EFFETTI CONTABILI DELLA SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO DECENTRATO INTEGRATIVO OLTRE L’ESERCIZIO DI RIFERIMENTO AI FINI DELLA CONSERVAZIONE DELLE RISORSE, CONFLUITE NEL RELATIVO FONDO, NELL’AVANZO VINCOLATO - Corte dei Conti Autonomie Del. n.20/2024
Nell’ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto decentrato integrativo o del sostitutivo atto unilaterale entro l’esercizio, tutte le risorse non utilizzate del fondo costituito e certificato, destinate al finanziamento del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività, confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione. Per l’erogazione dei compensi dovuti in esito alla contrattazione stipulata oltre la fine dell’esercizio, l’impegno sarà assunto, anche in corso di esercizio provvisorio, ai sensi dell’articolo 187, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, a valere sulle risorse vincolate nel risultato di amministrazione
Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con la deliberazione n. 14/DEL/2000 del 16 giugno 2000;
Vista la deliberazione n. 295/2024/QMIG, adottata nella camera di consiglio del 25 luglio 2024, con la quale la Sezione regionale di controllo per il Veneto, in riferimento alla richiesta di parere presentata dal Comune di Vigonovo (VE), tramite il Consiglio delle autonomie locali, ha sottoposto al Presidente della Corte dei conti la valutazione circa l’opportunità di deferire alla Sezione delle autonomie, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, o alle Sezioni Riunite in sede di controllo, ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1°luglio 2009, n. 78, la seguente questione di massima, articolata in due quesiti ai fini dell’adozione di una pronuncia di orientamento generale:
“1) se, costituito e certificato il fondo, in ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto decentrato integrativo o del sostitutivo atto unilaterale entro l’esercizio, debbano ritenersi definitivamente vincolate tutte le risorse (sia di parte stabile che di parte variabile, concernente voci a carattere discrezionale e occasionale, soggette a variazioni annuali, tra le quali, innanzitutto, la valutazione della performance collettiva e individuale) destinate al finanziamento del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività, ovvero quali di tali risorse costituiscano economie non vincolate non destinate a confluire nella quota vincolata del risultato di amministrazione, anche in relazione a quanto disposto dalla lett. a), primo trattino, del predetto paragrafo 5.2, dell’Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, ai sensi del quale, per la spesa di personale, l’imputazione dell’impegno avviene «nell'esercizio di riferimento, automaticamente all'inizio dell'esercizio, per l'intero importo risultante dai trattamenti fissi e continuativi, comunque denominati, in quanto caratterizzati da una dinamica salariale predefinita dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva nazionale [...]»;
2) se, nella medesima ipotesi (costituito e certificato il fondo, in ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto decentrato integrativo o del sostitutivo atto unilaterale entro l’esercizio), le risorse confluite nella quota vincolata del risultato di amministrazione, che secondo il richiamato principio contabile sono «immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell'esercizio provvisorio», siano legittimamente impegnabili ed erogabili sulla base di un contratto integrativo decentrato sottoscritto oltre l’esercizio di riferimento, precisando, in caso di riposta affermativa, in presenza di quali presupposti ciò sia possibile e, in caso di risposta negativa, quali siano le corrette modalità di utilizzazione delle economie di spesa confluite nella quota vincolata del risultato di amministrazione”.
Vista l’ordinanza del Presidente della Corte dei conti del 2 settembre 2024, n. 11, con la quale, valutati i presupposti per il deferimento dell’esame e della risoluzione della predetta questione di massima ai sensi del richiamato articolo 6 del decreto-legge n. 174 del 2012, la pronuncia in ordine alla questione prospettata dalla Sezione regionale di controllo per il Veneto è stata rimessa alla Sezione delle autonomie;
Vista la nota del Presidente della Corte dei conti del 7 novembre 2024, prot. n. 5620, di convocazione della Sezione delle autonomie per l’adunanza odierna;
Vista la nota del Presidente preposto alla funzione di Referto della Sezione delle autonomie, del 7 novembre 2024, prot. n. 5622, con la quale è stata comunicata ai componenti del Collegio la possibilità di partecipazione anche tramite collegamento da remoto;
Udito il Relatore, Consigliere Andrea LUBERTI;
RITENUTO IN FATTO
La questione di massima rimessa all’esame di questa Sezione origina da una richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Vigovano (VE), riguardante due quesiti in merito alla corretta interpretazione del principio contabile applicato di cui al punto 5.2. dell’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, in uno con le disposizioni che disciplinano la contrattazione (nel caso di specie, integrativa) nelle pubbliche amministrazioni.
In particolare, l’Ente chiedeva di conoscere l’avviso della Corte rispetto a due quesiti.
Il primo quesito concerne l’interpretazione del principio contabile applicato di cui al punto 5.2. dell’allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011 e richiede se sia possibile, o meno, conservare, al termine dell’esercizio, la parte variabile del già costituito e certificato fondo di produttività nel caso in cui non si possa assumere l’impegno di spesa per carenza di sottoscrizione del contratto decentrato posto che, secondo il suddetto principio, “le correlate economie di spesa confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione, immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell'esercizio provvisorio”.
Il secondo quesito è stato così formulato “Sotto altro punto di vista si chiede se l'obbligazione possa ritenersi unilaterale e si perfezioni con la volontà dell'ente di integrare il Fondo con le risorse variabili (facoltative), consentendone la distribuzione anche in assenza di accordo annuale, ma con regolare costituzione del fondo, in presenza dei seguenti presupposti: l’ente non pone condizioni particolari per l'utilizzo della parte variabile che verrà dunque ed erogata con le medesime modalità della parte stabile; la destinazione del fondo sia, in applicazione dell'art. 80, comma 2, del CCNL 16.11.2022 già individuata a monte dal contratto collettivo integrativo triennale; l’accordo annuale, di cui all'art. 8, comma 1, del CCNL 16.11.2022, sia puramente ricognitivo non dettando criteri diversi rispetto al contratto integrativo (Corte dei conti - Sezione di controllo del Friuli Venezia Giulia deliberazione n. FGV/29/2018/PAR)”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Sezione regionale di controllo per il Veneto, ai sensi dell’articolo 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, ha posto la questione di massima contenente i due quesiti citati in epigrafe. La Sezione dubita, in sintesi, della possibilità, in presenza di un quadro giurisprudenziale variegato, di ritenere legittimamente impegnabili ed erogabili le risorse afferenti alla contrattazione decentrata in assenza di sua tempestiva conclusione.
Più in particolare, i quesiti posti dalla Sezione remittente mirano a sollecitare una pronuncia della Sezione delle autonomie che precisi, quanto al primo quesito “quali di tali risorse costituiscano economie non vincolate non destinate a confluire nella quota vincolata del risultato di amministrazione”; quanto al secondo, “in caso di risposta affermativa, in presenza di quali presupposti ciò sia possibile e, in caso di risposta negativa, quali siano le corrette modalità di utilizzazione delle economie di spesa confluite nella quota vincolata del risultato di amministrazione”.
In via incidentale, la stessa rammenta il proprio orientamento (sopra citato) secondo cui “si conferma quanto statuito con la precedente deliberazione di questa Sezione n. 201/2019 «Solo nel caso in cui l’assegnazione degli obiettivi sia avvenuta entro l’anno, sarebbe tutt’al più possibile prevedere la corresponsione del trattamento accessorio in assenza di CCID, sempre che non sia stato demandato ad esso la determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse, dei criteri generali relativi al sistema di incentivazione e degli altri criteri di sistema relativi alle prestazioni lavorative. In questo senso, la stessa citata deliberazione n. FGV/29/2018/PAR, tuttavia, concludeva che “una risposta positiva al quesito (...) possa essere formulata solo ed esclusivamente qualora il contratto integrativo avesse un contenuto meramente e del tutto ricognitivo di decisioni e scelte già operate in sede amministrativa, in presenza dei presupposti su cui si fonda l’interpretazione (della seconda parte) del principio contabile qui esaminato ivi compresa l’allocazione vincolata delle risorse de quibus nel risultato di amministrazione, al cui regime esse rimarrebbero assoggettate anche ai fini di finanza pubblica”, ove veniva nondimeno evidenziato che “ ... quanto ora precisato non costituisce esplicazione di un principio contabile, ma piuttosto applicazione della disciplina della contrattazione integrativa decentrata secondo le logiche di una sana gestione finanziaria” . Detta delibera invero non ha mancato di sottolineare che “è evidente che la soluzione testé ipotizzata è strettamente dipendente dal significato e dall’effettivo oggetto del contratto integrativo decentrato, che potrebbe anche avere contenuti diversi presso i vari enti. In altri termini, siffatta soluzione sarebbe praticabile solo qualora alla contrattazione integrativa decentrata non fosse rimessa la determinazione di quei presupposti essenziali alla cui esistenza è subordinato il trattamento economico di cui in questa sede si discute»”.
La Sezione remittente inoltre evidenzia che gli orientamenti favorevoli alla sottoscrizione del contratto integrativo oltre l’esercizio ritengono che “l’erogazione della produttività nel caso di mancata sottoscrizione del contratto integrativo annuale nell’anno di riferimento, può ritenersi consentita laddove, pur in assenza del contratto integrativo decentrato, sussistano tutti i requisiti sostanziali per la corresponsione del trattamento economico incentivante ossia: oltre a un’adeguata, formale e definitiva costituzione del fondo per la produttività in tutte le sue componenti, qualitative e quantitative, e alla certificazione dell’organo di revisione, entro l’anno di riferimento sia avvenuta una tempestiva assegnazione degli obiettivi (singolari e/o collettivi) in modo che il personale dipendente all’uopo individuato abbia potuto dispiegare consapevolmente e proficuamente le proprie energie lavorative a favore dell’attività incentivata e nell’interesse finale dell’ente. (Sezione Regionale di Controllo della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, deliberazione 29/2018; di analogo avviso, questa Sezione, deliberazioni n. 263/2016/PAR e n. 201/2019/PAR cit.)”.
2. Preliminarmente va affermata l’ammissibilità soggettiva della questione, in quanto l’istanza di parere è stata presentata dal Sindaco e legale rappresentante di un ente locale. Sotto il versante oggettivo, oltre a rispettare i requisiti più volte sottolineati da questa Sezione (generalità ed astrattezza del quesito proposto nonché mancanza di interferenza con altre funzioni della Corte dei conti o con giudizi pendenti) è ravvisabile l’afferenza alla materia della contabilità pubblica (Corte dei conti, Sezioni riunite, deliberazione 17 novembre 2010, n. 54), in quanto le questioni poste complessivamente involgono aspetti che riguardano il trattamento contabile di poste di spesa. L’ammissibilità è peraltro affermata in relazione ai soli quesiti risolti nella parte dispositiva, salve quindi le specificazioni che saranno di presso effettuate.
3. Nel merito, occorre ricordare che, in materia di disciplina, sostanziale e contabile, del trattamento accessorio del personale degli enti locali, sono applicabili fonti di livello normativo e fonti discendenti dalla contrattazione collettiva. Al riguardo, risultano conferenti gli articoli 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (in tema di contratti collettivi nazionali ed integrativi); 183, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267; il principio contabile applicato di cui al punto 5.2. dell’allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011; nonché gli articoli 7, 8, 79 e 80 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (anche: CCNL) relativo al personale del Comparto delle Funzioni locali per il triennio 2019-2021, sottoscritto il 4 agosto 2022.
In particolare, si rammenta che, in base al citato articolo 40, comma 3-ter, "Nel caso in cui non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, qualora il protrarsi delle trattative determini un pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede fra le parti, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo fino alla successiva sottoscrizione e prosegue le trattative al fine di pervenire in tempi celeri alla conclusione dell'accordo. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le procedure di controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall'articolo 40-bis. I contratti collettivi nazionali possono individuare un termine minimo di durata delle sessioni negoziali in sede decentrata, decorso il quale l'amministrazione interessata può in ogni caso provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo (...)”.
Conferente sul punto (trattandosi di quesiti posti da un comune) è, come cennato, anche il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali): l’articolo 183 regola l’impegno sulle risorse del bilancio (comma 1) disponendo inoltre (comma 3) che “Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute: a) per il trattamento economico tabellare già attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri riflessi (...)”; dettando poi previsioni, al successivo articolo 187, in merito all’utilizzazione del risultato di amministrazione.
Sotto il versante della disciplina giuscontabile, il principio contabile applicato di cui al punto 5.2. dell’allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011 dispone, in forma discorsiva, che “(...) per la spesa corrente, l'imputazione dell'impegno avviene: a) per la spesa di personale: - [primo alinea, ndr] nell'esercizio di riferimento, automaticamente all'inizio dell'esercizio, per l'intero importo risultante dai trattamenti fissi e continuativi, comunque denominati, in quanto caratterizzati da una dinamica salariale predefinita dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva nazionale, anche se trattasi di personale comandato, avvalso o comunque utilizzato da altra amministrazione pubblica, ancorché direttamente pagato da quest'ultima. In questi casi sarà rilevato in entrata il relativo rimborso nelle entrate di bilancio; - nell'esercizio in cui è firmato il contratto collettivo nazionale per le obbligazioni derivanti da rinnovi contrattuali del personale dipendente, compresi i relativi oneri riflessi a carico dell'ente e quelli derivanti dagli eventuali effetti retroattivi del nuovo contratto, a meno che gli stessi contratti non prevedano il differimento degli effetti economici. Nelle more della firma del contratto si auspica che l'ente accantoni annualmente le necessarie risorse concernenti gli oneri attraverso lo stanziamento in bilancio di appositi capitoli sui quali non è possibile assumere impegni ed effettuare pagamenti. In caso di mancata sottoscrizione del contratto, le somme non utilizzate concorrono alla determinazione del risultato di amministrazione. Fa eccezione l'ipotesi di blocco legale dei rinnovi economici nazionali, senza possibilità di recupero, nel qual caso l'accantonamento non deve essere operato. Negli esercizi considerati nel bilancio di previsione si procede all'impegno, per l'intero importo, delle spese di personale risultante dai trattamenti fissi e continuativi, comunque denominati, in quanto caratterizzati da una dinamica salariale predefinita dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva nazionale, anche se trattasi di personale comandato, avvalso o comunque utilizzato da altra amministrazione pubblica, ancorché direttamente pagato da quest'ultima. In occasione del rendiconto si cancellano gli impegni cui non corrispondono obbligazioni formalizzate. – [secondo alinea, ndr] Le spese relative al trattamento accessorio e premiante, liquidate nell'esercizio successivo a quello cui si riferiscono, sono stanziate e impegnate in tale esercizio. Alla sottoscrizione della contrattazione integrativa si impegnano le obbligazioni relative al trattamento stesso accessorio e premiante, imputandole contabilmente agli esercizi del bilancio di previsione in cui tali obbligazioni scadono o diventano esigibili. Alla fine dell'esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate. Non potendo assumere l'impegno, le correlate economie di spesa confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione, immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell'esercizio provvisorio. Considerato che il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività presenta natura di spesa vincolata, le risorse destinate alla copertura di tale stanziamento acquistano la natura di entrate vincolate al finanziamento del fondo, con riferimento all'esercizio cui la costituzione del fondo si riferisce; pertanto, la spesa riguardante il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività è interamente stanziata nell'esercizio cui la costituzione del fondo stesso si riferisce, destinando la quota riguardante la premialità e il trattamento accessorio da liquidare nell'esercizio successivo alla costituzione del fondo pluriennale vincolato, a copertura degli impegni destinati ad essere imputati all'esercizio successivo”.
Il quadro di interpretazione della relativa disciplina in sede giurisprudenziale risulta alquanto disomogeneo, essendo composto da una pluralità di atti di natura differente (pareri resi in sede consultiva, deliberazioni in sede di controllo sulla gestione e sentenze in tema di responsabilità amministrativa) e deve essere analizzato in relazione alle diverse tematiche poste dal quesito nomofilattico.
La prima questione riguarda la destinazione delle risorse del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e la produttività (sia la parte stabile che quella variabile, la quale include componenti discrezionali, come la valutazione della performance) nel caso in cui, entro la fine dell'esercizio, non venga sottoscritto il contratto decentrato integrativo o un atto unilaterale sostitutivo; in particolare se tali risorse siano definitivamente vincolate o se alcune di esse possano essere considerate "economie non vincolate" e quindi non destinate a confluire nella quota vincolata del risultato di amministrazione. Il riferimento normativo principale sul punto, come accennato, è l'allegato 4/2 del decreto legislativo n. 118 del 2011, paragrafo 5.2., che è stato interpretato da diverse pronunce, le quali hanno ricostruito la disciplina applicabile partendo, fondamentalmente dall’iter procedimentale e contrattuale afferente alla contrattazione decentrata. Degni di nota sono, in particolare, i seguenti arresti:
Sezione regionale di controllo per il Molise, deliberazione 4 dicembre 2015, n. 218, la quale ha precisato che “[nel caso di] mancata costituzione del fondo nell’anno di riferimento), le economie di bilancio confluiscono nel risultato di amministrazione, vincolato per la sola quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale”; “[Nel caso di] costituzione del fondo ma mancata sottoscrizione dell’accordo alla fine dell’esercizio (...) nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate. Non potendo assumere l’impegno, le correlate economie di spesa confluiscono, per l’intero importo del fondo, nella quota vincolata del risultato di amministrazione, immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell’esercizio provvisorio”;
Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione 15 marzo 2019, n. 7, secondo cui “atteso che il Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività presenta natura di spesa vincolata, come emerge dal richiamato principio contabile, le risorse destinate alla copertura di tale stanziamento acquistano la natura di entrate vincolate al finanziamento della relativa posta contabile, in rapporto all'esercizio cui la costituzione del «Fondo» si riferisce”;
Sezione regionale di controllo per il Molise, deliberazione 10 gennaio 2020, n. 1, che ha precisato che [nel caso di mancata costituzione del fondo] “il vincolo sul risultato di amministrazione, testualmente limitato alla «sola quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale», è da intendersi riferito alle sole «risorse stabili»; al contrario, le eventuali risorse variabili, restando escluse da tale vincolo, integrano, a fine esercizio, mere economie di spesa che contribuiscono alla determinazione dell’avanzo «disponibile» (cfr Sezione Controllo per il Molise, deliberazioni n.218/2015/PAR, n.166/2017/PAR e 15/2018/PAR; Sezione Controllo per il Veneto, deliberazione n. 263/2016/PAR; Sezione Controllo per il Lazio, deliberazione n. 7/2019/PAR)”.
Ulteriormente, quanto al secondo quesito (che riguarda le condizioni alle quali le risorse già confluite nella quota vincolata del risultato di amministrazione possano essere legittimamente impegnabili ed erogabili, quando non sia stato sottoscritto il contratto decentrato integrativo o un atto unilaterale sostitutivo entro la fine dell'esercizio, e il contratto integrativo venga sottoscritto dopo l'esercizio di riferimento) il quadro giurisprudenziale è ancora più variegato, emergendo dal combinato disposto di pronunce di diversa tipologia e, soprattutto, con esiti opposti circa la legittimità dell’erogazione del trattamento accessorio in assenza di una tempestiva contrattazione integrativa:
Sezione di controllo della Regione Friuli-Venezia Giulia, 24 maggio 2018, n. 29, la quale ha precisato alcune condizioni per la corresponsione del trattamento accessorio (anche di produttività) con un atto equipollente alla contrattazione integrativa: “l’interpretazione della seconda parte del principio contabile, dalla quale muove il quesito comunale, dovrebbe in ogni caso riferirsi a una fattispecie in cui, pur in assenza del contratto integrativo decentrato, sussistano tutti i requisiti sostanziali per la corresponsione del trattamento economico incentivante di cui sopra si è detto: oltre a un’adeguata, formale e definitiva costituzione del fondo per la produttività in tutte le sue componenti, qualitative e quantitative, e alla certificazione dell’organo di revisione, dovrebbe essere avvenuta entro l’anno di riferimento una tempestiva assegnazione degli obiettivi (singolari e/o collettivi) in modo che il personale dipendente all’uopo individuato abbia potuto dispiegare consapevolmente e proficuamente le proprie energie lavorative a favore dell’attività incentivata e nell’interesse finale dell’ente. Quanto ora precisato non costituisce esplicazione di un principio contabile, ma piuttosto applicazione della disciplina della contrattazione integrativa decentrata secondo le logiche di una sana gestione finanziaria. È evidente che la soluzione testé ipotizzata è strettamente dipendente dal significato e dall’effettivo oggetto del contratto integrativo decentrato, che potrebbe anche avere contenuti diversi presso i vari enti. In altri termini, siffatta soluzione sarebbe praticabile solo qualora alla contrattazione integrativa decentrata non fosse rimessa la determinazione di quei presupposti essenziali alla cui esistenza è subordinato il trattamento economico di cui in questa sede si discute”;
Sezione regionale di controllo per la Puglia, 12 dicembre 2018, n. 164, che, sia pure nell’ambito di una declaratoria di inammissibilità sul quesito relativo agli effetti, sul bilancio dell’Ente, di un contratto collettivo decentrato integrativo stipulato successivamente alla conclusione dell’anno finanziario, ha richiamato il consolidato orientamento della Corte dei conti anche in sede giurisdizionale, in relazione all’erogazione di trattamenti accessori in carenza di accordi intervenuti tempestivamente e che potrebbero “determinare responsabilità erariale a carico del soggetto che ha formalmente autorizzato la liquidazione delle relative somme ( per giurisprudenza consolidata si veda, da ultimo, Sezione Giurisdizione Campania – sentenza 1808/2011)”;
Sezione regionale di controllo per il Veneto, 18 giugno 2024, n. 257, la quale ha precisato che “Solo nel caso in cui l’assegnazione degli obiettivi sia avvenuta entro l’anno, sarebbe tutt’al più possibile prevedere la corresponsione del trattamento accessorio in assenza di CCID, sempre che non sia stato demandato ad esso la determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse, dei criteri generali relativi al sistema di incentivazione e degli altri criteri di sistema relativi alle prestazioni lavorative. In questo senso, la stessa citata deliberazione n. FGV/29/2018/PAR, tuttavia, concludeva che «una risposta positiva al quesito (...) possa essere formulata solo ed esclusivamente qualora il contratto integrativo avesse un contenuto meramente e del tutto ricognitivo di decisioni e scelte già operate in sede amministrativa, in presenza dei presupposti su cui si fonda l’interpretazione (della seconda parte) del principio contabile qui esaminato ivi compresa l’allocazione vincolata delle risorse de quibus nel risultato di amministrazione, al cui regime esse rimarrebbero assoggettate anche ai fini di finanza pubblica» ove veniva nondimeno evidenziato che « ... quanto ora precisato non costituisce esplicazione di un principio contabile, ma piuttosto applicazione della disciplina della contrattazione integrativa decentrata secondo le logiche di una sana gestione finanziaria» . Detta delibera invero non ha mancato di sottolineare che «... è evidente che la soluzione testé ipotizzata è strettamente dipendente dal significato e dall’effettivo oggetto del contratto integrativo decentrato, che potrebbe anche avere contenuti diversi presso i vari enti. In altri termini, siffatta soluzione sarebbe praticabile solo qualora alla contrattazione integrativa decentrata non fosse rimessa la determinazione di quei presupposti essenziali alla cui esistenza è subordinato il trattamento economico di cui in questa sede si discute (...) Ne consegue, dunque, che un controllo sulla natura ricognitiva del contratto integrativo può essere effettuato solo a posteriori»”;
- Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 12 aprile 2021, n. 53, secondo cui “La mancata sottoscrizione del contratto collettivo decentrato integrativo entro l'anno, impedisce, dunque, l'erogazione del salario accessorio, ad eccezione degli effetti che derivano dal principio di ultrattività delle precedenti intese e di quelle indennità disciplinate esclusivamente dal Ccnl: turno, reperibilità e compensi aggiuntivi per le giornate festive. La mancata sottoscrizione, entro l’anno, impedisce, altresì, di utilizzare le risorse di parte variabile, con il conseguenziale trasferimento, al pari di quello che avviene nel caso di mancata adozione del fondo, in economia al bilancio dell'ente, poiché la sola quota stabile del fondo, in quanto obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, confluisce nell’avanzo vincolato e potrà essere spesa nell’anno successivo”. Secondo tale orientamento, in particolare “la necessità che l’intero percorso amministrativo e contrattuale- negoziale si perfezioni entro l’anno con la stipula del contratto decentrato integrativo, risponde alla primaria esigenza di garantire sia l’effettività della programmazione dell’ente, cui è connessa, generalmente, l’annualità delle risorse a disposizione, sia un utile perseguimento delle sue finalità istituzionali, con la conseguenza che una diversa e difforme determinazione, nella sostanza, svilisce le finalità sottese all’istituto de quo e compromette o rischia di compromettere il raggiungimento dei risultati attesi” e “la mancata sottoscrizione del contratto collettivo decentrato integrativo entro l’anno, impedisce l’erogazione del salario accessorio, ad eccezione degli effetti che derivano dal principio di ultrattività delle precedenti intese e di quelle indennità disciplinate esclusivamente dal Ccnl”. Si tratta di orientamento significativo perché anche la Sezione remittente osserva che “la contrattazione che interviene oltre l’esercizio di riferimento, sussistendo forti dubbi sulla liceità di una ripartizione della parte variabile di retribuzione in assenza di criteri predeterminati e senza alcuna conseguente possibilità di controllo (praticamente «a sanatoria»)”. Ne conseguirebbe un’interpretazione secondo cui “La mancata sottoscrizione, entro l’anno, impedisce, altresì, di utilizzare le risorse di parte variabile, con il conseguenziale trasferimento, al pari di quello che avviene nel caso di mancata adozione del fondo, in economia al bilancio dell'ente, poiché la sola quota stabile del fondo, in quanto obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, confluisce nell’avanzo vincolato e potrà essere spesa nell’anno successivo” (sempre Sezione regionale di controllo per la Lombardia, cit.), ovvero comportando la necessità (tema posto appunto dalla sezione remittente) di definire la destinazione delle risorse confluite nel fondo.
4. Nel merito, ancorché le questioni prospettate riguardino una pluralità di aspetti, il dubbio ermeneutico di fondo prospettato alla Sezione delle autonomie si risolve, essenzialmente, nello stabilire l’ammissibilità e le modalità per l’erogazione di trattamenti accessori in dipendenza di contratti integrativi stipulati oltre l’esercizio.
Il tema si incentra sul trattamento contabile di tali poste, e in particolare sulla presenza di un vincolo di destinazione sulle risorse poi destinate a essere impegnate, una volta concluso l’accordo decentrato. Al riguardo, occorre focalizzare il tema sul regime contabile da seguire per l’impiego dei fondi non utilizzati nell’esercizio, mentre i profili di regolarità della gestione involgono valutazioni sulla conduzione delle procedure di contrattazione che possono essere affrontate in sede di controllo, ma esulano dal perimetro della funzione consultiva.
5. La questione all’esame concerne quindi l’esatta interpretazione del principio contabile applicato di cui al punto 5.2. dell’allegato 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui prevede che “Alla fine dell'esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate. Non potendo assumere l'impegno, le correlate economie di spesa confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione, immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell'esercizio provvisorio”. In particolare, il quesito si incentra sul problema se, una volta costituito e certificato il fondo e in assenza di un contratto decentrato integrativo o di un atto unilaterale entro la fine dell'esercizio, anche tutte le risorse destinate al finanziamento del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e la produttività (sia la parte stabile che la parte variabile, che include voci discrezionali come la valutazione della performance) debbano essere considerate definitivamente vincolate. Si chiede anche se alcune di queste risorse possano essere considerate "economie non vincolate" e non destinate a confluire nella quota vincolata del risultato di amministrazione. Quest’ultima soluzione si porrebbe in particolare per le risorse variabili: “voci che, avendo carattere occasionale o essendo soggette a variazioni anno per anno” con la conseguenza che esse “non possono consolidarsi nei fondi, ma devono e possono trovare applicazione solo nell’anno in cui sono state discrezionalmente previste e alle rigide condizioni, da riscontrarsi anno per anno, indicate nei CCNL di riferimento” e che “risulterebbero, pertanto, non erogabili in favore dei dipendenti se non nel rispetto dell’iter previsto dalla norma di settore” (Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione 4 maggio 2016, n. 263).
6.Il riferito principio contabile distingue nettamente l’oggetto e la fonte della relativa disciplina: -trattamenti fissi e continuativi (primo alinea); -trattamenti accessori e premianti (secondo alinea). La questione specifica va risolta pertanto alla luce del secondo alinea, che non lascia adito a dubbi interpretativi. Le risorse del fondo per la contrattazione integrativa, costituito a norma dell’articolo 79 del CCNL in data 16 novembre 2022, una volta formalmente costituito e certificato dall’organo di revisione, sono vincolate alle destinazioni previste dal CCNL stesso (fonte abilitata dal decreto legislativo n. 165 del 2001). Il vincolo riguarda sia le risorse cosiddette “stabili” (che si riproducono, anno per anno, in base al CCNL) che quelle cosiddette “variabili” (inseribili, ogni anno, ove ricorrano i presupposti previsti dal CCNL e non riproducibili l’anno successivo, se vengono a mancare). Entrambe fanno parte delle risorse del fondo per la contrattazione integrativa, a norma del CCNL (attuale articolo 79). In relazione a dette voci, contrariamente a quanto ritenuto da parte della giurisprudenza delle sezioni regionali di controllo (Sezione regionale di controllo per il Lazio, n. 7 del 2019; Sezione regionale di controllo per il Molise, n. 1 del 2020) il corollario della variabilità delle risorse opera solo nella fase di costituzione del relativo fondo, che una volta costituito e certificato deve essere conservato.
La congettura relativa all’applicabilità del paragrafo 5.2, nella parte (primo alinea) in cui stabilisce che per la spesa del personale l'imputazione avviene nell'esercizio di riferimento per l'intero importo derivante da trattamenti fissi e continuativi non appare conferente. Infatti, detto secondo alinea riguarda il trattamento economico fondamentale, non quello accessorio. Per quest’ultimo, come è naturale che sia, il principio contabile prevede l’impegno automatico a inizio esercizio (analogo principio per lo Stato è presente nella legge 31 dicembre 2009, n. 196 di contabilità e finanza pubblica). Tale effetto è proprio anche di quelle voci del trattamento economico che, pur avendo originariamente fonte nella contrattazione integrativa, acquisiscono, una volta attribuite, carattere fisso e continuativo, come le progressioni economiche orizzontali, che, proprio per questo motivo, sono sottratte alla contrattazione integrativa annuale e che, per norma di legge vanno decurtate dal fondo oggetto di contrattazione annuale ed esposte separatamente.
7. L’ulteriore problema riguarda la gestione delle risorse confluite nella quota vincolata del risultato di amministrazione in ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto decentrato integrativo o del sostitutivo atto unilaterale entro l’esercizio, e in particolare se esse siano legittimamente impegnabili ed erogabili sulla base di un contratto integrativo decentrato sottoscritto oltre l’esercizio di riferimento. La risposta, anche in questo caso, è positiva e si deduce dal citato principio contabile; come richiamato dalla Sezione remittente, lo stesso principio richiede che le risorse che sono affluite al fondo siano vincolate, a fine esercizio, nel risultato di amministrazione, proprio per essere poi impegnabili una volta stipulato il contratto integrativo (“[n]on potendo assumere l’impegno”). La regola generale in materia è stabilita nel periodo precedente a quello citato dalla Sezione (“Alla sottoscrizione della contrattazione integrativa si impegnano le obbligazioni relative al trattamento stesso accessorio e premiante, imputandole contabilmente agli esercizi del bilancio di previsione in cui tali obbligazioni scadono o diventano esigibili”). Se la contrattazione non è stipulata entro fine esercizio, l’impegno sarà assunto, a valere sulle risorse vincolate nel risultato di amministrazione, e previa variazione di bilancio, nell’esercizio successivo, evidentemente in modo da “riportare” le relative risorse all’esercizio in cui maturano le condizioni per l’erogazione. Peraltro, detta operazione potrà avvenire ai sensi dell’articolo 187, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali e, quindi, anche “prima dell'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente” e “anche in caso di esercizio provvisorio”, come evidentemente previsto dal citato principio contabile con formulazione pressoché analoga (“immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell'esercizio provvisorio”).
8. Nel secondo quesito viene altresì richiesto di precisare in presenza di quali presupposti sia possibile impegnare ed erogare i trattamenti sulla base di un contratto integrativo sottoscritto oltre l’esercizio. Al riguardo deve anche essere considerato che il CCNL vigente prevede che il contratto integrativo ha valenza triennale e che gli enti possano (non debbano) procedere annualmente alla finalizzazione delle risorse.
Sul punto, l’articolo 8, comma 1, dispone che “Il contratto collettivo integrativo ha durata triennale e si riferisce a tutte le materie di cui all’art. 7 (Contrattazione integrativa soggetti e materie), comma 4. I criteri di ripartizione delle risorse tra le diverse modalità di utilizzo di cui all’art. 7 lett. a) del citato comma 4 possono essere negoziati con cadenza annuale” - mentre, se non stipulati, rimangono efficaci quelli precedenti (secondo il successivo articolo 8 “I contratti collettivi (...) conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascuna ente, dei successivi contratti collettivi integrativi”).
La richiesta pone evidentemente il problema che, in tale evenienza non verrebbero predeterminati i criteri per l’assegnazione degli emolumenti e quindi la relativa erogazione potrebbe non realizzare gli auspicabili effetti sul miglioramento della gestione e sulla produttività. Tuttavia, detta parte del quesito (in parte assorbita dal riscontro alla prima questione di massima in ordine all’erogazione del compenso in forza di contratto sottoscritto successivamente alla scadenza dell’esercizio di riferimento) risulta inammissibile nei suoi risvolti specifici per una pluralità di motivi.
In primo luogo, infatti, essa richiede valutazioni che afferiscono alle modalità di gestione della contrattazione integrativa non strettamente attinenti alla materia della contabilità pubblica, richiedendo una valutazione dei presupposti e limiti dell’erogabilità del trattamento economico accessorio in presenza di un contratto integrativo stipulato l’anno successivo a quello di riferimento.
In secondo luogo, la questione introdotta con il dubbio interpretativo da ultimo prospettato afferisce ai presupposti per l’erogazione del trattamento accessorio, la cui disciplina si rinviene nel sistema di misurazione e valutazione della performance, trattandosi di materia che afferisce al regime giuridico del pubblico impiego e non ai limiti di finanza pubblica. Sul punto, la Sezione delle autonomie ha più volte affermato l’estraneità di tale regime giuridico alla materia della contabilità pubblica, anche richiamando la competenza consultiva dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN): è stato al riguardo precisato che “[non] può (...) costituire oggetto dell’attività nomofilattica di questa Sezione l’ambito interpretativo della questione che verte sulle modalità applicative di talune disposizioni di fonte contrattuale, esulando dalla funzione consultiva intestata a questa Corte la definizione del significato delle clausole controverse della contrattazione collettiva nazionale, per le quali opera una compiuta disciplina prevista dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche. L’art. 46 del Testo unico, infatti, assegna all’ARAN, legale rappresentante delle Pubbliche amministrazioni, compiti di assistenza «ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi», mentre l’art. 49 affida ad un’apposita procedura tra le parti (l’accordo di interpretazione autentica) la definizione consensuale del significato delle clausole controverse”.
Infine, come accennato, il riscontro analitico al citato quesito potrebbe anche interferire con le funzioni giurisdizionali della Corte, essendo il tema oggetto di provvedimenti in tema di responsabilità (ad esempio la citata Sezione giurisdizionale regionale per la Campania n. 1808 del 2011). Rimangono, comunque, salve le valutazioni in concreto rimesse alle Sezioni regionali di controllo nell’ambito delle verifiche sulla efficienza ed economicità delle gestioni, sede in cui sono stati anche individuati dei criteri di buona amministrazione che afferiscono alla casistica posta all’esame.
9. Al riguardo, pur potendosi condividere talune argomentazioni rivolte a circoscrivere i presupposti per la stipulazione del contratto oltre l’esercizio, è da considerare che la mancata conclusione della contrattazione integrativa potrebbe essere dovuta non alla mera inerzia della pubblica amministrazione, ma anche all’incolpevole protrazione delle trattative (per difficoltà oggettive) oltre l’esercizio. Per tale ragione, tra l’altro, il dato normativo già prevede all’articolo 40, comma 3-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001 che “Nel caso in cui non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, qualora il protrarsi delle trattative determini un pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede fra le parti, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo fino alla successiva sottoscrizione e prosegue le trattative al fine di pervenire in tempi celeri alla conclusione dell'accordo. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le procedure di controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall'articolo 40-bis”.
Sotto altro versante, si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 1-bis, della legge 13 agosto 1990, n. 241 “La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente” e che, proprio nell’ordinamento civilistico, ai sensi del codice civile (articolo 1173) “Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico”, fattispecie in cui rientra senza dubbio la “promessa unilaterale di una prestazione” (articolo 1987). Anche il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (articoli 2 e5) contempla il principio della cogenza degli atti di autovincolo della pubblica amministrazione e di tutela dell’affidamento. Non pare pertanto contestabile, in presenza di un’impossibilità di condurre a termine la contrattazione integrativa in tempo utile (ma sempre previa costituzione e certificazione del fondo) la praticabilità di un’attività unilaterale diretta all’attribuzione del trattamento accessorio, anche suscettibile di essere recepita ex post tramite la formale stipulazione del contratto integrativo.
Restano impregiudicate, come accennato, le valutazioni delle sezioni regionali di controllo in ordine all’idoneità di tale comportamento gestionale ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi, secondo parametri peraltro già presenti nella giurisprudenza delle medesime (come dimostrato dall’ordinanza di rimessione, che cita la sussistenza di “tutti i requisiti sostanziali per la corresponsione del trattamento economico incentivante ossia [che] entro l’anno di riferimento sia avvenuta una tempestiva assegnazione degli obiettivi (singolari e/o collettivi) in modo che il personale dipendente all’uopo individuato abbia potuto dispiegare consapevolmente e proficuamente le proprie energie lavorative a favore dell’attività incentivata e nell’interesse finale dell’ente”). Si tratta di criteri, peraltro, che potranno essere valorizzati dalle sezioni regionali anche in relazione alle particolarità della situazione amministrativa e finanziaria del singolo ente.
PER QUESTI MOTIVI
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per il Veneto con deliberazione n. 295/2024/QMIG, enuncia il seguente principio di diritto:
«Nell’ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto decentrato integrativo o del sostitutivo atto unilaterale entro l’esercizio, tutte le risorse non utilizzate del fondo costituito e certificato, destinate al finanziamento del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività, confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione. Per l’erogazione dei compensi dovuti in esito alla contrattazione stipulata oltre la fine dell’esercizio, l’impegno sarà assunto, anche in corso di esercizio provvisorio, ai sensi dell’articolo 187, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, a valere sulle risorse vincolate nel risultato di amministrazione».La Sezione regionale di controllo per il Veneto si atterrà al principio di diritto enunciato nel presente atto di orientamento. Al medesimo principio si conformeranno tutte le Sezioni regionali di controllo ai sensi dell’articolo 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.