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Sent. n. 180/2013 (red. Morelli)
L’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari.
Titolo della sentenza
Sanità pubblica - Norme della Regione Campania – Previsione che “per l’anno 2012 l’entrata di euro 15.700.000,00, già finalizzata alla copertura dell’ammortamento del debito sanitario pregresso al 31 dicembre 2005, non cartolarizzato, è rifinalizzata al finanziamento dei mutui contratti dagli enti locali per la realizzazione di opere pubbliche a valere sulla UPB 1.82.227” - Elusione del vincolo di rispetto degli impegni finanziari assunti nel Piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato – Violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica – Violazione della potestà sostitutiva statale - Illegittimità costituzionale parziale.
Estratto dalla motivazione
“Ai fini dello scrutinio della questione, va richiamato, in premessa, il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per cui «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute e, in particolare, nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 79 del 2013, n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Per cui il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010). Da ciò si è inferito, ed è stato più volte ribadito, che l’art. 2, comma 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), invocato dal ricorrente come norma interposta in relazione alla denunciata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., al pari dell’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), e del comma 80 del medesimo articolo 2 della legge n. 191 del 2009, può essere qualificato «come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 79 del 2013, n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tali norme hanno, infatti, reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato (sentenza n. 91 del 2012)”. (Considerato in diritto, 2)
(Illegittimità costituzionale)
Sent. n. 104/2013 (red. Coraggio)
L’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari.
Titolo della sentenza
Sanità pubblica - Norme della Regione Abruzzo – Corresponsione, in favore dei cittadini affetti da patologie oncologiche, di rimborsi con relativa assunzione di oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale - Attribuzione ai residenti della Regione Abruzzo di livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale e in contrasto con gli obiettivi di risanamento imposti dal Piano di rientro – Contrasto con il principio del contenimento della spesa pubblica sanitaria espressione della competenza legislativa statale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica – Interferenza con le funzioni e le attività del commissario ad acta, con lesione della potestà sostitutiva riconosciuta al Governo - Illegittimità costituzionale.
Estratto dalla motivazione
“La questione è fondata con riguardo a entrambe le violazioni denunciate che appaiono strettamente connesse. Quanto alla prima, questa Corte ha ripetutamente affermato che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010). Su queste premesse, si è anche più volte ribadito che, tanto l’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007), quanto l’art. 2, commi 80 e 95, della successiva legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2010), commi, questi ultimi, invocati dal ricorrente come parametri interposti, possono essere qualificati «come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tali norme,
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infatti, hanno reso vincolanti per le Regioni gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato (sentenza di questa Corte n. 91 del 2012). In base a tali principi questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme regionali istitutive di misure di assistenza supplementare «in contrasto con l’obiettivo dichiarato del Piano di rientro di riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza» (sentenza n. 32 del 2012), ovvero istitutive di uffici al di fuori delle previsioni del Piano di rientro (sentenza n. 131 del 2012), o ancora di disposizioni regionali «in controtendenza rispetto all’obiettivo del contenimento della spesa sanitaria regionale» (sentenza n. 123 del 2011)”. (Considerato in diritto, 4.)
(Illegittimità costituzionale)
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Sent. n. 79/2013 (red. Coraggio)
L’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari.
Titolo della sentenza
Sanità pubblica - Norme della Regione Campania – Registro tumori della popolazione della Regione Campania – Inosservanza dei vincoli posti dal Piano di rientro in materia di organizzazione sanitaria, espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria - Illegittimità costituzionale.
Estratto dalla motivazione
“Le questioni sono fondate anche con riferimento alla lamentata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. Questa Corte ha ripetutamente affermato che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010). Su queste premesse, si è anche più volte ribadito che l’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007) – al pari dell’art. 2, commi 80 e 95, delle legge n. 191 del 2009, invocati dal ricorrente come parametri interposti – può essere qualificato «come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tali norme hanno, infatti, reso vincolanti per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato (sentenza n. 91 del 2012)”. (Considerato in diritto, 4.4)
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(Illegittimità costituzionale)
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(Conflitto di attribuzione tra enti)
Sent. n. 51/2013 (red. Carosi)
L’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari.
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica - Norme della Regione siciliana – Promozione della ricerca sanitaria – Funzionamento dei programmi operativi – Previsione che l’assessore regionale alla salute possa utilizzare una quota a valere sull’1 per cento del Fondo Sanitario Regionale, non inferiore a un milione di euro e non superiore a tre milioni di euro - Utilizzo di risorse già interamente vincolate dal piano di rientro dal disavanzo regionale della sanità, concordato con lo Stato – Tecnica di copertura non conforme alle modalità indicate dalla legge di contabilità e finanza pubblica, espressive di un principio fondamentale del coordinamento della finanza pubblica – Illegittimità costituzionale
Estratto dalla motivazione
“Proprio in relazione alle richiamate disposizioni, questa Corte ha già affermato che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa. [...] Pertanto, il legislatore statale può legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)”. (Considerato in diritto, 3.1.)
(Illegittimità costituzionale)
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Sent. n. 91/2012 (red. Tesauro)
L’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari
Titolo della sentenza
Sanità Pubblica - Norme della Regione Puglia – Aziende sanitarie locali e IRCCS – Divieto per gli anni 2010-2012 di procedere alla copertura, mediante incarichi a tempo indeterminato e a tempo determinato, dei posti resisi vacanti dalla data di entrata in vigore della legge (c.d. blocco del turn-over) – Mancata inclusione, fra i destinatari del predetto vincolo di assunzione, delle aziende ospedaliero-universitarie - Lamentata alterazione del quadro finanziario di riferimento del Piano di rientro, sottoscritto dalla Regione Puglia il 29 novembre 2010, nel cui ambito erano stati computati anche i risparmi derivanti dal blocco del turn-over per le aziende ospedaliero-universitarie - Ricorso del Governo – Asserita violazione di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica - Erronea interpretazione della norma impugnata - Non fondatezza della questione.
Estratto dalla motivazione
“Questa Corte ha ripetutamente affermato che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenza n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenza n.163 del 2011 e n. 52 del 2010). Su queste premesse, si è anche più volte ribadito che la norma di cui all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, «può essere qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 163 del 2011; n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tale norma ha, infatti, reso vincolanti – al pari dell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 – per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311
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(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato. A tal proposito questa Corte ha anche precisato che «lo speciale contributo finanziario dello Stato, (in deroga al precedente obbligo espressamente previsto dalla legislazione sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale che siano le Regioni a coprire gli eventuali deficit del servizio sanitario regionale) ben può essere subordinato a particolari condizioni finalizzate a conseguire un migliore o più efficiente funzionamento del complessivo servizio sanitario» (sentenza n. 98 del 2007). D’altro canto, «la scelta delle Regioni di aderire alle intese ed agli accordi (...) non può neppure ritenersi coartata, dal momento che le Regioni potrebbero pur sempre scegliere di non addivenire alle intese in questione, facendo fronte al deficit con i propri strumenti finanziari ed organizzativi» (sentenza n. 98 del 2007). Nella specie, la Regione Puglia ha stipulato il 29 novembre 2010, nei termini previsti dall’art. 2, comma 2, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125 (Misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° ottobre 2010, n. 163, l’Accordo con il Ministro della salute ed il Ministro dell’economia e delle finanze, comprensivo del Piano di rientro del disavanzo sanitario (“Piano di rientro e di riqualificazione del sistema sanitario regionale 2010-2011”). Tale Piano è stato, poi, approvato con la legge regionale 9 febbraio 2011, n. 2 (Approvazione del Piano di rientro della Regione Puglia 2010-2012). Nel predetto Piano, al punto 1.1.4. relativo al «Livello di assistenza territoriale», è individuato, fra gli obiettivi, quello della «razionalizzazione della rete ospedaliera», che potrà portare alla «riduzione dei posti letto», liberando «risorse umane preziose, per quantità e per profili, al fine di implementare una rete più articolata e capillare di prestazioni domiciliari a bassa e media intensità assistenziale». Con specifico riferimento alle RSA e RSSA nel medesimo Piano si evidenzia espressamente che «per effetto della modifica all’art. 8 della L.R. n. 26/2006, introdotta con la L.R. n. 4/2010», in specie dall’art. 41, «il fabbisogno massimo di posti letto viene ridefinito» in conformità con i parametri individuati dal predetto art. 41, il cui rispetto consentirà di ottenere che «a pieno regime, la Puglia potrà contare su un totale di 5.100 posti letto a carattere sociosanitario, pari a circa 6,85 p.l. ogni 100 anziani». Alla luce di ciò appare evidente che la norma ora impugnata, nella parte in cui prevede che gli specifici parametri inerenti ai posti letto per le RSA e per le RSSA, accolti nel Piano di rientro, possono essere unilateralmente derogati, peraltro senza neppure individuare entro quali limiti tali deroghe siano consentite, si pone in contrasto con il Piano di rientro e quindi con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica”. (Considerato in diritto, 1.1.1)
(Non fondatezza)
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