RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE

 

Nozione di responsabilità precontrattuale


Responsabilità per lesione della libertà negoziale. Non tutela l’interesse all’adempimento ma l’interesse del soggetto a non essere coinvolto in trattative inutili, a non stipulare contratti invalidi o inefficaci e a non subire inganni in ordine ad atti negoziali.
Es. contratto che una parte ha stipulato a seguito del dolo dell’altra parte o di un terzo: l’autore del dolo risponderà per responsabilità precontrattuale per aver indotto con l’inganno la vittima a stipulare in contratto che altrimenti non avrebbe stipulato. Il danno non consiste nella lesione del cosiddetto interesse positivo (interesse all’esecuzione del contratto) ma nell’interesse negativo (interesse a non stipulare contratti invalidi o a contenuto alterato).

1° norma: obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto.

2° norma: responsabilità della parte che conoscendo o dovendo conoscere una causa di invalidità non ne dà notizia all’altra parte → deve risarcire il danno sofferto.

La giurisprudenza ha ravvisato nella 1° norma l’enunciazione fondamentale del principio della responsabilità precontrattuale e nella 2° norma una specificazione di questa. Le parti devono comportarsi sia in buona fede che con diligenza: la responsabilità precontrattuale può avere causa sia nella scorrettezza che nella colpa. L’interesse protetto è quello della libertà negoziale

Natura della responsabilità precontrattuale

L’inquadramento della responsabilità precontrattuale nell’ambito della responsabilità aquiliana o della responsabilità contrattuale rappresenta una vexata quaestio che ha diviso (e che tuttora divide) dottrina e giurisprudenza. La stessa Corte di Cassazione ha manifestato orientamenti oscillanti, che hanno portato a relegare per anni come minoritaria la tesi che sorprendentemente da ultimo è stata abbracciata nella recentissima sentenza n. 14188 del 12 luglio 2016.

La tesi maggioritaria aveva da sempre inquadrato la responsabilità precontrattuale nell’alveo dell’illecito aquiliano, in quanto l’interesse leso sarebbe la generale libertà negoziale, ascrivibile a sua volta alla categoria generale del neminem laedere.

La tesi della responsabilità contrattuale s’incentra sul dovere di buona fede e assume che si tratterebbe della violazione di un vincolo obbligatorio tra soggetti determinati: i contraenti. A carico di questi nasce un’obbligazione legale di buona fede. Questa tesi incontra però alcune obiezioni come il fatto che l’obbligo di buona fede precontrattuale non comporta che si tratti di rapporto obbligatorio tra soggetti determinati. Inoltre l’obbligazione è posta a carico di un soggetto determinato per soddisfare un particolare interesse individuale mentre l’obbligo generico è posto a carico dei consociati per tutelare interessi della vita di relazione suscettibili di essere lesi nei contratti sociali. In generale i consociati devono agire con adeguata diligenza per non ledere tale interesse e devono osservare il precetto di buona fede.

La pronuncia del 2016 (n.14188) ha in certo qual modo resuscitato quelli che erano degli orientamenti minoritari

Le varie ipotesi di responsabilità precontrattuale.


1) Violazione dei doveri di buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto.
Le parti devono comportarsi secondo buona fede (1337 cc). La buona fede rileva qui come regola di condotta e cioè buona fede in senso oggettivo ed esprime il principio della solidarietà contrattuale e si specifica nei due fondamentali aspetti della lealtà e della salvaguardia. Impone alla parte di comportarsi lealmente e di attivarsi anche a salvaguardare l’utilità dell’altra nei limiti di un apprezzabile sacrificio. All’uno e all’altro aspetto (lealtà- salvaguardia) possono ricondursi gli obblighi tipici in cui si specifica ulteriormente la buona fede nella fase precontrattuale. Obblighi tipici di buona fede nella fase precontrattuale sono:

 

sotto il profilo della lealtà:

  • -  Informazione → informare l’altra parte sulle circostanze di rilievo che

    attengono all’affare altrimenti si viola = reticenza. Riguarda le circostanze obiettive che rendono il contratto invalido, inefficace o inutile. Non può invece comprendere la convenienza dell’affare perché ciascuno ha l’onere di valutare da sé la convenienza. A carico del contraente, concerne innanzitutto le cause di invalidità e inefficacia del contratto. Stipulato il contratto, la reticenza perde di rilevanza perché la parte sarà responsabile per aver stipulato il contratto senza averne diligentemente verificato le condizioni di validità ed efficacia. Il dovere di informazione comprende poi le cause di impedimento, ma anche qui la stipulazione del contratto rende irrilevante il silenzio della parte la quale in tal caso dovrà rispondere non per reticenza ma per inadempimento o inesatto adempimento del contratto. Bisogna informare la controparte anche della pericolosità del contratto o del bene ma se viene stipulato rientra nella responsabilità contrattuale. Il dovere di informazione comprende ancora le cause di inutilità del contratto (irrealizzabilità della causa) o della prestazione (insuscettibile di realizzare il suo interesse). Quest’ultima può anche diventare un errore essenziale del contraente se ricade su qualità del bene o servizio. L’inutilità costituisce inadempimento del contratto.

  • -  Chiarezza → il contraente deve evitare un linguaggio suscettibile di non essere pienamente compreso dalla controparte. Il contraente non si comporta secondo buona fede se approfitta dell'ignoranza dell'altra parte in ordine al significato della clausola accettata.

  • -  Segreto → la buona fede esige che i contraenti non divulghino le notizie riservate che abbiano appreso in quanto partecipi delle trattative. Il mediatore è tenuto al segreto perché le notizie sono apprese nell'esercizio della sua professione.

    sotto il profilo della salvaguardia:

- Obbligo del compimento degli atti necessari per la validità ed efficacia del

contratto → leva l'inerzia, dolosa o colposa, del contraente che non presenta la domanda per ottenere un'autorizzazione pubblica richiesta a pena di nullità o di inefficacia del contratto. Si richiede al soggetto di salvaguardare un interesse della controparte che non rientra nel contenuto di una prestazione obbligatoria o del dovere del neminem leadere. Impegno entro i limiti di un apprezzabile sacrificio del soggetto.

Nell'ambito dei doveri di buona fede la dottrina ricomprende anche il dovere di custodia dei beni che la parte riceve in esame: si ha un'obbligazione di custodia che è strumentale rispetto all'obbligazione della restituzione e il cui inadempimento dà luogo a responsabilità contrattuale.

2) Il recesso ingiustificato dalle trattative

una ricorrente ipotesi di responsabilità precontrattuale è data dalla rottura ingiustificata delle trattative: il contraente recede senza una valida giustificazione da trattative condotte fino al punto di indurre l'altra parte a confidare ragionevolmente nella conclusione del contratto. La responsabilità precontrattuale non presuppone un obbligo di contrarre. Il contraente conserva il potere di revocare la propria proposta o la propria accettazione fino a quando

il contratto non è concluso. La responsabilità del soggetti deriva dall'avere dolosamente o colposamente indotto l'altra parte a confidare ragionevolmente nella conclusione del contratto. Il comportamento doloso sussiste quando il soggetto inizia o prosegue le trattative pur avendo l'intenzione di non concludere il contratto. Sussiste la colpa quando il soggetto non si attiene alla normale prudenza nell'indurre l'altra parte a confidare nella conclusione del contratto. Il limite delle trattative dipende dalle circostanze concrete ma può per esempio ravvisarsi quando i contraenti hanno raggiunto un'intesa di massima sui punti essenziali dell'affare dovendo ancora stabilire dettagli. In dottrina si è negato che possa bastare la semplice colpa del contraente occorrendo un comportamento contrario a buona fede. Il precetto di buona fede non è il solo principio che governa la responsabilità precontrattuale, le parti devono conformarsi al precetto della ordinaria diligenza. Conformemente alla regola della responsabilità extracontrattuale è il danneggiato che deve dare prova del fatto lesivo e cioè che l'interruzione delle trattative ha leso un affidamento ragionevolmente creato dal comportamento della controparte. Non occorre invece dimostrare anche la mancanza di una giusta causa perché il comportamento lesivo è presuntivamente colposo. A carico del danneggiante la prova delle circostanze che hanno giustificato da parte sua l'interruzione delle trattative.

3) Stipulazione di contratto invalido o inefficace

Altra ipotesi di responsabilità precontrattuale è data dalla dolosa o colposa stipulazione di contratto invalido o inefficace. Mentre nel recesso ingiustificato il soggetto è coinvolto in una trattativa inutile qui è coinvolto in una stipulazione inutile. Il soggetto è leso nella sua libertà negoziale in quanto il comportamento doloso o colposo dell’altra parte lo ha coinvolto nella stipulazione di un contratto invalido o inefficace. Il codice prevede espressamente la responsabilità della parte che conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una certa causa d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte. Quest’ultima ha diritto ad essere risarcita del danno subito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. Specificazione del precetto di buona fede. La parte sarà responsabile per colpa pur dovendosi escludere la mala fede. Il fatto lesivo è costituito dalla stipulazione del contratto invalido o inefficace da parte di chi conosce o dovrebbe conoscere tali cause. La legge fa generico riferimento alle cause di invalidità del contratto. Tale riferimento comprende i casi di annullabilità che abbiano portato all’annullamento del contratto. In tale riferimento devono inoltre ricomprendersi i casi di inefficacia.

Occorre non confondere i casi di inefficacia del contratto con quelli in cui la mancata produzione di un effetto costituisce inadempimento di una delle parti. In dottrina si ritiene che la norma presupponga la stipulazione di un contratto nullo o annullabile e che essa sia quindi inapplicabile con riguardo ad un contratto inesistente ma non basta la qualifica di inesistenza per escludere di per sé la responsabilità precontrattuale del soggetto in quanto tale responsabilità è comunque riscontrabile a carico di chi dolosamente o colposamente indica altri a confidare nella stipulazione del contratto o a compiere un’inutile attività negoziale. Ai fini della responsabilità precontrattuale la legge richiede ulteriormente che la parte lesa abbia confidato senza colpa nella validità del contratto → il danno dev’essere sopportato dal danneggiato quando il suo comportamento sia causa dell’evento dannoso. Diversa conclusione quando il silenzio della parte integra la fattispecie del dolo al fine di indurre l’altra parte all’affidamento: il dolo è illecito e causa esclusiva del danno. La colpa va valutata in concreto. In giurisprudenza si ritiene in colpa il contraente che ignora cause di invalidità previste direttamente dalla legge ma è una generalizzazione artificiosa perché va valutata in concreto.

 

4) Violenza e dolo. Colposa induzione in errore

La lesione della libertà negoziale si riscontra in tutti i casi in cui il contraente è vittima di violenza o dolo. La violenza è la più grave forma di lesione della libertà negoziale ed è sempre causa di invalidità del contratto. Se la violenza proviene da terzo e la controparte non ne era a conoscenza la responsabilità ricade sul terzo. La violenza può essere esercitata anche per impedire la conclusione del contratto. Anche il dolo comporta la responsabilità precontrattuale del suo autore: il dolo è causa di invalidità del contratto se posto in essere dalla controparte o da terzo purché la controparte ne sia a conoscenza → responsabilità solidale. Se la controparte non era a conoscenza il contratto non è annullabile ma il terzo è comunque responsabile e dovrà risarcire il danno nella misura dell’interesse della vittima a non stipulare il contratto. In caso di dolo incidente (1440 cc) il contratto è valido ma l’autore del dolo risponde del danno costituito dalla minore convenienza economica dell’affare a causa dell’intervento doloso. Al di fuori dell’ipotesi di dolo la lesione della libertà è altresì riscontrabile quando la controparte o un terzo abbiano colposamente indotto il contraente in errore (anche se non essenziale ma errore incidente sul contenuto del contratto).

 

Il danno risarcibile


La responsabilità precontrattuale comporta l’obbligo del risarcimento del danno nei limiti del c.d. interesse negativo e cioè dell’interesse del soggetto a non essere leso nell’esercizio della sua libertà negoziale. Il danno è rappresentato dalla perdita che il soggetto avrebbe evitato (danno emergente) e dal vantaggio economico che avrebbe conseguito (lucro cessante) se il contratto fosse stato eseguito. Il danno dell’interesse negativo consiste nel pregiudizio che il soggetto subisce

  • -  per avere inutilmente confidato nella conclusione o nella validità del contratto

  • -  per avere stipulato un contratto che senza l’altrui illecita ingerenza non avrebbe stipulato o avrebbe stipulato a condizioni diverse.

    Il soggetto ha diritto al risarcimento del danno consistente nelle spese inutilmente erogate e nella perdita di favorevoli occasioni contrattuali (costi per trattative, costi per eseguire prestazione..). occorre tener ferma la distinzione rispetto al danno per inadempimento del contratto che è determinato in ragione dell’utile netto che il creditore avrebbe conseguito dall’esatto adempimento del contratto. Il danno da impedimento invece è la perdita di un’occasione favorevole. Se il contratto rimane valido il danno consiste nelle migliori condizioni che il contraente avrebbe ottenuto senza illecita ingerenza. Anche in tema di responsabilità precontrattuale il danneggiato ha pur sempre diritto all’integrale risarcimento del danno sofferto.

     

Responsabilità precontrattuale dell’incapace -

L’incapace non può incorrere in responsabilità precontrattuale in tutti i casi in cui il contratto è annullato per sua incapacità. L’invalidità è prevista a preminente tutela dell’incapace e il pregiudizio derivante da tale invalidità è quindi un rischio a carico del contraente capace, il quale ha l’onere di accertarsi dello stato di capacità legale della controparte già al momento di iniziare le trattative. Deve anche escludersi la responsabilità precontrattuale dell’incapace che recede dalle trattative, dato che il recesso è sempre giustificato dal preminente interesse dell’incapace e il relativo danno non può quindi essere posto a carico dell’incapace medesimo. Una deroga al principio di invalidità a tutela dell’incapace è ammessa solo nell’ipotesi in cui il minore abbia con raggiri occultato la sua minore età ma in tal caso il negozio non è annullabile. Quando si è al di fuori dell’ipotesi di annullamento del contratto per incapacità la lesione alla libertà negoziale che il contraente subisce ad opera dell’incapace non è diversa dalla lesione che può essere arrecata da un qualsiasi soggetto. La responsabilità dell’incapace legale può ammettersi solo in quanto risulti concretamente accertata la sua capacità d’intendere e di volere.

Responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione

Tale responsabilità è riscontrabile in capo alla PA. La responsabilità precontrattuale della PA non presuppone una pretesa del terzo contraente né alla stipulazione del contratto né alla sua approvazione da parte dell’autorità tutoria. Ciò che può pretendere chi contratta con un ente pubblico è che nelle trattative e nella fase di formazione del contratto l’ente tenga un comportamento improntato ai precetti di buona fede e della normale diligenza ai quali sono tenuti in generale i contraenti. Nei rapporti con l’ente pubblico rilevano le segnalate ipotesi tipiche di responsabilità precontrattuale e, in particolare, l’omissione dolosa o colposa degli atti necessari per la validità o efficacia del contratto.

L’illecito precontrattuale per violazione del precetto di buona fede può inoltre ravvisarsi quando la PA si adopera per impedire l’approvazione del contratto.

La stipulazione di contratto invalido prospetta anch’essa la responsabilità della PA.

In merito al recesso dalle trattative si ammette che il giudice ordinario possa accertare la mancanza di una ragionevole giustificazione: il giudice accerta l’illiceità del comportamento secondo la regola comune.

La responsabilità precontrattuale dell’ente può ugualmente profilarsi quando esso abbia mutato il precedente apprezzamento senza che siano intervenuti nuovi elementi di rilievo. Risulta in tal caso che l’ente ha iniziato e portato avanti la trattativa senza verificare diligentemente la propria disponibilità a concludere il contratto.

 

TEORIA DEL CONTATTO SOCIALE QUALIFICATO

La teoria del contatto sociale qualificato non nasce nel nostro ordinamento ma in quello tedesco.
Il contatto sociale non è un contratto.
Di fatto, non c'è un contratto ma c'è un rapporto di fatto (che assomiglia ad un contratto) tra due soggetti qualificati dall'ordinamento. Soggetti, cioè, che hanno una posizione giuridica rilevante e, quindi, diversa rispetto al quisque de populo ( al passante, a chiunque).

Si pensi, ad esempio, al medico dipendente di un'azienda ospedaliera. Si tratta di un soggetto che supera un esame di abilitazione, che esercita un'attività professionale ed è qualificato per questo dall'ordinamento. Il riferimento, quindi, è al professionista in generale.

In forza di questa posizione differenziata che tali soggetti assumono, ingenerano nei soggetti che vengono in rapporto con essi un affidamento che può essere legittimo o meno. La legittimità di questo affidamento si vede anche e, soprattutto, nel modo di esplicarsi del rapporto. Ad esempio, io sono avvocato ed incontro un mio amico in metropolitana che mi dice di aver avuto un problema con la legge (gli è arrivata una multa) e mi chiede un consiglio e io glie lo do per amicizia. E' chiaro che l'affidamento che l'amica ripone nel mio consiglio non potrà essere considerato un affidamento legittimo perchè non stiamo trattando questa relazione come fosse un contratto. Se noi ci troviamo in metropolitana e, frettolosamente, mi racconti una vicenda e mi chiedi un consiglio è diverso che se vieni nel mio studio, mi porti le carte, io me le studio e ti do un consiglio approfondito e pertinente con riferimento alla vicenda che mi sottoponi, pur non essendoci un contratto, in quel caso. Anche, quindi, le circostanze fattuali possono ingenerare la legittimità o meno di un affidamento che si ripone in un'attività espletata (in questo caso, in un'attività di prestazione o, comunque, simile ad un'attività di prestazione).

Il contatto sociale, quindi, è un obbligo di prestazione che non deriva da un precedente vincolo contrattuale ma da un rapporto di fatto che si fonda sul cosiddetto legittimo affidamento. Di fatto, però, un contratto non c'è. Si è posto allora il seguente problema: questo contatto sociale, a fronte di un inadempimento dell'eventuale obbligo di prestazione (dobbiamo anche vedere se c'è un obbligo effettivo di prestazione ) che tipo di respondabilità fa discendere? Abbiamo detto che il contatto sociale non rinviene la sua fonte in un contratto.

Qual è allora la fonte del contatto sociale? Se non c'è un titolo che legittima un eventuale adempimento di una prestazione, non abbiamo un inadempimento e non abbiamo una responsabilità. Il contatto sociale rinviene la sua fonte di legittimazione all'interno del nostro ordinamento nell'art 1173 c.c., fonti delle obbligazioni. Recita l'articolo che sono fonti dell'obbligazione il contratto, il fatto illecito ed ogni altro atto o fatto idoneo a produrla in conformità all'ordinamento.

La dottrina maggioritaria ha ritenuto che il contatto sociale rientri, come fonte dell'obbligazione, all'interno di tutti gli altri atti o fatti idonei a produrla in conformità all'ordinamento. Il 1173 è una clausola aperta poichè ,nel codice del 1865 che riprendeva in questo la vecchia divisione gaiana delle obbligazioni ,si diceva che le obbligazioni discendono dal contratto, dal quasi contratto, dal delitto e dal quasi delitto. A chiusura, fu aggiunta la legge. La legge, cioè, era una clausola di chiusura del sistema (negotiorum gestio, arricchimento).

Il codice del 42 innova in questo senso, mutando l'angolo prospettico. Esso disciplina fonti dell'obbligazione il contratto, il fatto illecito, ogni altro atto o fatto idoneo a produrla in conformità all'ordinamento. Per lungo tempo, si è ritenuto che con ogni fatto o atto fosse un altro modo per indicare la legge. Poi, un'interpretazione evolutiva ci ha consentito di dire che ogni altro atto o fatto idoneo a produrla in conformità dell'ordinamento vuol dire si legge ma vuol dire clausola aperta che, però, rinviene il suo limite nella idoneità e nella conformità all'ordinamento giuridico. Una fonte dell' obbligazione può, cioè, non essere prevista espressamente dalla legge ma questa non può essere una fonte qualunque poichè deve comunque rinvenire nell'ordinamento giuridico la sua fonte legittimante, non può essere contraria ai principi regolatori dell'ordinamento giuridico, altrimenti risulterebbe contraria a norme imperative.
Si nota come la prospettiva sia cambiata: c'è una , un'apertura alle fonti dell' obbligazione a fronte di una tipicità che ci veniva dal sistema romanistico gaiano. Tipicità che, invece, si rinviene nel diritto tedesco con riferimento soprattutto alla responsabilità extracontrattuale (la nostra è, diversamente, atipica).
Per consentire la tutela, la predisposizione di rimedi a fronte di situazioni e fattispecie che, altrimenti, sarebbero rimaste prive di tutela, la dottrina tedesca si è vista costretta ad teorizzare queste clausole generali, soprattutto attaccate al principio di buona fede, appunto per evitare le strettoie della tipicità del rimedio extracontrattuale e, quindi, attraendo all'ambito contrattuale tutte una serie di ipotesi che per noi dovrebbero,fisiologicamente, essere comprese nella responsabilità extracontrattuale.

Ci sono delle ipotesi che si trovano a metà strada tra contratto e torto, tra queste la responsabilità precontrattuale.

A volte conviene, di più attrarre certe fattispecie alla responsabilità contrattuale piuttosto che a quella extracontrattuale.
Ciò in quanto la responsabilità contrattuale ha un regime molto più favorevole in punto di onere della prova, in punto di prescrizione dell'azione e in punto di mora del debitore. La mora, infatti, nella responsabilità extracontrattuale è una mora ex persona: io devo mettere prima in mora il mio debitore, devo dichiarare cioè che lui è inadempiente, metterlo in mora e, all'esito della mora, poi posso chiedere il risarcimento. Nella responsabilità contrattuale, invece, la mora è ex re: a fronte della commissione del fatto illecito, il danneggiante è immediatamente messo in mora (un regime ritenuto più favorevole). E' convenuto, per una questione di chiusura del sistema, (soprattutto la giurisprudenza) trattare determinate ipotesi che, naturalmente, sembrano più attrarsi alla responsabilità extracontrattuale nella responsabilità contrattuale.

Ad esempio, la responsabilità precontrattuale per lungo tempo ed ancora adesso la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza l'hanno ritenuta una responsabilità extracontrattuale poichè non c'è contratto. La responsabilità precontrattuale è una responsabilità che sorge nella fase delle trattative, quindi prima che sia stato stipulato un contratto. Il contratto non c'è e quindi non c'è una prestazione che è oggetto di un obbligo contenuto in un contratto. Non ci sono vincoli giuridici. Dove non c'è contratto, tutto è fuori contratto, allora è extracontrattuale. Un eventuale inadempimento di obblighi protettivi dovrà essere necessariamente trattato come responsabilità extracontrattuale,non contrattuale. Così facendo, però, irrigidiamo il sistema perchè la responsabilità contrattuale ha un regime giuridico molto più favorevole,ma sopratutto in punto di onere della prova. Chi agisce per ottenere il risarcimento contrattuale deve provare il titolo ed il danno, nient'altro. Deve allegare l'inadempimento, ma l'inadempimento è un fatto che non attiene alla sua sfera di riconducibilità che deve essere, eventualmente, provato dalla controparte o che quell'inadempimento è dovuto ad un fatto a lui non imputabile.

In che modo la giurisprudenza ha attrato queste ipotesi al limite verso l'ambito contrattuale e non extracontrattuale? Attraverso questa teorica del contatto sociale qualificato che si fonda sulla clausola generale di cui all'art. 1173 del c.c. Non solo. Rileva, però, nel comprendere in cosa si sostanzia,la clausola della buona fede che, per lungo tempo, è stata intesa come clausola comportamentale nello svolgimento del contratto. Infatti, per quanto prevista nel 1337 nella fase delle trattative, così come nel 1336 nella fase dell'interpretazione e nel 1375 nell'esecuzione del contratto (buona fede esecutiva), era comunque un canone comportamentale non troppo definito e studiato. Questa clausola di buona fede, attraverso una serie di studi ispirati da quelli tedeschi, assume un significato pregnante. Distinguiamo, innanzitutto, tra:
• buona fede in senso soggettivo
• buona fede in senso oggettivo

La buona fede in senso soggettivo riguarda uno speciale atteggiamento dell'elemento soggettivo dell'individuo. Spesso, è ritenuta, ignoranza di ledere l'altrui diritto. Quando viene, quindi, in evidenza la buona fede intesa come ignoranza di ledere l'altrui diritto, stiamo guardando ad un aspetto molto soggettivistico (parliamo di ignoranza o non conoscenza non di un canone comportamentale).
Diverse le ipotesi di buona fede in senso soggettivo presenti all'interno del codice. Nei diritti reali, ad esempio, con riferimento al possesso di buona fede vale titolo, così come in materia di immissioni intollerabili.
Quando il legislatore, quindi, fa riferimento alla buona fede in senso soggettivo fa riferimento ad uno stato soggettivo (ignoranza di ledere l'altrui diritto).
Vi sono altre ipotesi in cui la buona fede non guarda all'atteggiamento psichico del soggetto ma guarda ad un canone comportamentale ed è, quindi, equiparata ad una regola di condotta. La buona fede, perciò, diventa un obbligo di comportarsi secondo lealtà, probità,correttezza. Viene, dunque, intesa come sinonimo di obbligo di correttezza in questo senso. Con l'avvento della Costituzione, la buona fede assume valenza precettiva, non più programmatica. Programmatica vuol dire che è un obbligo di comportamento espressamente previsto la cui violazione non comporta grossi problemi. Se la buona fede ha, invece, una valenza precettiva, vuol dire che impone un particolare comportamento e l'inadempimento di quel comportamento avrà delle conseguenze giuridicamente rilevanti.
La lettura, quindi, attraverso l'articolo 2 della Costituzione e attraverso i doveri di solidarietà sociale, ci rendiamo conto di come questa buona fede permea tutta la vicenda contrattuale, dalla fase delle trattative fino alla fase dell'esecuzione e post esecuzione del contratto. La buona fede è una clausola generale che ha una valenza precettiva enorme. La violazione di questi obblighi comportamentali dovrà produrre delle conseguenze e, quindi, consentire ai soggetti di attivare dei rimedi. Tra questi, il rimedio risarcitorio. Si guardi alla SENTENZA RORDORF( 26724/2007 sugli obblighi informativi degli intermediari finanziari )che riguarda la teoria dei vizi incompleti della volontà. In tale sentenza c'è una chiara distinzione tra regole comportamentali e regole di validità, ossia quali conseguenze si producono a fronte della violazione di regole comportamentali e a fronte della violazione di regole di validità. C'era stato un orientamento giurisprudenziale che aveva associato alla violazione delle regole comportamentali e, quindi, della buona fede, anche conseguenze in punto di validità del contratto.A fronte, cioè, dell'inadempimento di obblighi comportamentali che possono essere obblighi informativi o obblighi di comportamento strictu sensu intesi, alcuni dicevano che il contratto poteva essere caducato. Le Sezioni Unite dicono, invece, che una cosa sono le regole di validità, cioè quelle regole che noi ritroviamo nel codice che ci consentono di capire qual è la struttura del contratto e, quindi, se manca uno di quegli elementi o è viziato uno di quegli elementi, allora il contratto va caducato e quindi il rimedio è o la nullità o l'annullabilità a seconda del vizio. A fronte, invece, della violazione di una regola di comportamento, la tutela che noi possiamo attivare è quella risarcitoria, tutela minimale. Occorre tenere distinti il piano della validità e del comportamento.La violazione di un obbligo comportamentale comporta, tendenzialmente e per regola, un risarcimento, quindi un obbligazione risarcitoria. La violazione di una norma sulla struttura e quindi sulla validità del contratto comporta come rimedio tipico la nullità o l'annullabilità del contratto. Ci sono delle ipotesi in cui per tutelare contraenti particolarmente deboli o per tutelare determinate esigenze, è lo stesso legislatore che ci consente di associare alla violazione di un obbligo comportamentale l'invalidità del contratto. Il riferimento è, ad esempio, alla nullità di protezione prevista nel codice di consumo a fronte di un inadempimento degli obblighi informativi. Lì è il legislatore che ci dice che se vengono inadempiuti gli obblighi informativi, allora ci sarà la nullità parziale della clausola. E' un ipotesi specifica, tipica non la regola di cui si è detto.


Come, da ultimo nel 2016, la giurisprudenza ha attratto la responsabilità precontrattuale a quella contrattuale?
Le tesi sulla natura giuridica della responsabilità precontrattuale sono 3:
1. La culpa in contrahendo è un terzum genus non meglio qualificato (non è nè contrattuale, nè extracontrattuale). Qual è, allora, la disciplina applicabile? Si trova nell'ambito della formazione del contratto, si trova nell'ambito contrattuale, ma se è un terzum genus dobbiamo capire quale disciplina applicarvi in punto di onere della prova, in punto di prescrizione ecc. Questi quesiti sollevati, a ragione, dalla critica, non hanno trovato risposta. E' questa tesi inseguibile, da taluni considerata aberrante.
2. La responsabilità precontrattuale è una responsabilità extracontrattuale perchè il contratto non c'è ancora. Sebbene sia prevista dalle norme sulla formazione del contratto (1337 e 1338), non essendovi contratto, non possiamo trattarla come responsailità contrattuale. Dobbiamo necessariamente parlare di responsabilità extracontrattuale con tutte le conseguenze del caso. (orientamento che è prevalso e, tutt'oggi, persiste)
3. Tesi del contatto sociale qualificato. Occorre considerare che i due soggetti contraenti che addivengono ad una trattativa che va avanti per un certo periodo di tempo non possiamo trattarli come due soggetti su cui incombe il principio del neminem ledere e solo quello. Sono due soggetti che ,venendo in contatto tra di loro, si qualificano e portano avanti una trattativa fino ad un certo punto.Se quella trattativa è arrivata ad un punto tale da ingenerare quell'affidamento che possiamo intendere legittimo perchè è arrivato ad un punto quasi da stipula del contratto e allora non possiamo trattarli come il chiunque, il passante. Forse, proprio in virtù di quegli obblighi comportamentali e quegli obblighi protettivi della sfera giuridica dei vari soggetti, dovremmo dire che è più simile ad una responsabilità contrattuale che non extracontrattuale. Abbiamo detto che il 2043 aveva come fondamento il principio del neminem ledere valevole erga omnes, valevole ,cioè, come divieto di ledere l'altrui sfera giuridica ma l'altrui intesa "di chiunque". Non c'è un vincolo giuridico.Attraverso la clausola generale della buona fede, il contratto non solo si compone di quell'obbligo di prestazione primaria oggetto del contratto. Nel contratto di vendita, ad esempio, non c'è solo l'obbligo di prestazione (pagamento del prezzo). Il contratto si compone di tutta una serie di obblighi di protezione della sfera giuridica che prescindono dall'obbligo di prestazione primaria e che si affiancano e sono accessori alla corretta esecuzione del contratto stesso. La dottrina tedesca che ha influenzato quella italiana (in particolare, Castronovo che ha teorizzato l'obbligo primario senza prestazione e, quindi, il contatto sociale di cui dicevamo) si è spinta oltre. E' stato ritenuto che, in forza della solidarietà sociale non c'è solo il principio del neminem ledere, ma anche un obbligo senza prestazione primaria ( quindi, a prescindere da un contratto) , cioè un obbligo di protezione della sfera giuridica. Non solo, quindi, un non ledere ma un proteggere la sfera giuridica altrui attraverso quei comportamenti tenuti, chiaramente, secondo buona fede.

Una prima ipotesi, più generale ,di responsabilità precontrattuale è quella del recesso ingiustificato dalle trattative (1337 c.c). Se io arrivo a recedere ingiustificatamente dalle trattative, sono tenuto a risarcire il danno. Cosa mi fa dire che è il recesso ingiustificato dalle trattative che genera responsabilità, mentre quello giustificato non genera responsabilità? Se guardiamo l'art 1328 c.c., ci dice che io posso revocare la proposta fino a che non vi è l'accettazione della controparte. Se, però,quella ha iniziato in buona fede l'esecuzione del contratto, io sono tenuto ad indennizzarla. Ne consegue che un recesso ingiustificato dalle trattative comporta un rimedio risarcitorio perchè è un fatto illecito. Abbiamo detto che quello che fonda la responsabilità è un illecito che sia qualificato come inadempimento o che sia un fatto illecito atipico nella responsabilità extracontrattuale. Se, invece, io compio un atto lecito, non ci sarà risarcimento ma indennizzo sempre in un ottica di tutela della controparte.
Altra ipotesi di responsabilità precontrattuale è quella del contratto invalido,inefficace o comunque viziato (art 1338 c.c) : la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto. Il soggetto, quindi, che conosce la causa di invalidità ( poi estesa alle cause di inefficacia o di irregolarità) del contratto e non lo comunica all'altro soggetto, è tenuto a risarcire il danno ed è una responsabilità precontrattuale. Inizialmente, questa veniva considerata l'unica ipotesi specifica di responsabilità precontrattuale. Con la sentenza del 2007 di cui si è detto, viene ampliato l'ambito applicativo della responsabilità precontrattuale non solo al recesso ingiustificato e non solo alla conoscenza delle cause di invalidità (chiaramente, non colpose perchè laddove l'altra parte si rende conto di una causa di invalidità dovrebbe non stipularlo il contratto. Se lo stipula, senza colpa, non ci sarà risarcimento) ma anche ai vizi incompleti della volontà. Ci si era chiesti: se, invece, io stipulo un contratto valido ed efficace ma a condizioni inique, che tipo di rimedio posso attivare? Non posso caducare il contratto poichè il contratto è valido ed efficace, non posso cioè attivare quei rimedi che attiverei se ci fosse un vizio che va ad inficiare la volontà e così via. Ad esempio,quali sono le cause di annullabilità del contratto? I vizi del consenso e l'incapacità.
I vizi del consenso sono: errore, dolo, violenza. Questi vizi hanno delle caratteristiche particolari, sono idonei a caducare il contratto ; il dolo, quando è causam dans, cioè diretto, inficia in questo senso la volontà del contraente; l'errore, quando è essenziale e riconoscibile (se non lo è, non è causa di annullamento del contratto). Idem per la violenza.
Ci sono, quindi, caratteristiche proprie dei vizi. Il problema si pone quando i vizi non si configurano in questo senso. Se, ad esempio, c'è un errore ma non riconoscibile e non essenziale ma c'è e mi ha portato a concludere un contratto che, se non ci fosse stato l'errore, avrei comunque concluso, ma a condizioni diverse, probabilmente più eque , che tipo di rimedio posso attivare?
Come si è arrivati a teorizzare una responsabilità precontrattuale? Ci aiuta l'articolo 1440 sul dolo incidente. La Rordorf sostiene che il 1140 può essere usato come clausola generale attraverso la cosiddetta teoria dei vizi incompleti della volontà: tutte le volte in cui il vizio non si prefigura così come lo vuole il legislatore (errore non essenziale e non riconoscibile) ma comunque diventa condizione per stipulare un contratto ( ma a condizioni diverse) , in quel caso il rimedio proprio sarà quello della responsabilità, quello risarcitorio ed , in particolar modo, il rimedio della responsabilità precontrattuale. Abbiamo, quindi, un rimedio anche a fronte di un comportamento scorretto. Il dolo incidente, infatti, è un comportamento scorretto che però non incide sulla libera volontà. L'ambito della precontrattuale, cioè, era sempre stato visto come tutelare la libertà negoziale del soggetto a fronte di una trattativa libera e scevra da condizionamenti (vizi incompleti della volontà) e la possibilità di addivenire ad un contratto (1337, recesso ingiustificato e 1338 cause di invalidità ed inefficacia).

 

 

 

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