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Problemi e casi pratici

4. Competenza territoriale

4.1 D. Nel caso in cui al contribuente, non venga notificato l’atto imposotivo, ma soltanto la cartella di pagamento, qualora intenda impugnare soltanto quest’ultima per vizi propri qual è la Commissione competente a ricevere il ricorso?

R. E’ competente la commissione tributaria nella cui circoscrizione ha sede il concessionario che ha emesso la cartella impugnata (Cass. SS.UU. n. 16412 del 25 luglio 2007). Nel caso in cui, il contribuente intende impugnare sia la cartella di pagamento, ma anche l’atto prodromico sarà, invece, competente la commissione tributaria nella cui circoscrizione ha sede l’Ufficio impositore.

5. Poteri istruttori del giudice tributario

5.1 D. Il giudice di merito può utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o anche fra altre parti?

R. Il giudice di merito, in mancanza di qualsiasi  divieto di legge, può utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio fra  le stesse o anche altre parti, come  qualsiasi  altra  produzione  delle  parti stesse,  al  fine  di  trarne  non  solo  semplici  indizi  o   elementi   di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva, il che vale anche per una perizia svolta in sede penale o  una  consulenza  tecnica svolta in altre sedi civili. Tanto più se essa sia stata predisposta in relazione ad un giudizio avente ad  oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i processi (Cass. sez. trib. 6 febbraio 2009 n. 2904).

5.2 D. Qualora il giudice ritenga invalido un avviso di accertamento per motivi non formali ma di carattere sostanziale, può limitarsi ad annullare  l'atto  impositivo  oppure deve  esaminare  nel merito  la  pretesa  tributaria?

R. Il processo  tributario,  pur  strutturato  come  giudizio  di impugnazione, consentendo al giudice di conoscere il  rapporto  sostanziale, nei limiti della pretesa  inizialmente  avanzata  dall'Amministrazione,  non rientra tra i processi  di  "impugnazione-annullamento"  ma  tra  quelli  di "impugnazione-merito"  in  quanto  non  è  diretto  alla  sola  eliminazione giuridica dell'atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione  di  merito sostitutiva   sia   della   dichiarazione   resa   dal   contribuente    sia dell'accertamento dell'ufficio. Quindi, il giudice il quale ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi non formali ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare  l'atto  impositivo  ma  deve  esaminare  nel merito  la  pretesa  tributaria  e,  operando   una   motivata   valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro  i  limiti posti dalle domande di parte (Cass. sez. trib. 6 agosto 2008 n. 21184).

5.3 D. E’ censurabile in sede di legittimità la decisione del giudice di non accogliere la richiesta di una delle parti di rinnovo della consulenza tecnica?

R. Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l'istanza di rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio, senza che l'eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità, quando risulti che gli elementi di convincimento per disattendere la richiesta della parte siano stati tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e ritenute esaurienti dal giudice, con valutazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. sez. III, 11 maggio 2007, n. 10849).

5.4 D. La disapplicazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 546/92, può essere applicata in casi di non conoscibilità di una norma?

R. No, soltanto l’incertezza oggettiva della norma tributaria non dà luogo all’applicazione di  sanzioni. Infatti, l’incertezza oggettiva,  si  distingue  da  altre  forme, giuridicamente  rilevanti,  di  conoscenza  a   posizione   intermedia   tra l’ignoranza e la conoscenza.  In  particolare,  essa  di   differenzia  dalla conoscibilità, o conoscenza potenziale, che, pur  collocandosi  in  un’altra posizione mediana tra ignoranza e conoscenza tout court,  è  strutturalmente diversa dall’incertezza oggettiva. Infatti, la conoscibilità è lo stato  nel quale si trova il soggetto che è  ancora  ignorante,  ma  che,  impegnandosi nello sforzo di associarsi alla conoscenza di altri ed adottando  un  idoneo comportamento, può acquisire la conoscenza resagli  possibile  e  transitare dall’ignoranza alla conoscenza effettiva;  l’incertezza  oggettiva,  invece, non è più ignoranza, perché è conoscenza insicura ed equivoca  di  qualcosa, ma chi si trova calato  in  essa  non  è  in  grado  di  addivenire  ad  una conoscenza effettiva, piena e sicura (Cass. sez. trib. 28 novembre 2007 n. 24670).

5.5 D. Quale efficacia assume una sentenza penale passata in giudicato nell’ambito del processo tributario?

R. Il  giudicato  penale  non  è   suscettibile   di   spiegare automaticamente efficacia (nella specie in favore del contribuente in quanto pronuncia assolutoria) nel  processo  tributario  al  fine  di  valutare  la legittimità ed il merito della pretesa tributaria all’esito dell’attività di accertamento, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento (Cass. sez. trib. 3 marzo 2009 n. 8488). Tuttavia esso costituisce oggetto di valutazione da parte  del giudice il quale ben può utilizzarne gli elementi per sostenere  il  proprio convincimento  -  autonomamente  formatosi   nel   contesto   di   causa   - sull’insussistenza dei rilievi formulati dall’Amministrazione finanziaria  a carico del contribuente (Cass. sez. trib. 5 settembre 2008 n. 22438). 

5.6 D. Costituisce o meno causa di nullità della sentenza il compimento, da parte di un componente del collegio giudicante, di atti istruttori in un diverso grado del giudizio?

R. Non costituisce causa di nullità il compimento, da parte di un componente del collegio giudicante, di atti istruttori in un diverso grado del giudizio, costituendo semmai tale circostanza elemento di valutazione ai fini della astensione da parte del giudice o della sua ricusazione ad opera delle parti. In mancanza della prima, le parti devono procedere alla ricusazione, non potendo, di converso, dolersi in seguito della partecipazione del giudice alla decisione.

5.7 D. A fronte del mancato assolvimento dell’onere probatorio  da  parte  del soggetto onerato, il giudice tributario è tenuto ad  acquisire  d’ufficio le prove in forza dei poteri istruttori attribuitigli dal D.Lgs. n. 546  del 1992,  art.  7?

R. No, tali  poteri  sono  meramente  integrativi  (e  non esonerativi) dell’onere probatorio principale e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale della  parità  delle  parti  nel processo, soltanto per sopperire all’impossibilità di una parte  di  esibire documenti in possesso dell’altra parte  (Cass. sez. trib. 28 ottobre 2009 n. 22769; Cass. sez. trib. 9 giugno 2009 n. 13230).

6. Le parti del processo tributario. Legittimazione ad agire e rappresentanza processuale.

6.1 D. Quali sono le conseguenza relative ad un ricorso,  nel caso di litisconsorzio necessario, proposto anche da uno soltanto dei  soggetti  interessati, destinatario  di  un  atto  impositivi (ad es. quando  il  socio  di  una  società  di  persone  impugni  un avviso   di accertamento della società contestando la qualità di socio)?

R. Tale ricorso apre   la   strada   al   giudizio necessariamente collettivo, infatti gli altri soci sono  litisconsorzi necessari perché il venir meno di un socio comporta un incremento del loro debito tributario. Il giudice adito in primo grado deve  ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che  non  sì  possa  disporre  la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi  dell’art.  29  D.Lgs. 546/1992). Il  giudizio  celebrato  senza  la   partecipazione   di   tutti   i litisconsorti  necessari  è  nullo  per   violazione   del   principio   del contraddittorio di cui agli artt. 101 c.p.c. e 111, c.2,  Cost.  e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche dì ufficio (Cass. SS.UU. 4 giugno 2008 n. 14815).

6.2 D. Quale attività deve porre in essere la Commissione tributaria nel caso di litisconsorzio  necessario,  qualora tutte le parti hanno proposto autonomamente  ricorso?

R. Il  giudice deve disporne la riunione ai sensi dell’art. 29  D.Lgs. 546/1992,  se  sono tutti pendenti dinanzi allo stessa commissione (la facoltà  di  disporre  la riunione  si  trasforma  in  obbligo  in  considerazione  del  vincolo   del litisconsorzio necessario). Altrimenti, la riunione va disposta  dinanzi  al giudice preventivamente adito, in forza del criterio stabilito dall’art. 39, c.p.c., anche  perché  con  la  proposizione  del  primo  ricorso  sorge  la necessità di integrare il contraddittorio e quindi si radica  la  competenza territoriale, senza  che  possa  opporsi  la  inderogabilità  della  stessa, sancita dall’art. 5, c. 1, D.Lgs. 546/1992.

6.3 D. Quale attività deve porre in essere la Commissione tributaria nel caso di litisconsorzio  necessario,  qualora una  o  più  parti  non  abbiano  ricevuto  la  notifica dell’avviso di accertamento, o avendola ricevuta, non  l’abbiano  impugnato?

R. Il giudice adito per primo deve disporre l’integrazione del contraddittorio, mediante la loro chiamata in causa entro un  termine  stabilito  a  pena  di decadenza (art. 14, c. 2, D.Lgs.  546/1992).     Ove un litisconsorte necessario, cui non  sia  stato  notificato  l’atto impositivo, venga chiamato in  giudizio,  l’eventuale  giudicato  favorevole  all’Amministrazione sarà a lui opponibile  in  ordine  all’accertamento  dei fatti, ma l'Amministrazione non può però procedere all’immediata riscossione del dovuto dovendo  previamente  notificare  (se  ancora  in  termini)  un  avviso   di accertamento. Il litisoconsorte necessario che  non  abbia  tempestivamente  impugnato l’avviso di accertamento a lui notificato e che venga chiamato  in  giudizio può opporre all’ufficio la sentenza favorevole in sede di impugnazione della cartella esattoriale o di opposizione  agli  atti  esecutivi,  con  il  solo limite dell’irripetibilità di quanto già versato.

6.4 D. Gli enti esponenziali di categorie di contribuenti sono legittimati  ad  intervenire  nelle singole controversie tributarie?

R. No, il  D.Lgs.  n.  546  del  1992 delinea un processo in cui le sole parti possibili e necessarie sono  da  un lato l'ente impositore e  dall'altro  il  contribuente,  che  sia  stato  il destinatario di uno specifico  atto  amministrativo,  secondo  la  tipologia indicata  nell'art.  19  del  decreto  legislativo  citato,   contenente   o l'esplicitazione di una  richiesta  fiscale  nei  confronti  di  uno  o  più soggetti ben individuati o il rifiuto della restituzione di somme  richieste da chi le abbia versate o  il  rifiuto  di  agevolazioni  nei  confronti  di soggetti specifici.  Non vi è quindi spazio per l'intervento di enti esponenziali che si ergano a tutela di una generica ed indefinita categoria di  contribuenti; e ciò - in primo luogo  -  per  il  motivo  che  non  vi  è  spazio  per  la impugnazione diretta di atti che possano coinvolgere un numero indeterminato di soggetti. Infatti il c. 5 dell'art. 7 del D.Lgs.  546/1992, stabilisce che  le  Commissioni  tributarie,  se  ritengono  illegittimo  un regolamento o un atto generale rilevante ai fini  della  decisione,  non  lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto  in  giudizio,  e  resta  "salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente". Dunque gli atti  di carattere generale sono  bensì  autonomamente  impugnabili,  e  la  relativa pronuncia avrà efficacia nei confronti della generalità dei contribuenti, ma questa impugnazione si svolgerà avanti ad un giudice "diverso" rispetto alle Commissioni tributarie e cioè avanti alla giustizia amministrativa. Quindi è davanti alla giustizia amministrativa che si potrà porre il  problema  della ammissibilità di ricorso proposti da enti esponenziali, oltre che da singoli contribuenti  interessati  ad  uno  specifico  atto (Cass. sez. trib. 14 marzo 2007 n. 4957).

6.5 D. In caso di cancellazione della  società  dal  registro  delle  imprese,  e comunque del suo  scioglimento, la  stessa perde la sua qualità  di  parte  del  processo  tributario in  precedenza  instaurato?

R. No, la cancellazione della  società  dal  registro delle imprese non determina automaticamente la sua estinzione, che, invece, consegue alla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici  pendenti,  che alla stessa fanno capo,  ed  alla  definizione  di  tutte  le  controversie giudiziarie in corso.

La rappresentanza sostanziale e processuale  della  società,  pertanto, permane, per i rapporti rimasti in sospeso  e  non  definiti,  in  capo  al soggetto che la rappresentava prima  della  formale  cancellazione   e pertanto laddove la stessa è in liquidazione è  rappresentata, in quanto tale - in applicazione  analogica  dell'art.  2456 c.c. - dal liquidatore (Cass. sez. trib. 20 settembre 2006 n. 20377).

6.6 D. La notifica di un ricorso ad un  Comune può essere effettuata in persona del dirigente?

R.  Deve ritenersi irrituale la notifica del ricorso in persona del dirigente comunale anziché del Sindaco, cui in via esclusiva spetta la rappresentanza del Comune in giudizio, ai sensi dell'art. 145 c.p.c.; né osta a tal fine la previsione statutaria del potere dirigenziale di promuovere le liti e resistere in giudizio, che attiene alla legittimazione processuale e non alla rappresentanza dell'ente in giudizio (Cons. di Stato 25 gennaio 2005 n. 155).

6.7 D. Qualora un contribuente proponga ricorso in commissione tributaria avverso una cartella di pagamento eccependone la nullità per vizi propri e tale ricorso venga notificato oltre che all’Agente della riscossione anche all’Ente locale, quale atteggiamento processuale deve porre in essere quest’ultimo?

R. L’Ente locale dovrà costituirsi in giudizio ed eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva. Nel contempo potrà far valere l’eventuale responsabilità dell’Agente in sede di controllo delle comunicazioni di inesigibilità secondo quanto disposto dagli artt. 19 e 20 del D.Lgs. 546/1992.

7. Assistenza tecnica

7.1 D. Quali sono le conseguenze del difetto di assistenza tecnica al  contribuente  nei  casi stabiliti dall’art. 12 del D.L.gs. 546/92?

R. In  base  al sistema delineato dalla giurisprudenza della Cassazione  e  dalla  pronuncia della Corte Costituzionale del 13 giugno 2000, n. 189,  l’assistenza  di  un difensore  tecnico  non  è,   nel   processo   tributario,   condizione   di  ammissibilità degli atti processuali ma è soltanto fonte di un dovere per il giudice adito di invitare le parti a munirsi di idonea assistenza, derivando l’inammissibilità  solo  dall’inottemperanza  di  detto  ordine (Cass. sez. trib. 2 febbraio 2007 n.2281).  Pertanto, un’eventuale  declaratoria  di  inammissibilità  del  ricorso   pronunciata   in   assenza dell’ordine de quo risulterebbe illegittima.

7.2 D. Quali sono le conseguenze della mancata emanazione da parte del giudice tributario  dell’invito  alla parte di munirsi di assistenza tecnica nei  casi stabiliti dall’art. 12 del D.L.gs. 546/92?

R. La mancata emanazione dell’invito sopraindicato può essere rilevata solo dalla parte di cui sia stato leso il diritto ad  essere  adeguatamente  assistita, in quanto la parte pubblica non ha un interesse giuridicamente tutelato a rilevarne l’irregolarità. Pertanto non è nulla la sentenza  che  accolga  il  ricorso  del  contribuente  senza rilevare il difetto di rappresentanza del contribuente (Cass. sez. trib. 8 febbraio 2008 n. 3051).

7.3 D. Quali sono i limiti relativi al rilascio di una procura priva di qualsiasi cenno alla eventuale proposizione dell'appello.

R. Tale tipo di procura deve intendersi speciale e pertanto, ai sensi dell'art. 83 c.p.c., si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo. Ne deriva che la stessa non abilita il difensore - al quale la procura è stata rilasciata - a sottoscrivere il ricorso in appello, in quanto, per effetto del rinvio contenuto nell'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 546/1992, è applicabile anche al processo davanti alle Commissioni tributarie l'art. 83, c. 3, c.p.c., per il quale la procura speciale è oggetto di applicazione restrittiva (Cass. sez. trib. 28 maggio 2008 n. 13888).

7.4 D. L’Agente della riscossione può  stare  in  giudizio  tramite il proprio legale rappresentante oppure deve farsi rappresentare da difensore tecnico?

R. L’Agente della riscossione deve avvalersi di un  professionista abilitato, salvo che la controversia abbia un valore inferiore ad € 2582,23.  

In base all’art. 12 c. 1  "le parti, diverse dall’ufficio del Ministero delle Finanze o  dall’Ente  locale nei cui confronti è proposto il ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato”. Tale principio vale tanto  nel caso in cui il giudizio, di primo o di secondo grado, sia  introdotto  dalla parte privata,  che  qualora  attore  o  appellante  siano  le  altre  parti menzionate dall’art. 10 ("l’ufficio del Ministero delle finanze o l’ente locale o il  concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l’atto impugnato") (Cass. sez. trib. 9 ottobre 2009 n. 21459).

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