La Corte costituzionale ha esaminato la compatibilità costituzionale delle disposizioni che nello stabilire riduzioni di spesa incidono su diritti soggettivi acquisiti ovvero sull’autonomia degli Enti territoriali.
In merito al primo punto, la Corte ha esaminato la compatibilità costituzionale delle disposizioni che stabiliscono riduzioni di spesa (decurtazione di stipendi, di compensi per incarichi a tempo determinato, di pensioni o di corrispettivi di contratti in cui è parte una pubblica amministrazione), ponendo in evidenza l’esigenza di contemperare:
In merito al secondo, punto la Corte ha ritenuto che il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse a obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia degli enti territoriali .
5.3.1 Riduzione della spesa pubblica e diritti soggettivi
Numerosi interventi normativi aventi ad oggetto i tagli del costo del lavoro pubblico sono stati oggetto di interventi della Corte costituzionale.
Spunti di riflessione sono offerti dai principi affermati dagli ermellini a seguito dall’esame della disposizione che stabilisce per il personale c.d. non contratttualizzato tra cui i docenti univarsitari il blocco per il triennio 2011-2013 dei meccanismi di adeguamento retributivo, degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all'anzianità di servizio, e di ogni effetto economico delle progressioni in carriera . La norma impugnata, supera il vaglio di cosituzionalità per le seguenti motivazioni:
In effetti, i rapporti di durata sono, di per sé, esposti alle modificazioni imposte dal mutamento delle condizioni che, nel loro momento genetico, avevano consentito di configurare un assetto di interessi economicamente equilibrato (tanto che, anche nei rapporti negoziali privati, è prevista dall’art. 1467 del codice civile la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta). Anche nei rapporti di durata che incidono sulla spesa pubblica appare, quindi, configurabile una situazione per cui le mutate condizioni di bilancio rendano non più sostenibile, in un quadro di finanza pubblica profondamente mutato rispetto al momento genetico dei diritti attribuiti al cittadino, il mantenimento di questi ultimi ed impongano, quindi, una riduzione del loro contenuto patrimoniale. La stessa Corte si è più volte soffermata sulla legittimità delle norme retroattive, in genere, e di quelle destinate ad incidere sui rapporti di durata, in specie; affermando, in sintesi, che non può ritenersi interdetto al legislatore di emanare disposizioni modificative in senso sfavorevole, anche se l’oggetto dei rapporti di durata sia costituito da diritti soggettivi “perfetti”: ciò, peraltro, alla condizione che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irragionevole, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate su disposizioni di leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto .
Anche la Corte EDU non ha, peraltro, escluso la compatibilità con gli artt. 6 della Convenzione e 1 del Protocollo addizionale (che, si ripete, afferma il principio della protezione della proprietà, ma che è stato interpretato come esteso anche alla tutela dei crediti e delle aspettative legittime) di disposizioni legislative retroattive che modifichino in peius rapporti di durata a tutela di un preminente interesse generale, ma ha chiarito che l’incisione dei diritti, per essere giudicata conforme ai suddetti parametri, dev’essere giustificata dall’indefettibile sussistenza, oltre chè di un motivo imperativo di interesse generale (impèrieux motifs d’intéret général), dal ragionevole vincolo di proporzionalità tra il contenuto delle disposizioni “ablative” e lo scopo perseguito .
La Corte ha rilevato che non sono estendibili ai docenti universitari i principi affermati nella pronuncia di cui alla sentenza n. 223 del 2012, riguardante il personale di magistratura. Con la citata sentenza la Corte ha dichiarato incostituzionale il Blocco dell’ “adeguamento automatico” degli stipendi dei magistrati, in considerazione della specificità di detto personale e per le seguenti motivazioni:
Riduzione dell’indennità giudiziaria negli anni 2011 (15%), 2012 (25%) e 2013 (32%) (art. 9, comma 22 DL 78/2010). Le censure di illegittimià costizuzionale, con riferimento agli articoli 3 e 53 Cost, sono relative alla natura tributaria della misura in esame. Difatti il tributo che interessa incide su una particolare voce di reddito di lavoro, che è parte di un reddito lavorativo complessivo già sottoposto ad imposta in condizioni di parità con tutti gli altri percettori di reddito di lavoro; e introduce, quindi, senza alcuna giustificazione, un elemento di discriminazione soltanto ai danni della particolare categoria di dipendenti statali non contrattualizzati che beneficia dell'indennità giudiziaria; con la sua applicazione, infatti, viene colpita più gravemente, a parità di capacità contributiva per redditi di lavoro, esclusivamente detta categoria. Ove, poi, si potesse prescindere da tale pur decisiva considerazione, la previsione di siffatto tributo speciale comporterebbe comunque una ingiustificata disparità di trattamento con riguardo alle indennità percepite dagli altri dipendenti statali, non assoggettate, negli stessi periodi d'imposta, ad alcun prelievo tributario aggiuntivo.
Contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie . La disposizione sottoposta all’esame di legittimità costituzionale, si configura quale intervento di perequazione avente natura tributaria e presenta identità di ratio rispetto sia all'analoga disposizione già dichiarata illegittima (sent. n. 223/2012), sia al contributo di solidarietà (art. 2 del d.l. n. 138 del 2011) del 3 per cento sui redditi annui superiori a 300.000 euro, quest'ultimo assunto anche quale tertium comparationis , dato che, al fine di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il legislatore ha imposto ai soli titolari di trattamenti pensionistici, per la medesima finalità, l'ulteriore speciale prelievo tributario oggetto di censura, attraverso una ingiustificata limitazione della platea dei soggetti passivi, determinando un giudizio di irragionevolezza ed arbitrarietà del diverso trattamento riservato alla categoria colpita.
Corte cost, 10 dicembre 2013, n. 310 (questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 - sollevate in relazione agli artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36, 37, 42, 53, 77 e 97 Cost).
I trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro.