Cass. civ., Sez. II, 1° marzo 2016, n. 4051 - INGIUNZIONE (PROCEDIMENTO PER) - PROCEDIMENTO CIVILE Domande


Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo il creditore ha la facoltà di modificare la domanda proposta in via monitoria, essendogli consentita l'emendatio libelli ma assolutamente non gli è consentita la c.d. mutatio libelli. La modificazione della domanda, consentita ai sensi dell'art. 183 c.p.c. può riguardare uno o entrambi gli elementi della domanda, il petitum e la causa petendi, sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei termini processuali. Tale possibilità è finalizzata a consentire che si concentrino, in un unico processo e dinnanzi allo stesso giudice, delle controversie aventi ad oggetto la medesima vicenda sostanziale, piuttosto che determinare la potenziale proliferazione dei processi.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 13 marzo 1998 Vianova Engineering Solutions s.r.l. chiedeva la pronuncia di un decreto ingiuntivo al Tribunale di Gorizia, deducendo di essere creditrice nei confronti di F.O.M. s.p.a. per l'importo di 189.000.000, somma che costituiva il saldo del corrispettivo ad essa spettante per la realizzazione e la fornitura di una traversa magnetica per lamiere completa delle parti accessorie.

Emesso il decreto, proponeva opposizione l'intimata, la quale oltre a eccepire in via pregiudiziale l'incompetenza territoriale del giudice

adito in via monitoria, contestava nel merito e sotto diversi profili la pretesa azionata; F.O.M. inoltre proponeva domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni da essa sofferti "con riferimento alla prodromica e più complessa fornitura che la prima, in quella stessa epoca, era tenuta a sua volta ad effettuare in favore di Fincantieri, ed in cui appunto si innestava la traversa magnetica commissionata a Vianova" (danni quantificati in E 361.906.693).

Il Tribunale di Gorizia, nella resistenza di Vianova, dichiarava la propria competenza e rigettava l'opposizione.
Interponeva appello F.O.M., e la Corte di appello di Trieste, giudicando del gravame nel contraddittorio con la curatela di Vianova, nel frattempo fallita, respingeva l'impugnazione.

La sentenza della corte friulana è stata impugnata per cassazione dalla soccombente appellante con ricorso imperniato su tre diversi motivi. Resiste il Fallimento Vianova, che ha depositato controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt, 1665, 1667 e 1668 c.c. nonché per insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.. La ricorrente, facendo ampio richiamo della documentazione prodotta, lamenta che il giudice del gravame avrebbe mancato di esaminare parte di essa e valorizzato il silente e acquiescente comportamento tenuto da F.O.M. durante la progettazione e l'esecuzione dell'opera, finendo col ritenere che con il proprio comportamento concludente la subcommittente avrebbe manifestato una chiara volontà, ancorché tacita, di accettare la consegna senza riserve. La corte distrettuale avrebbe infatti sottolineato che F.O.M. non aveva mai contestato l'esecuzione dell'opera e che la stessa non si era presentata a visionarla, nonostante sapesse che la lavorazione era stata ultimata dall'aprile 1997; la subcommittente, anzi, aveva continuato a pagare il corrispettivo pattuito anticipando in parte i pagamenti cui era tenuta. La censura investe: per un verso, la mancata considerazione delle richieste di F.O.M. circa 1e indicazioni da fornirsi in ordine ad aspetti progettuali dell'opera e l'affermazione, contenuta nella pronuncia, secondo cui la ricorrente non avrebbe contestato, nel corso del rapporto, il contenuto di alcune comunicazioni, intercorse nell'aprile 1997, con cui Vianova l'avrebbe resa edotta del completamento dell'opera e l'avrebbe invitata a visionare quanto da essa realizzato; per altro verso, il rilievo attribuito, nel corpo motivazionale della sentenza, al fatto che Vianova avrebbe "continuato a pagare anche non rispettando le scadenze originarie, e cioè anticipando in parte i pagamenti"; per altro verso ancora, l'asserzione secondo cui l'opera sarebbe stata accettata; da ultimo, la circostanza relativa al fatto che, per accertare i vizi dell'opera, era stata disposta, proprio in sede di appello, una consulenza tecnica d'ufficio, che non avrebbe avuto motivo di essere esperita laddove la tematica dei vizi non avesse interessato la decisione.

Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. con riferimento agli artt. 1965 ss. c.c. e in relazione al n. 4 dell'art. 360 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riguardo agli artt. 1965 ss. e all'art. 1362 c.c., in relazione all'art. 360, n. 4, con conseguente violazione e falsa applicazione delle medesime norme di diritto sostanziale in relazione al n. 3 dello stesso articolo. Con la comparsa di risposta depositata in tribunale Vianova aveva dedotto che l'importo preteso in via ingiuntiva trovava fondamento in un contratto transattivo, concluso attraverso uno scambio di missive del 14 ottobre 1997. La corte d'appello avrebbe impropriamente attribuito rilievo a tale estensione del thema decidendum sottolineando come nel proprio ricorso per ingiunzione Vianova avesse fatto richiamo al predetto accordo. Per contro, secondo la ricorrente, sul punto si era determinata una inammissibile mutati() libelli, avendo riguardo alla causa petendi introdotta, che il giudice del gravame aveva mancato di rilevare.

Il terzo motivo, infine, critica la sentenza impugnata sotto il profilo della insufficiente e contraddittoria motivazione su un diverso punto della >controversia, con riferimento alla espletata consulenza tecnica, e in relazione al n. 4 dell'art. 360 c.p.c., oltre che per totale travisamento delle risultanze peritali. La corte di merito avrebbe minimizzato i gravissimi vizi di progettazione ed esecuzione della traversa, accertati e descritti con dovizia di particolari dal consulente d'ufficio, affermando, con evidente contraddizione, che i predetti difetti, per quanto gravi, non comportassero alcuna responsabilità a carico di Vianova in quanto la loro risoluzione doveva ritenersi agevole e attuabile con l'impiego di soluzioni di scarso valore economico. Inoltre la somma di 2. 2.500.000, menzionata dalla corte di Trieste quale importo corrispondente al costo del dispositivo che aveva dovuto installarsi per eliminare gli inconvenienti prodottisi, non era stato nemmeno portato a scomputo del credito della subappaltatrice. Infine i vizi avevano comportato i più vistosi danni, anche da lucro cessante, subiti in ragione della dipendenza del subappalto dalla principale commessa di Fincantieri.

Viene esaminato con priorità rispetto agli altri motivi il secondo, il quale concerne una questione processuale: essa è relativa all'ammissibilità dell'ingresso, all'interno del processo, di quello che si prospetta essere un titolo della pretesa - l'accordo dell'ottobre 1997 - diverso rispetto a quello fatto valere in via ingiuntiva.

La censura non coglie nel segno.

La corte distrettuale ha motivato sul punto evidenziando che il detto accordo era menzionato nel corpo del ricorso per ingiunzione, ove era esposto che nel mese di ottobre 1997 non aveva ancora provveduto al ritiro della traversa magnetica "sicché le parti convenivano, visto il protrarsi dei tempi, che la committente avrebbe versato un ulteriore 10% sul prezzo al collaudo in opera, anticipando il saldo della fornitura a 90 gg. dalla data di consegna".

Il detto accordo (indipendentemente dalla sua qualificazione come transazione) aveva evidentemente stretta inerenza alla vicenda relativa alla dinamica dei rapporti che, in sede esecutiva, interessò il contratto di subappalto: ed è del tutto evidente che la ricorrente in via ingiuntiva, nel prospettarlo, abbia inteso porlo a fondamento della pretesa, indicandolo tra i fatti rilevanti che il giudice del monitorio avrebbe dovuto prendere in esame nel concedere o meno il provvedimento richiesto. Le argomentazioni che si sono sviluppate nel corso del processo intorno al significato e alla obiettiva rilevanza del detto accordo non potevano del resto determinare una inammissibile modificazione della domanda, in quanto quest'ultima non può discendere dalle plurime interpretazioni o qualificazioni che si innervano sul quadro fattuale dedotto.

E' da premettere che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo il creditore ha la facoltà, pur limitata, di modificare la domanda proposta in via monitoria. Si è detto, infatti, che mentre gli è vietata la mutatio libelli, gli è senz'altro consentita la semplice emendati° (ad es.: Cass. 8 gennaio 2015, n. 75; Cass. 23 giugno 2009, n. 14646)Questa corte regolatrice ha in proposito ritenuto in più occasioni, in passato, che non si ha mutati° libelli con riguardo alla causa petendi ove risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto (per tutte: Cass. 20 luglio 2012, n. 12621). Tale giurisprudenza, che muoveva dalla valorizzazione delle distinzione tra mutati() ed emendati° libelli, risulta oggi superata dalle Sezioni Unite, secondo cui "la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda  così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tem pi processuali" (Cass. S.U. 15 giugno 2015, n. 12310). Nella pronuncia si è sottolineato come detta soluzione, intesa a riconoscere la possibilità di modificare domande, eccezioni e conclusioni già formulate, sia finalizzata a soddisfare l'esigenza di realizzare, in un'ottica di maggiore economia processuale e di migliore giustizia sostanziale, la concentrazione nello stesso processo dinanzi allo stesso giudice delle controversie aventi ad oggetto la medesima vicenda sostanziale: infatti, l'interpretazione adottata è apparsa idonea a favorire una soluzione della complessiva vicenda sostanziale ed esistenziale portata davanti al giudice in un unico contesto, invece di determinare la potenziale proliferazione dei processi. Hanno pure aggiunto le Sezioni Unite che la concentrazione favorita da questa interpretazione risulti maggiormente rispettosa della stabilità delle decisioni, anche in relazione alla limitazione del rischio di giudicati contrastanti, nonché dell'effettività della tutela assicurata, sempre messa in pericolo da pronunce meramente formalistiche.

Ciò posto, specie alla luce di tale nuovo indirizzo interpretativo, deve escludersi che ai giudici di merito fosse precluso l'esame dell'accordo dell'ottobre 1997: accordo che, dopo essere stato menzionato nel ricorso per ingiunzione (e quindi prospettato come segmento della vicenda complessiva portata all'esame del giudice della fase monitoria), venne specificamente indicato nella comparsa di risposta quale elemento rilevante per l'assetto di interessi che si andò determinando quando il rapporto obbligatorio era in corso di attuazione. In altri termini, proprio per la richiamata esigenza di concentrazione, le deduzioni inerenti all'accordo dell'ottobre 1997 non dovevano essere isolate ed espunte dalle questioni che si sovrapponevano alla concatenazione degli atti e dei fatti prospettati.

Il primo motivo merita invece accoglimento.

Si legge nella sentenza impugnata che nella citazione in appello F.O.M. aveva rilevato: che l'invio degli elaborati progettuali in forma completa doveva precedere l'attività di verifica; che non aveva inteso sottrarsi alla verifica dell'opera, limitandosi piuttosto a differirla al momento in cui la traversa magnetica fosse stata consegnata presso lo stabilimento della propria committente Fincantieri; che i difetti dell'opera erano emersi in occasione della verifica

congiunta effettuata dalle parti presso Fincantieri; che l'accordo dell'ottobre 1997 non implicava alcuna rinuncia di essa ricorrente alla consegna dell'opera immune da vizi.

Nella comparsa di risposta depositata in fase di gravame Vianova aveva invece opposto di aver invano invitato la controparte, nell'aprile 1997, a procedere alla verifica dell'opera; l'appellata aveva inoltre dedotto che in sede di collaudo presso Fincantieri a Palermo, alla presenza di un proprio tecnico, non erano emersi vizi addebitabili ad essa subappaltatrice e che le spese necessarie per rimuovere l'inconveniente occorso risultavano essere di scarsa entità.

La corte di merito ha osservato che il 17 aprile e il 6 maggio 1997 Vianova aveva invitato F.O.M. a visionare la traversa magnetica commissionatale e che

successivamente la stessa subappaltatrice aveva inviato i disegni progettuali; ha poi evidenziato che nel successivo mese di ottobre la subappaltante aveva proposto alla subappaltatrice che, per venire incontro alle esigenze di questa, avrebbe versato un ulteriore 10% al collaudo in opera e che la stessa F.O.M. aveva autorizzato la controparte all'emissione di ricevuta bancaria a saldo "a novanta giorni data consegna, anziché data collaudo". Aggiunge che Vianova, dopo aver

ribadito di aver inviato i disegni progettuali e di aver in precedenza invitato la committente "a prendere visione dell'impianto e ad assistere al pre-collaudo della traversa", aveva accettato le modalità di pagamento proposte. Ha quindi concluso che F.O.M. non aveva mai contestato che l'opera fosse stata eseguita, che la stessa non si era presentata a visionarla e che, benché l'opera fosse stata "portata a compimento fuori dalle pattuizioni", senza essere stata verificata, la stessa odierna ricorrente aveva "continuato a pagare anche non rispettando le scadenze originarie, e cioè anticipando i pagamenti". Da ciò ha tratto la conclusione che l'opera era stata "comunque accettata in modo tacito/presunto dal subappaltatore": tanto - ha precisato - che l'attuale ricorrente aveva "rinviato il proprio collaudo della traversa al momento in cui sarebbe stata posta in opera in cantiere a Palermo, in presenza di Fincantieri, destinatario finale dell'opera di F.O.M., che comprendeva l'opera di Vanova".

I descritti passaggi motivazionali appaiono censurabili nei termini che si vengono ad esporre.

La sentenza impugnata richiama, a diversi fini, l'accettazione tacita (o presunta), la mancata verifica e il rinvio del collaudo dell'opera.

L'accettazione dell'opera rileva sia ai sensi del 13

3° che del 4 ° co. dell'art. 1665 c.c.: l'opera infatti si intende accettata sia nel caso in cui il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi o non ne comunichi il risultato entro breve termine (3 ° co.), sia nel caso in cui il committente riceve la consegna dell'opera senza riserve (4 ° cc.). Concettualmente, la verifica dell'opera si distingue dal collaudo: la prima si risolve nelle attività materiali di accertamento della qualità dell'opera, e l'altro nella successiva dichiarazione dello stesso committente, o del terzo da lui incaricato, con la quale si esprime il giudizio sull'opera stessa eseguita dall'appaltatore (Cass. 6 settembre 2002, n. 12981, in motivazione). Diversa sia dalla verifica che dal collaudo è l'accettazione dell'opera da parte del committente, che è vero e proprio atto negoziale il quale esige che il committente esprima (anche per facta

concludentia) il gradimento dell'opera stessa: ciò da cui discendono effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità dell'opera ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. 12 maggio 2003, n. 7260; Cass. 17 giugno 2004, n. 11349; Cass. 21 giugno 2013, n. 15711).

La corte distrettuale non precisa affatto se l'opera si debba considerare accettata per la mancata verifica, o non piuttosto perché sia stata ricevuta senza riserve.

Ma, a prescindere da tale profilo, non appare adeguatamente motivata l'affermazione secondo cui F.O.M., benché invitata, avrebbe mancato di verificare l'opera. Risulta infatti dalla sentenza impugnata (pag. 24) che, nel momento in cui fu chiamata a visionare la traversa magnetica (17 aprile e 6 maggio 1997) Vianova non aveva provveduto a inviare alla controparte contrattuale i propri disegni progettuali: e lo stesso giudice del gravame ha del resto dato atto che nel proprio atto di appello F.O.M. aveva lamentato proprio il mancato apprezzamento, da parte del tribunale, della circostanza relativa al tardivo invio (nel maggio 1997) degli elaborati. La corte distrettuale avrebbe dovuto quindi valutare la rilevanza della mancata trasmissione della detta documentazione ai fini della verifica e motivare riguardo al fatto che una verifica dell'opera potesse aver luogo anche senza l'acquisizione, da parte della subappaltante, degli elaborati progettuali relativi al prodotto commissionato. Va osservato, al riguardo, che, poiché il passaggio motivazionale che interessa (quello relativo alla mancata verifica) si basa su inviti che erano stati formulati prima della >trasmissione dei disegni, né è spiegato se, in base alle circostanze, la successiva trasmissione degli elaborati poteva assumere un qualche rilievo con riferimento all'onere di P.O.M. di procedere alla verifica, l'insufficienza argomentativa della pronuncia non appare, sul punto, superabile.

Con riferimento, poi, all'accettazione dell'opera, essa non poteva evidentemente prospettarsi con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 1665, 4 0 co. c.c., visto che la corte distrettuale non riferisce di un'approvazione, espressa o tacita, dal subappaltante a seguito della consegna della traversa magnetica presso Fincantieri. La stessa corte di Trieste sembrerebbe poi ritenere che l'approvazione dell'opera possa dipendere dalla mancata contestazione dell'esecuzione di essa da parte del subcommittente o dal pagamento, da parte di questo, di acconti sul prezzo anticipati rispetto alle scadenze originarie. Ma l'accettazione dell'opera risulta insensibile rispetto all'una o all'altra evenienza: l'omessa doglianza circa l'effettuazione dei lavori non implica, come è intuibile, che il committente esprima un gradimento rispetto al risultato

finale; e altrettanto è a dirsi per i versamenti di quote del corrispettivo che vengano effettuati in osservanza di un piano concordato dalle parti nel corso del rapporto, e prima della consegna (nella specie: con l'accordo dell'ottobre 1997).

Tanto meno poteva ritenersi che l'accettazione andasse desunta dal rinvio del collaudo della traversa presso il cantiere di Palermo: giacché è proprio col collaudo, come si è osservato, che si esprime un giudizio finale sulla bontà dell'opera dell'appaltatore.

Al giudice di rinvio competerà quindi di accertare se la verifica dell'opera potesse aver luogo anche senza la preventiva acquisizione, da parte della subappaltante, della documentazione progettuale - ciò ai fini dell'apprezzamento dei giusti motivi di cui al 3°co. dell'art. 1667 c.c. - o se, comunque, l'invio di detta documentazione assumesse, in base alle risultanze probatorie di causa, un qualche rilievo in relazione ai precedenti inviti; lo stesso giudice dovrà inoltre verificare se un'accettazione tacita, o presunta, possa desumersi dal complessivo quadro istruttorio, tenendo conto che né la mancata contestazione circa l'esecuzione dell'opera, né l'effettuazione dei pagamenti in acconto sul prezzo possono dar vita a una tale accettazione.

Anche il terzo motivo appare fondato.
La corte di Trieste ha rilevato che il consulente tecnico aveva accertato, con riferimento alla traversa magnetica, vizi di progettazione consistenti nel mancato controllo delle oscillazioni del carico sospeso e nel mancato controllo dell'allentamento delle funi di sospensione in fase di arresto in discesa. Ha poi evidenziato che i difetti erano stati eliminati da F.O.M. con soluzioni di scarsissimo valore economico.

La garanzia per i vizi palesi non trova applicazione nell'ipotesi in cui l'opera sia da considerarsi accettata (art. 1667, 10 co. c.c.), onde la riconoscibilità dei vizi, accertata dal consulente, precluderebbe ogni ulteriore esame circa la rilevanza dei medesimi nel caso in cui si pervenga alla conclusione che F.O.M. abbia accettato l'opera: ciò che dovrà verificarsi in sede di rinvio. Peraltro, nell'ipotesi in cui l'opera non sia da considerare accettata, non rileva che i difetti siano stati eliminati dalla subcommittente dopo la consegna, tale circostanza non escludendo, come è di tutta evidenza, l'inadempimento della subappaltatrice; inoltre, non poteva omettersi di prendere in considerazione i costi affrontati dall'attuale ricorrente e mancarsi di portarli in detrazione del maggior importo dovuto a Vianova a titolo di corrispettivo per il solo fatto che essi erano di una entità ridotta.

In presenza del denunciato vizio motivazionale, la sentenza va cassata anche sul punto e il giudice di rinvio, nel caso in cui accerti che l'opera non possa considerarsi accettata da F.O.M., dovrà procedere a detrarre dall'importo dovuto a Vianova il costo affrontato dalla ricorrente per l'eliminazione dei vizi.

Quanto invece, al profilo attinente alla omessa considerazione attinente ai danni anche da lucro cessante che sarebbero stati sofferti da F.O.M. per effetto dei nominati vizi, esso inerisce, evidentemente, al mancato accoglimento della domanda riconvenzionale: ma con riferimento a tale domanda, su cui la corte di merito non ha pronunciato - dopo che nemmeno il tribunale aveva reso alcuna statuizione intorno ad essa non è stata proposta alcuna impugnazione, onde la questione non può trovare ingresso nella presente sede.

In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento al primo e al terzo motivo, per cui la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, che deciderà anche sul punto delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo,

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