Cass. civ. Sez. III, 15/07/2016, n. 14426. Scioglimento del contratto - Risoluzione del contratto - Per inadempimento - Termine essenziale per una delle parti - Accertamento - Criteri - Desumibilità dalla sola espressione "entro e non oltre" - Esclusione - Fattispecie.

L'accertamento in ordine alla essenzialità del termine per l'adempimento, ex art. 1457 c.c., è riservato al giudice di merito e va condotto alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, di modo che risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo, che non può essere desunta solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre", riferita al tempo di esecuzione della prestazione, se non emerga, dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti, che queste hanno inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l'utilità prefissatasi. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di considerare essenziale, in mancanza di ulteriori elementi che ne attestassero l'improrogabilità, la data di consegna di un plico, convenuta in un contratto di trasporto con la dicitura "entro il", negando al mittente il risarcimento dei danni correlati alla perdita di contributi comunitari, quale conseguenza della mancata esecuzione della prestazione nel rispetto del termine pattuito). (Rigetta, App. Venezia, 17/10/2006)

 

SENTENZA sul ricorso 18276-2013 proposto da: CENTRALE DEL LATTE DI VICENZA SPA 02975790243, in persona dell'Amministratore Delegato Dott. ALBERTO BIZZOTTO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA 2016 G.P.DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell'avvocato FABIO FRANCESCO FRANCO, che la rappresenta e difende 711 unitamente agli avvocati FRANCESCO VETTORI, ENRICO VETTORI giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente - 1 contro DE VICARI ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in ROMA, V.FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato ANDREA REGGIO D'ACI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FEDERICO LAMESSO giusta procura a margine del controricorso; - controricorrente nonché contro EXECUTIVE TRASPORTI VICENZA DELLA CI LE MA SRL , DE VICARI GIANCARLO GIUSEPPE; - intimati - avverso la sentenza n. 1275/2012 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/10/2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/03/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO; udito l'Avvocato FRANCESCO VETTORI; udito l'Avvocato ANDREA REGGIO D'ACI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

2 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La s.p.a. Centrale del latte di Vicenza convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Vicenza, la s.r.l. Exeoutive Trasporti, chiedendo il risarcimento dei danni, nella misura di lire 49.628.734, a titolo di mancata percezione degli aiuti economici riconosciuti dall'Unione europea in caso di distribuzione di latte e prodotti derivati alle scuole degli Stati membri. A sostegno della domanda espose che la richiesta dei contributi per l'anno scolastico 1990/1991 doveva essere presentata all'AIMA entro il 31 dicembre 1990; che la relativa documentazione era stata affidata alla società convenuta in data 27 dicembre 1990 affinché la consegnasse alla sede dell'AIMA, in Roma, entro il 28 dicembre 1990. Poiché, però, il pacco era giunto a destinazione solo il 2 gennaio 1991, la società attrice lamentò di aver perso il contributo europeo a causa del ritardo nella consegna del plico da parte della società convenuta. Si costituì la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e riconobbe solo la spettanza dell'indennizzo per la perdita dei pacchi previsto dal vigente codice postale, compensando le spese di giudizio.

2. Avverso tale decisione hanno proposto appello principale la s.p.a. Centrale del latte di Vicenza ed appello incidentale la s.r.l. Executive Trasporti e nel giudizio di 3 appello si è costituito Alessandro De Vicari, in proprio e quale legale rappresentante della società di trasporti nel frattempo cancellata. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 31 maggio 2012, ha rigettato entrambe le impugnazioni, condannando l'appellante principale al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado. Ha osservato la Corte territoriale che dal contratto di trasporto documentato con lettera del 24 dicembre 1990 risultava che alla società di trasporto era stato chiesto di ritirare due plichi entro le prime ore del 27 dicembre 1990, da consegnare all'AIMA entro il successivo 28 dicembre. Nessun elemento del contratto consentiva di affermare che la consegna dovesse avvenire improrogabilmente entro tale data, da considerare termine essenziale. Si era, d'altra parte, in periodo di festività, il giorno 28 dicembre era un venerdì, per cui nessuna negligenza poteva essere ravvisata nel comportamento del vettore. La società attrice, del resto, aveva chiesto in primo grado di dimostrare con testimoni il carattere improrogabile della data di consegna, ma la mancata ammissione delle prove da parte del Giudice istruttore non era stata contestata, né vi era stata alcuna richiesta istruttoria in grado di appello.

4 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Venezia propone ricorso la s.p.a. Centrale del latte di Vicenza con atto affidato a due motivi. Resiste con controricorso Alessandro De Vicari, nella qualità suindicata. La ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., eccesso di potere per erronea qualificazione dei fatti, oltre a motivazione errata ed illogica. Rileva la società ricorrente, dopo aver riportato il testo della lettera del 24 dicembre 1990 di conferimento dell'incarico, che non avrebbe senso parlare di mancanza di un patto espresso al fine di individuare un termine essenziale per la consegna. Non si comprende perché tale termine dovrebbe essere ricompreso in un patto aggiunto e, comunque, la valutazione circa l'essenzialità del termine deve essere dedotta dal quadro complessivo e non dalla singola formula usata nel contratto.

1.1. Il motivo non è fondato. Rileva il Collegio, innanzitutto, che esso è costruito su di un evidente equivoco lessicale. La Corte d'appello, infatti, non ha mai fatto riferimento alla necessità di un patto aggiunto che prevedesse l'essenzialità del termine di consegna, ma si è limitata soltanto ad affermare che non vi 5 era alcun elemento dal quale poter desumere «l'esistenza di un patto per cui la consegna sarebbe dovuta avvenire improrogabilmente entro il 28 dicembre, data da ritenersi termine essenziale». La censura contenuta nel motivo in esame, quindi, dimostra di non cogliere pienamente la ratio decidendi della sentenza impugnata. È appena il caso di aggiungere, poi, che la giurisprudenza di questa Corte ha più volte stabilito, con un orientamento al quale va data continuità, che il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale, ai sensi dell'art. 1457 cod. oiv., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (sentenze 6 dicembre 2007, n. 25549, e 25 ottobre 2010, n. 21838). Nella specie, la Corte di merito ha compiuto una simile valutazione ed ha escluso l'esistenza di un termine essenziale con una valutazione correttamente motivata e priva di vizi logici, per cui il motivo in esame si risolve nell'evidente richiesta di una nuova valutazione di merito, preclusa in questa sede.

2. Col secondo motivo del ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione di legge ed ulteriore eccesso di potere, per violazione delle regole sull'interpretazione dei contratti (artt. 1683, 1362 e 1366 cod. civ.), con particolare riferimento all'ordinanza del 27 gennaio 1995 con cui il Giudice istruttore aveva ritenuto non contestate le circostanze di cui alla prova per testi dedotta dalla società attrice. Rileva la ricorrente che nel caso in esame la società convenuta non operava quale concessionario del servizio postale, bensì quale privato trasportatore, avendo accettato l'incarico e avendovi dato esecuzione. Il G.I. in primo grado aveva dato per non contestate le circostanze di cui alla prova per testi, che affrontavano anche il punto del termine essenziale, per cui avrebbero errato sia il Tribunale che la Corte d'appello nel negare l'esistenza di siffatto termine.

2.1. Il motivo non è fondato. Tralasciando la questione relativa alla natura, privata o pubblica, del trasporto in esame, che è una questione nuova, rileva questa Corte che il punto centrale della censura riveste la presunta mancata contestazione, ritenuta dal Giudice istruttore nell'ordinanza suindicata, dei capitoli di 7 prova riguardanti, tra l'altro, l'essenzialità del termine di consegna. Ora, anche ammettendo che tale sia stata la valutazione del Giudice istruttore, resta il fatto che la sentenza poi emessa dal Tribunale fu di rigetto della domanda; da tanto consegue che l'odierna ricorrente aveva l'onere di riproporre in sede di appello le istanze istruttorie che, sebbene non ammesse in primo grado in quanto ritenute attinenti a circostanze non contestate, così non erano state effettivamente considerate dalla pronuncia definitiva. Ma tale rinnovo delle richieste istruttorie non è stato compiuto, come la Corte d'appello riconosce in sentenza e com'è indirettamente confermato anche dall'odierno ricorso, che tale affermazione non contesta, limitandosi a ribadire che le circostanze oggetto di prova dovevano ritenersi dimostrate (v. p. 12 del ricorso, dove si descrive il contenuto dell'impugnazione proposta in appello, senza nulla aggiungere circa le richieste di prova). Ne consegue che la questione sulle prove non è più contestabile in questa sede, il che comporta l'evidente infondatezza del motivo.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare le competenze professionali.

8 Sussistono anche le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ti sensi dell'art. 13, coma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificate pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 31 marzo 2016.

 

 

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