oneroso.
La portata innovativa della disposizione introdotta dal D.L. n. 83/2015 si sostanzia nel fatto che il creditore ha la possibilità di dare direttamente inizio all’azione esecutiva individuale sui beni del proprio debitore, senza dover esperire l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. che, come noto, è diretta alla declaratoria d’inefficacia dell’atto posto in essere dal debitore in favore del terzo e che deve essere sempre seguita dall’azione esecutiva. L’esecuzione ex art. 2929‐bis, infatti, si fonda sulla sola sussistenza del titolo esecutivo, come normalmente avviene, e della trascrizione del pignoramento entro un anno dal compimento dell’atto pregiudizievole.
La circostanza poi che il primo comma dell’art. 2929‐bis individui la tipologia degli atti, il fine degli atti e la qualificazione del credito rileverà soltanto in sede di opposizione ai sensi dell’art. 615 e ss. c.p.c..
Ne consegue che spetterà solo al debitore nel giudizio di opposizione dimostrare che non ricorrano le condizioni specificate nell’art. 2929‐bis c.c., ossia: ‐ l’esistenza di un credito e sua anteriorità rispetto al vincolo di indisponibilità o all’atto di alienazione del bene;
‐ il trasferimento del bene a titolo gratuito avente ad oggetto un bene immobile o un bene mobile registrato ovvero gli atti di costituzione di un vincolo di indisponibilità a titolo gratuito;
‐ il pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni creditorie del creditore esecutante (periculum damni);
‐ la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (consilium fraudis) 11.
La richiamata norma, quindi, facilita la possibilità di recupero coattivo del credito, con considerevole vantaggio anche sui tempi dell’esecuzione. Infatti, prima dell’entrata in vigore dell’art. 2929‐bis c.c., come detto, per procedere all’esecuzione rispetto alla medesima tipologia di beni era necessario esperire un’ordinaria azione revocatoria, dimostrandone i relativi presupposti e solo in caso di esito positivo del relativo giudizio, procedere con l’esecuzione. Grazie all’art. 2929‐bis, invece, il creditore non è tenuto a dimostrare alcunché.
Conseguentemente, nel caso di atto costitutivo di un mero vincolo di indisponibilità, si seguiranno le regole previste per l’esecuzione contro il debitore, non trasferendosi in questi casi il bene; mentre si seguiranno le regole previste per l’espropriazione contro il terzo proprietario nelle ipotesi di donazioni, liberalità indirette e vendite simulate.
Il debitore, il terzo assoggettato all’espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo di indisponibilità possono resistere per il tramite dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615, provando che l’atto di disposizione non è stato compiuto in frode ai creditori, né ha leso le
11L’azione ex art. 2929‐bis condivide con l’azione di revocatoria ordinaria gli stessi presupposti (esistenza di un credito anteriore, atto di disposizione, pericolo di danno alle ragioni creditorie, consilium fraudis). Differentemente dalla norma in commento, l’art. 2901 c.c. stabilisce che il creditore debba provare ex ante il ricorrere di tali presupposti ai fini della declaratoria d’inefficacia nei suoi confronti degli atti lesivi delle sue ragioni.ragioni del creditore, che non si tratta di un atto a titolo gratuito e che è assente il periculum damni e il consilium fraudis. .
Giova segnalare, infine, come l’art. 2929‐bis c.c. si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione iniziata da altri.
Per concludere, l’art. 2929‐bis c.c., mentre ribadisce il principio di tutela del credito di cui all’art. 2740 c.c., si pone come norma deflattiva del contenzioso giudiziario, muovendosi nell’ottica di tutte le ultime riforme poste in essere dal legislatore e che hanno ad oggetto il tema della giustizia e del processo.
2. Contenuto dell’atto di precetto – art. 480, comma 2, c.p.c.
Il DL n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla L. n. 132/2015, ha modificato il testo dell’art. 480, comma 2, attraverso la previsione di un ulteriore avvertimento contenuto nell’atto di precetto.
Dal 21 agosto 2015, infatti, l’atto di precetto dovrà contenere “l'avvertimento che il debitore può, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.”.
La nuova disposizione impone, quindi, al creditore di rendere edotto il debitore circa la facoltà di evitare l’avvio della esecuzione forzata ovvero di impedirne la prosecuzione avvalendosi delle modalità alternative di soluzione della crisi previste dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 (di seguito L n. 3/2012).
Tale nuova previsione sembrerebbe avere, oltre che una finalità informativa, anche l’obiettivo di favorire l’adozione di tali procedure alternative di composizione della crisi, finora poco utilizzate. Il legislatore, infatti, prevedendo che l’informazione venga resa con l’atto di precetto, ovvero precedentemente all’esecuzione forzata, consente all’interessato la tempestiva proposizione di un ricorso per la composizione della crisi al fine di impedire l’avvio o la conclusione di una esecuzione individuale.
L’avvertimento in oggetto ha una finalità esclusivamente informativa e, per tale ragione, una volta inserito nel precetto, il creditore può iniziare l’esecuzione forzata senza dover attendere l’esito dei procedimenti per la soluzione della crisi di cui il debitore si sia nel frattempo avvalso.
Il debitore, una volta reso edotto delle facoltà previste dalla legge, deve tempestivamente esercitarle al fine di conseguire gli effetti sospensivi che sono ricollegati alla sua eventuale iniziativa.
Considerato che il mancato avviso non incide sugli effetti e sulla funzione del precetto, è da escludersi che il debitore possa impugnarlo per questa omissione che ha una valenza meramente formale.
Il debitore potrebbe però impugnare l’atto di precetto carente dell’avvertimento di cui all’art. 480, comma 2, c.p.c. a condizione che egli dimostri che la mancata formulazione dell’avvertimento non gli abbia consentito di avvalersi tempestivamente delle soluzioni alternative di composizione delle crisi e, nel contempo prospetti come il ricorso ai procedimenti di cui alla L n.3/2012 avrebbe potuto scongiurare l’inizio del processo esecutivo ovvero avrebbe potuto impedirne la prosecuzione.
3 Rapporti del processo esecutivo con le procedure di risoluzione della crisi da sovraindebitamento
L’andamento del processo esecutivo può essere variamente influenzato dall’eventuale svolgimento di procedure di risoluzione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L n. 3/2012, con effetti parzialmente diversificati a seconda della specifica procedura di risoluzione della crisi di cui si discorre (Sugli aspetti sostanziali e per l’inquadramento dei procedimenti relativi alla crisi da sovraindebitamento di cui alla l.n.3/2012, e successive modificazioni ed integrazioni, si rinvia al documento del CNDCEC “Linee guida sulla crisi da sovraindebitamento”, di Luglio 2015, reperibile su cncdec.it... apposita istanza al giudice dell’esecuzione, farà valere l’intervenuta sospensione, essendo suo interesse operare celermente in tal senso.
Tuttavia, il professionista delegato per la vendita potrebbe venire a conoscenza del decreto anche a prescindere dall’iniziativa del debitore, tramite le forme di pubblicità del decreto stabilite dal giudice o tramite la pubblicazione del decreto stesso nel registro delle imprese, se il debitore svolge attività d’impresa).
3.1 Le interconnessioni con l’accordo del debitore
Nell’ambito della procedura di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (di seguito anche accordo del debitore), le eventuali relazioni col processo esecutivo possono essere sintetizzate come segue.
Ai sensi dell’art. 10, comma 1, L n. 3/2012, il giudice, se la proposta di accordo del debitore soddisfa i presupposti previsti, fissa un’udienza con decreto.
Il suddetto decreto deve prevedere – tra l’altro – che, dal momento della sua emanazione, non possano essere iniziate o proseguite azioni esecutive sul patrimonio del debitore proponente l’accordo.
Dette azioni si intendono, quindi, sospese. Pertanto, ai sensi dell’art. 626 c.p.c., finché dura la sospensione, nessun atto del processo esecutivo può essere compiuto e gli atti eventualmente posti in essere sono nulli.
Sul piano pratico, il collegamento tra la procedura di accordo del debitore e il processo esecutivo sarà garantito dal debitore stesso, il quale alla prima udienza utile, se fissata, o, in difetto, tramite
In tali casi, si ritiene che il professionista delegato alle operazioni di vendita debba comunque astenersi dal compiere atti del processo esecutivo (i quali, ove compiuti, sarebbero nulli) e rivolgersi al giudice dell’esecuzione ex art. 591 ter c.p.c. perché questi assuma gli opportuni provvedimenti.
Una volta cessata la sospensione, si ritiene applicabile, in via analogica, l’art. 627 c.p.c., per cui il processo andrebbe riassunto dai creditori nel termine perentorio stabilito dal giudice dell’esecuzione, con decorrenza dal momento in cui è cessata la causa di sospensione, ovvero, in mancanza di termine giudiziale, nel termine perentorio di sei mesi, sempre decorrenti dalla cessazione della causa di sospensione.
Il momento in cui cessa la sospensione e a partire dal quale decorre il termine giudiziale o legale di cui all’art. 627 c.p.c. per la riassunzione, è da individuare nel giorno in cui diviene definitivo il provvedimento giudiziale che rigetta la proposta di accordo del debitore.
La sospensione cessa, in senso stretto, anche con l’omologazione dell’accordo del debitore. In tal caso, però, l’accordo diviene vincolante per i creditori con causa o titolo anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto (cfr. art. 12 comma 3 L n. 3/2012). Ne segue che detti creditori non saranno legittimati a riassumere i processi esecutivi eventualmente già intrapresi e che, qualora la riassunzione sia comunque eseguita, il debitore sarà legittimato a interporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.. Quanto ai creditori con causa e titolo posteriori alla pubblicità, per essi i beni e i diritti oggetto dell’accordo dovranno ritenersi impignorabili, secondo quanto stabilito dall’art. 12, comma 3, citato, con conseguente possibilità del debitore di contrastare eventuali azioni esecutive su detti beni o diritti sempre servendosi dell’azione di cui all’art. 615 c.p.c..
3.2 Le interconnessioni con il piano del consumatore
A differenza dell’accordo del debitore, il piano del consumatore, in linea di principio, non dovrebbe incidere sui processi esecutivi in corso, almeno fino alla sua omologazione.
La disciplina, infatti, che lo riguarda non prevede alcuna sospensione automatica delle azioni esecutive in corso quale contenuto del decreto che fissa l’udienza per la verifica in ordine alla sussistenza requisiti di cui all’art. 12‐bis, comma 3, L n. 3/2012.
Nondimeno, il comma 2 del menzionato art. 12‐bis contempla la possibilità che il decreto sospenda i processi esecutivi la cui prosecuzione potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano.
In ordine alle conseguenze di detta sospensione e all’applicabilità analogica dell’art. 627 c.p.c. all’eventuale successiva riassunzione, si rimanda a quanto detto per l’accordo del debitore, con la precisazione che il professionista delegato alla vendita non potrà venire a conoscenza del decreto che sospende il processo esecutivo tramite una qualche forma di pubblicità, poiché il decreto di fissazione d’udienza relativo alla proposta di piano del consumatore – a differenza di quella di accordo del debitore – non è sottoposta dalla legge ad alcun adempimento pubblicitario.
Non si può escludere a priori, tuttavia, che il professionista delegato possa altrimenti venire a conoscenza della sospensione. Anche per questo caso, si suggerisce di ricorrere al giudice dell’esecuzione ex art. 591‐ ter c.p.c.. La sospensione eventualmente disposta dal giudice cui è sottoposta la proposta di piano con riferimento a singoli processi esecutivi cessa laddove divenga definitivo il provvedimento che rigetta detta proposta.
La sospensione cessa, in senso stretto, anche con l’omologazione del piano del consumatore. Tuttavia, dalla data dell’omologazione del piano i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Inoltre, il piano del consumatore omologato è vincolante per tali creditori.
Quanto ai creditori con causa e titolo posteriori all’omologa, gli stessi non possono agire esecutivamente sui beni e i diritti oggetto del piano (cfr. art. 12‐ter L n. 3/2012).
3.3 Le interconnessioni con la procedura di liquidazione del patrimonio
Con il decreto che dichiara aperta la procedura di liquidazione del patrimonio, il giudice dispone la sospensione delle azioni esecutive, sotto pena di nullità degli atti compiuti dopo l’emissione di detto decreto.
Inoltre, lo stesso decreto inibisce anche l’introduzione di nuove azioni esecutive sul patrimonio del debitore.
Qualora nel patrimonio da liquidare rientrino beni immobili o mobili registrati, il decreto è soggetto a trascrizione nei relativi registri.
Il decreto è, altresì, soggetto a pubblicità nelle forme previste dal giudice in seno al medesimo, nonché sottoposto ad annotazione nel registro delle imprese, ove il debitore sia un imprenditore individuale o una società. Riguardo al comportamento da tenersi da parte del professionista delegato alla vendita non appena apprenda dell’emissione del decreto, si rimanda a quanto detto nel paragrafo riguardante l’accordo del debitore.
I beni e i diritti sopravvenuti entro quattro anni dall’apertura della procedura di liquidazione sono acquisiti alla medesima.
I creditori con causa e titolo posteriori al momento del compimento della pubblicità prevista per il decreto di apertura della liquidazione non possono agire esecutivamente sui beni e i diritti che sono assoggettati alla medesima procedura.
4. Pubblicità degli avvisi ‐ art. 490, comma 1 e 3, c.p.c.
L’art. 490 c.p.c., che disciplina il regime della pubblicità degli avvisi, a seguito delle modifiche apportate dalla L n. 132 del 6 agosto 2015 prevede che “quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della Giustizia in un’area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”.
Con tale nuova disciplina si stabilisce, per tutti gli atti esecutivi, un’unica forma di pubblicità obbligatoria costituita non più dall’affissione all’albo dell’ufficio giudiziario competente per l’esecuzione, ma dalla pubblicazione sul portale del Ministero della Giustizia in un’area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”.
Il secondo comma dell’art. 490 c.p.c., per i beni mobili registrati di valore superiore a 25.000 euro e per i beni immobili, prevede, quale ulteriore forma di pubblicità obbligatoria, la pubblicazione dell’avviso di vendita, dell’ordinanza del giudice e della relazione di stima in appositi siti internet almeno quarantacinque giorni prima del termine previsto per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto.
Il terzo comma dell’art. 490 c.p.c. prevede una forma di pubblicità facoltativa costituita dall’inserimento dell’avviso di vendita sui quotidiani di informazione locali con maggiore diffusione nella zona interessata o, quando ritenuto opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali o, in alternativa, dalla divulgazione con forme di pubblicità commerciale. Tale forma di pubblicità può essere disposta dal giudice, d’ufficio, o su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo e deve essere effettuata almeno quarantacinque giorni prima del termine previsto per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto.
In base a quanto disposto dall’art. 23, comma 2, del DL n. 83/2015, le disposizioni di cui al primo comma dell’articolo in commento, saranno applicabili decorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche previste dall’art. 161‐quater Disp. Att. c.p.c. che disciplina le “modalità di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche”.
L’onere della pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche è a carico del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, del creditore pignorante o del creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. Tale pubblicazione deve avvenire secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, e rese disponibili mediante pubblicazione nel portale delle vendite pubbliche. Quando la pubblicità riguarda beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non può essere effettuata in mancanza della prova dell’avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione, previsto dall’articolo 18‐bis del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Ogni interessato può fare richiesta e registrarsi mediante un’apposita procedura disciplinata dalle specifiche tecniche di cui sopra. Il portale delle vendite pubbliche invierà all’indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata degli interessati un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui è stata effettuata la pubblicità. Il portale delle vendite pubbliche provvede all’archiviazione e alla gestione dei dati relativi alle vendite in esso pubblicate.
Pertanto, il nuovo sistema degli adempimenti pubblicitari regolato dal riformulato comma 1 dell’art. 490 c.p.c., in base a quanto previsto dall’art. 23, comma 2, del DL n. 83/2015, sarà applicabile decorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche previste dall’art. 161‐quater Disp. Att. c.p.c. Al contrario, il comma 9 dello stesso art. 23 del DL n. 83/2015 dispone l’immediata operatività dell’art. 490, comma 3, c.p.c. anche alle procedure esecutive in corso alla data di entrata in vigore del decreto.
E’ possibile affermare che per ciascuna vendita il regime di pubblicità è stabilito dall’ordinanza del giudice dell’esecuzione. Per tale ragione, ai procedimenti che si basano su ordinanze già emesse al momento dell’entrata in vigore del DL n. 83/2015 è applicabile il regime di pubblicità previsto nell’ordinanza emanata in conformità alla precedente formulazione dell’art. 490 c.p.c. (che prevedeva l’obbligatorietà della pubblicità sui quotidiani).
Al contrario, le ordinanze emesse a partire dal 27 giugno 2015 dovrebbero recare gli adempimenti pubblicitari conformi al disposto dell’art. 490, comma 3, c.p.c. nella nuova formulazione con conseguente facoltatività della pubblicità sui quotidiani.
Nel sistema “a regime”, con la piena operatività del regime delineato dall’art. 490 c.p.c. in cui la pubblicazione sui quotidiani o la pubblicità commerciale diventano modalità facoltative di pubblicità, sarà il giudice dell’esecuzione a prescriverne il compimento nell’ordinanza a pena di illegittimità della eventuale successiva aggiudicazione.
5. Conversione del pignoramento – art. 495, comma 4 e comma 6, c.p.c.
La formulazione dell’art. 495, comma 4, c.p.c., antecedente alle modifiche introdotte dalla riforma del 2015, riconosceva al giudice dell’esecuzione la possibilità di concedere la rateizzazione del versamento della somma determinata per la conversione del pignoramento nel solo ambito della espropriazione immobiliare e, comunque, nel limite di diciotto mesi.
Con il decreto DL n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla L n. 132/2015, il comma quarto dell’art. 495 c.p.c. è stato riformulato riconoscendo il beneficio della rateizzazione anche nell’ipotesi in cui “le cose pignorate siano costituite da beni mobili” e prevedendo che la rateizzazione possa avere una durata massima di trentasei mesi. La rateizzazione è concessa dal giudice dell’esecuzione a seguito della valutazione delle caratteristiche oggettive del credito e soggettive del debitore e dell’entità della somma da corrispondere ovvero al fatto che il debitore abbia difficoltà concrete di sostenere una spesa ingente in un’unica soluzione.
Tali novità hanno lo scopo di agevolare l’accesso alla conversione del pignoramento attraverso il raddoppio dei tempi di rateizzazione e con la previsione della sua applicazione estesa a qualunque forma di espropriazione consentendo, inoltre, una celere soddisfazione del diritto del creditore attraverso l’eliminazione della fase di liquidazione del compendio pignorato.
A tal fine, l’ultimo periodo del comma quarto dell’art. 495 c.p.c. stabilisce che “ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell’art. 510, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore”. Il comma sesto dell’art. 495 c.p.c., prevede infine che “con l’ordinanza che ammette la sostituzione il giudice, quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, dispone che le cose pignorate sano liberate dal pignoramento con il versamento dell’intera somma”. Il sistema prevede, quindi, che dal momento del deposito integrale delle somme indicate nell’ordinanza di conversione vengono meno tutti gli effetti che il vincolo pignoratizio ha imposto sul bene pignorato.
6.Termine per presentare l'istanza di vendita o assegnazione – art. 497, comma 1, c.p.c. e art. 501 c.p.c.
L’art. 497 c.p.c. prevede che “il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi quarantacinque giorni senza che sia stata richiesta l’assegnazione o la vendita.”
Il DL n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla L. n. 132/2015, ha ridotto il termine entro il quale deve essere chiesta la vendita o l’assegnazione da “novanta giorni” a “quarantacinque giorni”. Decorso tale termine, il pignoramento diviene inefficace.
7. Mancata dichiarazione del terzo ‐ art. 548 e c.p.c.
Nel modello processuale vigente sino alla riforma del 2012, perfezionata con la successiva riforma del 2014, nell’ambito dell’espropriazione presso terzi, il creditore poteva limitarsi ad una generica indicazione delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione, poiché l’oggetto del pignoramento era destinato ad acquisire certezza attraverso la dichiarazione positiva del terzo pignorato oppure mediante l’accertamento dell’esistenza del suo obbligo, attraverso l’istaurazione di un ordinario giudizio di cognizione. La riforma del 2012, modificando gli articoli 548 e 549 c.p.c., ha stabilito che, a determinate condizioni, la mancata dichiarazione del terzo o il rifiuto di rendere la dichiarazione vale come riconoscimento dell’esistenza del credito o del possesso del bene di appartenenza del debitore e ha previsto che l’accertamento dell’obbligo del terzo ha natura di incidente esecutivo. Per cui, a seguito di tale riforma, il silenzio del terzo vale come riconoscimento implicito dell’esistenza del credito o del possesso di cose appartenenti al debitore. La riforma del 2015 ha limitato tale effetto al solo caso in cui l’allegazione del creditore consenta l’identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo.
Di conseguenza l’art. 549 c.p.c. ha preso in considerazione anche l’ipotesi in cui, a seguito di quanto disposto dall’art. 548, non si pervenga all’identificazione del bene oggetto dell’esecuzione. Pertanto, il nuovo primo comma dell’art. 549 c.p.c. è stato modificato nella parte in cui prevede che a seguito della mancata dichiarazione del terzo non sia possibile l’esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, per cui, anche in tal caso, oltre che nel caso di dichiarazione contestata, il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo. L’ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.”.
8. Iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione a cura di soggetto diverso dal creditore – art. 159-ter Disp. Att. c.p.c.
Il DL n. 83/2015 ha introdotto alcune modifiche alle disposizione per l’attuazione del codice di procedura civile. In particolare, di nuovo conio è l’art. 159‐ter Disp. Att. c.p.c.14 tramite il quale si è previsto che se in data anteriore al deposito della nota di iscrizione a ruolo da parte del creditore ex artt. 518, 521‐bis, 543 e 557 del codice, un soggetto deposita per primo un atto o un’istanza, costui dovrà depositare anche la nota di iscrizione a ruolo e una copia dell’atto di pignoramento. Quando l’istanza proviene dall’ufficiale giudiziario, anche nel caso di custodia dei beni mobili (art.520 c.p.c.), sarà il cancelliere a procedere d’ufficio all’iscrizione a ruolo, dando inizio alla formazione del fascicolo telematico.
Quando l’iscrizione a ruolo avviene a norma dello stesso art. 159‐ter Disp. Att. c.p.c., il creditore, nei termini previsti dagli articoli 518, 521‐bis, 543 e 557 c.p.c., provvede, a pena di inefficacia del pignoramento, al deposito delle copie conformi degli atti previsti dalle predette disposizioni. Inoltre, la nota di iscrizione a ruolo, in base al novellato art. 159‐ter Disp. Att. c.p.c., può essere depositata dai seguenti soggetti, diversi dal creditore e, in questi casi, il deposito può avvenire con modalità non telematiche e la copia dell’atto di pignoramento può essere priva dell’attestazione di conformità:
difensori delle parti precedentemente costituite;
dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
9. Ricerca telematica dei beni da pignorare – art. 492‐bis c.p.c.
S’inserisce nell’ambito dei provvedimenti relativi alle modalità di utilizzo degli strumenti telematici nel procedimento esecutivo anche l’art. 492‐bis. A seguito della modifica introdotta dal DL n. 83/2015 l’istanza presentata dal creditore al Presidente del Tribunale al fine di essere autorizzato alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare “...non può essere proposta prima che sia decorso il termine di cui all’art. 482 c.p.c. Se vi è pericolo nel ritardo, il Presidente del Tribunale autorizza la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notificazione del precetto”.
In base al disposto dell’art. 492‐bis c.p.c., la ricerca dei beni dovrebbe avvenire per via telematica ed a cura dell’ufficiale giudiziario mediante accesso diretto alle banche dati, ma sino alla completa informatizzazione degli U.n.e.p. la ricerca potrà essere gestita direttamente dal creditore istante munito dall’autorizzazione del Presidente del Tribunale. In questo caso, il Presidente del Tribunale autorizza il creditore a richiedere le informazioni necessarie ai gestori delle banche dati “liberamente accessibili” anche se non ancora inserite nel portale del Ministero della Giustizia. Il creditore potrà, quindi, rivolgersi alle banche dati comprese nell’anagrafe tributaria, incluso l’archivio dei rapporti finanziari e degli enti previdenziali.
Un’ulteriore modifica apportata al secondo comma dell’articolo in commento stabilisce che
“l’ufficiale giudiziario procede a pignoramento munito del titolo esecutivo e del precetto anche acquisendone copia dal fascicolo informatico”. Se vi è pericolo nel ritardo “il precetto è consegnato all’ufficiale giudiziario prima che si proceda al pignoramento”. Tale disposizione sembrerebbe confermare che, nelle intenzioni del legislatore, il procedimento disciplinato dall’art. 492 bis c.p.c. costituisce un unicum destinato ad evolversi in pignoramento grazie all’iniziativa dell’ufficiale giudiziario. Infatti, una volta entrato “a regime”, il sistema informatico della cancelleria del tribunale colloquierà con quello dell’U.n.e.p. consentendo all’ufficiale giudiziario, munito dell’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, di acquisire il titolo esecutivo e il precetto disponibili nel fascicolo informatico del tribunale cui egli è autorizzato ad accedere.
10. Vendita forzata – art. 503, comma 2, c.p.c.
Il DL n. 132 del 2014, convertito dalla L. n. 162 del 2014, ha aggiunto all’art. 503 c.p.c. il secondo comma, prevedendo che l'incanto possa essere disposto solo quando il giudice ritenga probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568.
Si richiede al giudice di emettere una prognosi sulla possibilità di procedere con la vendita del bene con la modalità dell’incanto. Di fatto, relegando la vendita con incanto a ipotesi meramente residuale, in quanto accessibile solo nei soli casi in cui il giudice ritenga che dalla vendita si possa ricavare almeno il 50 % in più del valore del bene15.
Il DL n. 83/2015 con l’art. 23, undicesimo comma, ha modificato la disciplina transitoria inizialmente prevista dal DL n. 132 /201416, stabilendo che tale secondo comma sia applicabile, a far data dall’entrata in vigore dello stesso decreto legge, anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 162/2014, a beneficio delle procedure già iniziate in termini di semplificazione e rapidità degli adempimenti.